Non sono morti di fame e di sete i cani trovati domenica scorsa, nel rifugio dell’associazione Laica che i Nas avevano sequestrato il giovedì precedente, ma a causa di malattie pregresse.
Si tratta di 5 animali (e non quattro come era emerso inizialmente), l’ultimo dei quali trovato in una recinzione molto distante dal primo ingresso.
Ne aveva denunciato la morte la stessa associazione Laica, attribuendo i decessi all’assenza di un custode giudiziario che si sarebbe dovuto occupare di fornire acqua e cibo, dopo la rinuncia alla custodia da parte della stessa presidente Liliana Signorello, indagata per maltrattamento di animali.
Alla base della morte invece ci sono le prolungate cattive condizioni di salute in cui versavano gli animali. Due di questi cani erano in avanzato stato di putrefazione, deceduti appunto a causa di malattie debilitanti croniche, mentre per gli altri tre è molto probabile che “la morte sia avvenuta per infezioni da ectoparassiti ed in particolare da malattie da zecche”. A confermarlo, oltre all’Asp, anche i medici veterinari dell’Enpa, arrivati a Castelvetrano martedì scorso, con l’unità di intervento nazionale guidata da Antonio Fascì. A lui, quattro giorni dopo il sequestro, è stata affidata la custodia giudiziaria dei siti, dopo la rinuncia del vicesindaco Giuseppe Rizzo che, secondo quanto riportato dalle pagine locali di un quotidiano, avrebbe ritenuto l’incarico “troppo gravoso”.
Inoltre, tra i cani deceduti ce n’è uno, che però era già magro e malmesso in una foto pubblicata da Tp24 il 24 agosto scorso: un cane molto malato, con gravissimi segni di rogna, lasciato nello stesso recinto insieme agli altri per tutto questo tempo.
Il dottor Tony Diana, dell’unità di intervento nazionale dell’Enpa, è stato molto chiaro:
“Tutti gli animali erano in condizioni di degrado, gravemente infestati da pulci e zecche. Pochi cani sembravano essere in buona salute. Molti presentavano segni di eccessiva magrezza, causati da rogna, leishmania e soprattutto da malattie da zecche. I parassiti producono spesso la formazione di tenie e, anche se i cani mangiano, il dimagrimento aumenta e può portare l’animale alla morte. Nelle feci di molti animali - ha aggiunto il dottor Diana – abbiamo infatti osservato la presenza massiccia di tenie”.
Il sequestro di giovedì scorso da parte dei Carabinieri del NAS aveva riguardato circa 150 cani che l’associazione della signora Signorello, ospitava in due siti: uno in contrada Seggio e l’altro presso la propria abitazione in via XX Settembre (quasi tutti in giardino). Cani affidati dall’amministrazione comunale della città, in seguito alla “temporanea” chiusura del canile municipale e al suo svuotamento per lavori di adeguamento nell’aprile del 2013. Nonostante la riapertura della struttura pubblica nell’aprile del 2014, nessuno dei cani della Laica è mai ritornato in canile. E l’affidamento dall’aprile del 2013 al dicembre del 2014, aveva comportato per le casse del Comune una spesa di 150 mila euro, con risultati da incubo, venuti fuori già molto tempo prima che intervenissero i Nas.
Nel maggio scorso infatti l’Asp locale aveva effettuato i prelievi per leishmania e malattie da zecca, andando a dare un’occhiata per la prima volta a metà ottobre del 2014. E nella relazione del dottor Luigi Mauceri, dirigente del dipartimento veterinario di Castelvetrano, si leggeva chiaramente che oltre il 50% degli animali presentava uno “stato di salute precario perché affetti da diverse patologie, talune di carattere zoonosico col rischio di contagio per altri animali e per le persone che li frequentano”. Se pensiamo che gli animali erano stati affidati ai rifugi privati, senza alcun registro e senza alcun successivo controllo, tutto si spiega da sé.
Certo, seppur tardivamente, l’Asp era intervenuta, completando nel maggio scorso un censimento finale di 245 cani e inviando la relazione al Sindaco Felice Errante. In quella relazione, il dottor Mauceri aveva già proposto al primo cittadino di farsi carico del trasferimento in tempi rapidi in canili rifugio autorizzati, gestiti possibilmente da associazioni di rilievo nazionale, per consentirne la successiva adozione, “per scongiurare – si legge testualmente - possibili interventi di polizia sanitaria che diventerebbero improcrastinabili”.
