Nuova legge sulle intercettazioni: "Indagini per mafia e terrorismo a rischio"„
Il provvedimento è stato inserito con un blitz notturno nella legge delega sulla riforma del processo penale: colpisce con pene fino a quattro anni di carcere chi pubblica materiale audio e video raccolto all’insaputa dell’interlocutore e potenzialmente, dunque, molte delle inchieste giornalistiche che non diventano necessariamente prova in un processo. Ciò metterebbe a rischio l'efficacia delle indagini sulla criminalità organizzata, sulla mafia e sul terrorismo: l'allarme arriva dall'Autorità Nazionale Magistrati (Anm) e da Raffaele Cantone, magistrato oggi presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione.
In un'intervista al Corriere della Sera, Cantone dice che "molte volte la captazione nascosta di colloqui tra le persone ci è servita per individuare dei fatti gravi e colpire, di conseguenza, la criminalità organizzata. Ecco, vorrei che si tenesse conto di questo dato nella formulazione della futura norma". Secondo Cantone il tema "impatta certamente sulla privacy delle persone ed anch'io trovo giusto che ci siano limiti alla divulgabilità delle intercettazioni", ma quante volte, spiega, "vittime di estorsioni, penso a tanti imprenditori, sono andati all'appuntamento coi loro aguzzini con un registratore nascosto. E' proprio grazie a quei colloqui rubati che è stato possibile inferire dei colpi seri alla criminalità organizzata. E' uno strumento invasivo, può danneggiare immagini e reputazioni. Ma intanto l'estorsore è finito in cella".
COSA DICONO I MAGISTRATI - Contro l'emendamento firmato dal deputato del Nuovo centrodestra e membro della commissione Giustizia Alessandro Pagano scende in campo anche la magistratura. A suscitare il timore dell’Associazione nazionale magistrati, più che per la norma sulle registrazioni nascoste, è quella che costringe il pm a chiudere l’inchiesta in soli tre mesi. “Altro che intercettazioni, qui sono a rischio tutte le grandi indagini per terrorismo, mafia, corruzione”, dice a Repubblica il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Rodolfo Maria Sabelli. E continua così:
Non difendo chi danneggia gli altri con la diffusione di registrazioni fraudolente, anche se mi chiedo se sia proprio una norma necessaria visto che nel codice ci sono già due articoli per punire condotte di questo tipo. Mi riferisco alla diffamazione e all'interferenza illecita nella vita privata.
LA POSIZIONE DEI PARTITI - Ieri il Movimento Cinque stelle ha già bollato l’emendamento come "una norma-bavaglio, una porcata a danno della libera informazione": "Silvio Berlusconi voleva mettere il bavaglio alla stampa, mentre il premier – dicono i pentastellati – va ben oltre: questa è un'epurazione di massa". Nel dibattito però non è entrato il partito di maggioranza, il Pd, che non ha ancora espresso una posizione ufficiale. Le uniche parole di peso le ha pronunciate il ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha espresso le proprie "riserve e perplessità". Un giudizio che non piace aa Alessandro Pagano, "padre" dell'emendamento, che non ammette nessun passo indietro. "L’impianto del mio emendamento resta così com'è", dice in un’intervista a La Stampa, sostenendo che il diritto all’informazione resta garantito:
E’ punito chiunque diffonda registrazioni fraudolentemente effettuate al fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui. Se uno fa giornalismo vero di certo non potrà essere punito. Siamo pronti a confrontarci. Le pene non sono un dogma. Ma bisogna restare dentro questa logica. L’alternativa è la logica dei Cinque stelle, mentre questa è una battaglia di civiltà. Non si può tornare indietro.
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