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19/01/2015 06:20:00

Operaio morto alle Cantine Mothia di Marsala. Perizia medica per l'imputato, Bonomo

Sarà lo psichiatra Gaetano Gurgone, perito nominato dal giudice dell’udienza preliminare Vito Marcello Saladino, a stabilire se il 75enne imprenditore marsalese Francesco Bonomo, accusato di omicidio colposo per l’incidente mortale sul lavoro di cui, il 22 luglio 2012, alle Cantine Mothia, fu vittima il 34enne marocchino Youssef Mortada, è nelle condizioni psico-fisiche di partecipare al processo oppure no. Secondo la difesa, che ha presentato certificazioni mediche, non sarebbe in grado di comprendere cosa accade in aula. Se si tratta di una possibile “scappatoia” lo accerterà il perito nominato dal gup. Gurgone esaminerà le certificazioni prodotte dalla difesa e sottoporrà a visita l’imputato. Per tale compito ha chiesto 60 giorni di tempo. Sull’esito riferirà nell’udienza del 25 marzo. L’operaio marocchino morì, per asfissia, mentre puliva una cisterna interrata. Per Bonomo la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio. A sostenere l’accusa è il pm Antonella Trainito. L’operaio morì a causa delle esalazioni di idrogeno solforato mentre puliva la cisterna, uno spazio di 4 metri per 5,80 e 3 di profondità con una piccola apertura in alto di appena 60 centimetri per 60. Youssef Mortada non aveva un contratto di lavoro con la cantina, ma secondo l’accusa Bonono era comunque il suo datore di lavoro e con il nordafricano avrebbe concordato l’intervento di pulizia della cisterna. Interventi sempre piuttosto pericolosi se non si attuano tutte le misure di sicurezza del caso. Non è la prima volta, infatti, che operai perdono la vita dentro cisterne di cantine vinicole. A svolgere le indagini sul mortale incidente sul lavoro avvenuto alle Cantine Mothia sono stati i carabinieri, secondo i quali l’operaio stava lavorando senza i necessari dispositivi di protezione. All’amministratore della cantina, quindi, la Procura contesta la violazione delle norme di sicurezza e della salute dei lavoratori. E inoltre la mancata vigilanza sull’attività svolta dall’operaio, non informato e formato, sempre secondo l’accusa, sui rischi cui andava incontro. Secondo il pm, inoltre, Bonomo non avrebbe neanche nominato il medico competente per effettuare la sorveglianza sanitaria sui lavoratori e non avrebbe messo a disposizione del lavoratore la lampada a tenuta stagna e anti-esplosione. Intanto, davanti al gup Saladino, i familiari di Youssef Mortada (dieci, tra genitori, fratelli e sorelle) si sono costituiti parte civile. Il loro legale è l’avvocato Tommaso Picciotto. A difendere Francesco Bonomo è invece Carlo Ferracane. L’operaio deceduto si doveva sposare tre mesi dopo il tragico incidente. Secondo alcuni parenti, lavorava per la cantina Mothia da circa quattro anni, a giorni alterni, facendo i doppi turni durante la vendemmia. “La paga era di 30 euro al giorno” raccontarono alcuni suoi amici accorsi sul luogo della tragedia, mentre un cugino dichiarò: “Questi lavori non si fanno fare ad una persona sola. Anche a me capita di pulire le cisterne, ma il nostro titolare ci fa scendere sempre in squadre di tre. Uno pulisce mentre gli altri lo reggono con le imbragature e lo controllano a vista. Per alcuni lavori particolari abbiamo anche dei caschi speciali collegati ad un impianto di respirazione. Costa tanti soldi ma almeno lavoriamo in sicurezza”. Non si fece attendere la dichiarazione dell’imprenditore finito sotto accusa. “Yousseb Mortaba – si difese Barraco - era un lavoratore autonomo. Mai nessun ordine di ispezionare il pozzetto. E’ deceduto verosimilmente a causa di assenza di ossigeno, non di esalazioni di gas, non era un operaio della cantina, né aveva mai ricevuto alcun ordine di ispezionare il pozzetto, peraltro inutilizzato da molto tempo, non avendone tra l'altro nessuna competenza a farlo, essendoci in cantina, invece, un operaio appositamente addetto a quella mansione. Mortaba era in possesso della cittadinanza italiana e di partita Iva. Saltuariamente, in passato si era dedicato allo spazzamento esterno della struttura e mai ha intrattenuto rapporto di lavoro subordinato presso la cantina, anche perché egli aveva sempre sostenuto di svolgere il lavoro di venditore ambulante. La disgrazia è probabilmente avvenuta perché dal pozzetto usciva un cattivo odore che lo avrebbe attirato. Siamo affranti per la perdita di un giovane generoso e onesto. Siamo a completa disposizione della magistratura e degli organi inquirenti per collaborare e contribuire alla verifica puntuale dei fatti”.