La relazione era del 9 giugno, ma i controlli veterinari per il censimento erano cominciati già nell’ottobre del 2014. Tutti sapevano già da allora quanto poteva essere esplosiva la situazione. E quando l’Enpa nazionale aveva fatto un esposto alla Procura, le foto dell’incubo non erano ancora state scattate. L’Enpa, nel marzo scorso, aveva chiesto di indagare sulle stranezze che si erano verificate nel corso degli ultimi anni.
Questo è un particolare non da poco che dovrebbe mettere la parola fine al solito pettegolezzo che a volte nasce in contesti poco informati dove, per difendere l’indifendibile, si parla di scopi personali, si inventano intrecci sentimentali, ed altre baggianate simili che poco hanno a che fare con quello che è emerso nella sua reale ingiustificabile crudezza.
Un altro particolare non da poco sta nei numeri. A fine maggio, nei rifugi della signora Signorello, l’Asp conta 245 cani (microchippando quelli che erano ancora senza il chip). I Carabinieri del Nas ne trovano invece 150. Tra questi, una ventina di animali è senza chip (nuovi ingressi). All’appello ne mancano quindi più di 100 . E nessuno ha ancora fornito una plausibile spiegazione del perché.
Le domande sono ancora tante. E le risposte potrebbero arrivare nel corso delle settimane a seguire.
Intanto, nei perimetri esterni delle recinzioni in contrada Seggio, il personale dell’Enpa ha rinvenuto tre teschi di cane. La cosa certamente non fa pensare a scenari positivi.
Prevedibili, data la grave infestazione di pulci e zecche, i casi di animali che si sono aggravati e che, grazie alla presenza sul posto delle ambulanze veterinarie dell’Enpa, si è riusciti a salvare, anche attraverso trasfusioni.
Intervistata dai Tg nazionali, la signora Signorello aveva affermato di aver provveduto al mantenimento e alle cure degli animali con le sue forze e con i suoi soldi. I risultati però, al di là del contributo di 150 mila euro in meno di due anni, previsto dal Comune, hanno portato a questo sequestro e ad un’indagine per maltrattamento da parte della Procura della Repubblica di Marsala. Nel corso dei mesi le anomalie erano fisiologiche. Nessuna comunicazione all’Asp dei cani da sterilizzare, di quelli nati, di quelli morti. Nessuna informazione sulle modalità di smaltimento. E soprattutto nessun controllo dell’Asp sullo stato di salute degli animali. Era come se fosse tutto normale. Come se non ne nascessero mai, non morissero, non si ammalassero e non avessero bisogno di antiparassitari o di sterilizzazione.
Circa il 70% degli animali non era sterilizzato. Nei recinti, cani in fase di accoppiamento e cagne in stato evidente di gravidanza. Ma di cuccioli ne sono stati trovati poco più di una decina.
La domanda adesso è: che fine faranno questi 150 cani?
Dopo un’indagine conoscitiva, il Comune con la presenza del personale Enpa, ha deciso che li trasferirà a breve in una struttura adeguata a Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta: Dog’s Town. Una struttura con elevate possibilità di adozione e soprattutto assolutamente permeabile a chiunque volesse far visita agli animali ospitati. Anche questa non è una cosa da poco, visti i casi di strutture che, dopo aver ricevuto gli animali dai comuni, nessuno ne ha saputo più niente.
Non sarà un’operazione semplice, dato il numero dei cani da trasferire, ma i viaggi avverranno con furgoni autorizzati e ambulanze con medici veterinari a bordo.
E’ forse la prima volta che in Italia avviene un sequestro e un trasferimento di queste proporzioni. La speranza è che possa servire da stimolo per tutte le amministrazioni comunali e le Asp, affinché finisca il solito andazzo delle associazioni, più o meno “animaliste”, che tolgono castagne dal fuoco a chi dovrebbe intervenire istituzionalmente.
Sensibilizzazione, promozione delle adozioni, campagne d’informazione sulla sterilizzazione, corretta cura degli animali, controlli dei microchip dei cani di proprietà e relative sanzioni, potrebbero fare la differenza. Se ognuno facesse la propria parte, si eviterebbe la proliferazione di piccoli o grandi canili lager, nati per togliere i cani dalle città, risparmiando sulla loro pelle.
Egidio Morici