Ci sono aziende confiscate alla mafia che, amministrate dallo Stato, hanno visto il fallimento. Come la Gruppo 6 Gdo del re dei supermercati Giuseppe Grigoli. L’azienda ha chiuso i battenti un anno fa e ancora oggi ci sono ex dipendenti che non hanno avuto alternative di lavoro in cooperative e supermercati. Le istituzioni sembrano ancora impegnate in una lenta corsa per limitare i danni prodotti da una resa provocata, nella migliore delle ipotesi, da reiterata incompetenza. Un raccogliere i cocci, dopo aver frantumato il vaso, che certa politica carrierista ha cercato di spacciare per la vittoria dello Stato.
Ma Castelvetrano è piena di terreni e fabbricati confiscati alla mafia. Alcuni da assegnare, altri già assegnati e formalmente restituiti alla collettività per vari usi: alloggi di caserme, sedi di associazioni e consorzi, riabilitazione dei tossicodipendenti, colonie per minori disagiati, promozione della cultura e dello sport.
Anche se a volte la realtà è molto distante da ciò che è segnato sulla carta. Nei documenti ufficiali del Comune, per esempio, ci sono immobili destinati ad attività sociali che però appaiono abbandonati, con cancelli chiusi, serre smantellate, assenza di personale e terreni poco curati, a volte con auto dismesse abbandonate. Come nel caso di contrada “Seggio e Fartaso”, concesso in gestione alla comunità terapeutica “Casa dei giovani” per la riabilitazione di soggetti con problemi di tossicodipendenza, con una convenzione che scadrà nel 2024. All’entrata c’è una casa abitata da una famiglia di immigrati che dicono di lavorare per Padre Lo Bue, fondatore della “Casa dei giovani”, la Onlus che appunto si occupa di immobili confiscati dal 1983.
Il pezzo forte però è il baglio in contrada Seggio-Torre e Staglio, confiscato a Gaetano Sansone, con quasi 265 mila metri quadri di terreno coltivati ad uliveto vigneto ed agrumeto.
Un posto d’eccellenza, oggetto di 2 milioni di finanziamento europeo, che verrà restituito alla collettività attraverso l’associazione Libera.
La cooperativa Rita Atria, pur dopo il noto terremoto in cui sono stati sostituiti d’imperio i vecchi dirigenti considerati forse poco inclini al dialogo con le istituzioni, è pronta per la gestione. I lavori di ristrutturazione del fabbricato sono a buon punto. Anche se la consegna, che doveva avvenire il 30 gennaio scorso, è stata spostata al 5 maggio e ad oggi il cantiere è ancora aperto in previsione della metà di giugno.
E’ probabile che possa essere adibito per la lavorazione delle olive, anche se le previsioni di produzione non sono certo ottimistiche, almeno a breve scadenza, visto i continui incendi che nel corso del tempo hanno interessato gli alberi del fondo.
Ma per la “riattivazione agronomica dei terreni”, appena due settimane fa, il Comune ha affidato alla ditta Impellizzeri di Calatafimi Segesta la fornitura di macchine agricole e accessori per circa 80 mila euro.
Lo scopo sarebbe quello di far ridiventare produttivi gli ulivi, ripristinando anche il vecchio baglio confiscato a Gaetano Sansone, boss dell’Uditore che ospitò Totò Riina nell’ormai famoso residence di via Bernini a Palermo. Lo stesso residence dove meno di un anno fa si tenne il banchetto nuziale tra suo nipote e la nipote di Matteo Messina Denaro. Per la coppia Sansone Guttadauro, fu concesso un altare d’eccezione: la cappella Palatina di Palazzo dei Normanni, sede dell'Assemblea regionale siciliana.
Oggi, se Seggio Torre venisse restituito davvero alla collettività, senza nessun tipo di influenze mafiose più o meno indirette, sarebbe una grossa conquista in controtendenza. Il nome del progetto lascerebbe ben sperare: “Andare oltre”. A parte i termini di fine lavori, ovviamente.
Egidio Morici