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17/11/2015 06:30:00

Giuseppe Gulotta incontra Papa Francesco. Mercoledì prossimo la decisione sul risarcimento

L’incontro con il Santo Padre è un incontro speciale che segna la vita di chi ha la possibilità di viverlo. Per Giuseppe Gulotta, il muratore di Alcamo accusato di essere tra gli autori della Strage di Alcamo Marina avvenuta nel gennaio del 1976, in cui morirono i carabinieri Carmine Apuzzo e Giovanni Falcetta, che ha trascorso 22 anni in carcere e subito da innocente una vicenda giudiziaria lunga 36 anni, incontrare Papa Francesco sarà un qualcosa di miracoloso. Domani, mercoledì 18 novembre, vivrà questa emozione speciale nell’Aula Paolo VI, e al Papa,  donerà "Alkamar", il libro scritto assieme al giornalista Nicola Biondo che racconta la sua storia, che è anche storia d’Italia. Tra qualche giorno, il 25 novembre, Giuseppe Gulotta tornerà da uomo libero in aula di Tribunale, davanti alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, dove è attesa la decisione sulla richiesta di risarcimento danni di 56 milioni di euro presentata dai suoi legali Pardo Cellini e Baldassare Lauria. Risarcimento che, incredibilmente, per l’Avvocatura dello Stato non dovrebbe essere concesso, perchè: “L’autoincolpazione per un delitto non commesso costituisce in sé fatto doloso, o comunque gravemente colposo, ostativo alla riparazione poiché determinante dell’errore giudiziario”, - questa la sintesi della memoria difensiva presentata dall’Avvocato dello Stato Adele Quattrone -. Insomma, siamo di fronte al paradosso. Come se avesse valore solo quella firma di Gulotta su quel verbale falso, in cui si autoincolpava della strage. E poco importa se quella firma, l’allora diciottenne l’abbia messa soltanto dopo una notte di botte, sevizie e torture.

“Secondo loro le violenze perpetrate dai carabinieri nei confronti di Gulotta non devono essere risarcite dallo Stato: una follia che sconfessa perfino l’articolo 28 della Costituzione” spiega l’avvocato Lauria. “In più – continua il legale – dicono che il mio cliente non può essere risarcito perché con la sua confessione ha creato lui stesso l’errore giudiziario. Sarebbe vero, se solo Gulotta non fosse stato costretto a confessare reati mai commessi dalle torture subite dopo l’arresto. Dopo tre ore dalla sua confessione, smentì tutto davanti ad un giudice”. La richiesta di risarcimento per i danni subiti da Gulotta poggia su tre fattori base: uno biologico che riguarda la distruzione della qualità della vita; uno economico, riguardante i mancati guadagni perchè all’epoca della condanna definitiva era titolare di una piccola azienda edile, e terzo, quello riguardante l’ingiusta detenzione. Gulotta ha già annunciato che donerà parte del suo risarcimento ad una fondazione che si occupa di casi come il suo e di vittime di errori giudiziari. Ma il suo non è solo il più grande errore giudiziario della storia d’Italia ma una di quelle storie italiane avvolte nel mistero. Tutto ha inizio la notte del 13 Febbraio del ‘76, quando, a qualche settimana di distanza dalla strage in cui furono uccisi i due poveri carabinieri, altri militari dell’Arma lo vanno a prelevare a casa sua. “Dobbiamo chiederti alcune cose” dicono al muratore di Alcamo.

Lui che aveva fatto richiesta per entrare nella Guardia di Finanza, pensa che i carabinieri volessero avere informazioni preliminari per l’aspirante finanziere. E invece non si trattava del concorso. Giuseppe Vesco, un ragazzo arrestato qualche giorno prima aveva accusato Gulotta e gli amici Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, di essere gli autori della strage di Alcamo Marina. Quella notte, nella casermetta dove viene interrogato, crede di morire. Gli puntano una pistola addosso, lo costringono a bere acqua e sale, lo massacrano di botte, fin quando, esausto, per liberarsi da quell’orrore firma il verbale. Dopo qualche ora davanti al giudice ritratta e spiega la sua verità ma nessuno gli crede e inizia il suo incubo che lo porta nel 1990 alla condanna definitiva all’ergastolo. Nel 2008 l’ex brigadiere Renato Olino, presente la notte dell’arresto, racconta che le confessioni di Giuseppe Vesco e degli altri arrestati Gulotta, Santangelo e Ferrantelli sarebbero state estorte con la tortura; nel 2008 la Procura di Trapani ha aperto due inchieste. Una sulla morte dei due militari, l’altra su quattro carabinieri accusati di sequestro di persona e lesioni gravissime: sono Giuseppe Scibilia, Elio Di Bona, Giovanni Provenzano e Fiorino Pignatella. Olino ha dichiarato ai giudici del Tribunale di Trapani che quei ragazzi con l'eccidio non c'entravano nulla e che le loro confessioni sono state estorte con violenze terribili.

La speranza di Giuseppe Gulotta di poter ritornare in libertà inizia a farsi concreta. C’è la revisione del processo e il 13 febbraio 2012, esattamente 36 anni dopo il suo arresto viene assolto per non aver commesso il fatto. Per Gulotta finalmente è arrivata la libertà anche se continua a chiedersi e dovrebbero chiederselo tutti gli italiani, il perchè di tutto questo; il perchè della morte dei due carabinieri, e il perchè altri militari hanno voluto trovare in lui e gli altri arrestati i colpevoli perfetti; per nascondere cosa, per coprire chi. Gulotta se lo chiede, senza odio e senza rancore verso nessuno. Per quei funzionari dello Stato che hanno usato violenza, hanno inventato prove e coperto i veri responsabili della strage, nessuno si è fatto vivo con Gulotta, nessuno gli ha mai chiesto scusa.