"Commissariamento". E' la parola che più di tutti gira in queste ore legata alla Sicilia e alla sua situazione finanziaria. Entro il 30 Aprile l'Ars deve approvare la manovra finanziaria, che però il governo di Rosario Crocetta ha presentato solo a metà: manca il bilancio. La Sicilia ha un buco di 4 miliardi di euro, che tramite giri contabili, dare e avere, crediti e rimborsi, il governo italiano ha fatto sapere di poter stringere per 2,5 o 3 miliardi di euro, ma solo se passano riforme drastiche sui dipendenti regionali, gli enti della Regione, i costi della politica. Come se non bastasse, non si risolve nulla uguale, perchè comunque Crocetta dovrà aggiungere tagli su tagli. E' per questo che in molti pensano che il governatore possa anche gettare la spugna, essere messo all'angolo del Pd, e dimettersi, per andare al voto a Ottobre con Davide Faraone o Nino Caleca candidati. Lui, Crocetta, resiste in trincea, alterna minacce a tentativi di apertura, ma il quadro non è chiaro. Domani, si spera, sarà presentato il bilancio a supporto del ddl di stabilità. Mancano 700 milioni per la quadratura dei conti.
L'Udc, partito di maggioranza, con il suo massimo esponente Giampiero d'Alia dichiara: «Tutta questa manfrina sui soldi da Roma oscilla tra l'esilarante e il patetico, lo Stato sa quali sono i suoi doveri costituzionali nei confronti della Regione e quest'ultima sa quali sono i suoi nei confronti dello Stato. Si tratta di cortine fumogene insopportabili che servono probabilmente a mascherare i conflitti interni al Pd e che non interessano più a nessuno». E se «le condizioni finanziarie della Sicilia sono indubbiamente gravi, non sono peggiori di quelle di altre regioni, ecco perché mi sembra francamente surreale l'ipotesi di commissariamento. Non è possibile continuare a giocare sui rapporti finanziari Stato-Regione». E promette: «Su questi faremo definitivamente chiarezza nella commissione bicamerale che presiedo». Sarebbe l'ora!
L'opposizione va all'attacco chiedendo le dimissioni del presidente Crocetta. Marco Falcone (Fi), che annuncia una conferenza stampa per questa mattina, in commissione Bilancio: «Ormai è sotto gli occhi di tutti che la Sicilia è prigioniera delle faide interne al Pd, impegnato esclusivamente all'occupazione del potere, piuttosto che alla responsabilità di governo, malgrado il difficilissimo momento che la nostra Isola sta attraversando. Stiamo assistendo ad una sceneggiata in salsa romana e palermitana. Prima l'esultazione di Crocetta che ringraziava Renzi per il garantito aiuto finanziario, poi le preoccupazioni sull'entità dei detti trasferimenti, dopo i dubbi sulla veridicità dell'aiuto, ora, addirittura, le invettive di Crocetta contro Renzi per avere avuto certezza che non vi sarà alcuno aiuto romano». «Insomma, tra insidie, veleni, attacchi e lotte intestine al Partito democratico, prima nascoste, oggi, invece, alla luce del sole - prosegue il capogruppo azzurro - la situazione è prossima al baratro».
Cerca di gettare acqua sul fuoco il segretario regionale del Pd, Fausto Raciti, «Il Pd deve governare. Abbiamo il dovere di mettere il turbo e diventare il motore progettuale dell'esperienza Crocetta. Abbiamo due anni e mezzo per dimostrare ai siciliani che siamo il partito del cambiamento, un cambiamento che vogliamo e sappiamo fare».
Su bilancio e finanziaria, per Raciti «c'è molta confusione, ma siamo vicini all'approdo. Come partito siamo impegnati per cercare una soluzione che restituisca a questa regione una prospettiva». E sulla polemica di questi ultimi tempi a proposito della manovra finanziaria e i rapporti della Regione col governo centrale segnati da tensioni in seno allo stesso Pd, secondo Raciti «non esistono due Pd, uno a Roma e uno in Sicilia. Il Pd è uno ed è al governo in questa regione e nel Paese, e ha il compito di aiutare a individuare una soluzione ai problemi. Baccei è l'espressione di una scelta del governo nazionale e regionale, una figura di cerniera. Ma il tema non è Baccei o una sua valutazione, Baccei ce la sta mettendo tutta, il problema è trovare via d'uscita ai guai finanziari della regione e farlo con un governo nazionale e un governo regionale in prima linea».