Mai prima d’ora erano emersi dal mare così tanti rostri. Ne sono stati identificati undici per la precisione, e uno è ancora sul fondo. Vengono tutti da un tratto di mare a nord ovest dell’isola di Levanzo: il luogo dove il 10 marzo del 241 a.C. una flotta romana di 200 navi sconfisse la ben più corposa flotta cartaginese nella cosiddetta battaglia delle Egadi. Una battaglia che cambiò la storia: non decretò solo la fine della prima guerra punica, ma l’inizio del declino cartaginese e dell’ascesa romana. Da quel dì Roma, che fino ad allora aveva sottomesso solo popoli a lei vicini, cominciò la sua grande conquista del Mediterraneo.
Ammirare quei rostri ora finalmente in mostra all’ex Stabilimento Florio delle Tonnare di Favignana e Formica, è un’emozione vera. Quella forma singolare con le tre punte pronte a speronare le navi nemiche, provoca turbamento. Toccarli, poi, è ancor più conturbante: si tocca con mano una grandiosa arma di offesa, e quasi ci si sente schiacciati tra quelle punte e la nave nemica oramai sventrata. E che dire quando si legge da vicino l’incisione col nome del questore che fece fondere l’uno o l’altro rostro, o quando si accarezza la vittoria alata che decora alcuni, o l’elmo che decora altri? Insomma quello realizzato da ETT Spa per conto della Soprintendenza di Trapani, è un allestimento veramente bello, preciso, efficace. Punta al cuore e ci riesce.
Ma non ci sono solo i rostri. Ci sono anche gli elmi trovati colà, otto in tutto, e le anfore e altro vasellame. C’è un po’ tutto quello che in dieci anni di ricerche, dal 2005 a oggi, ha consentito di localizzare con certezza il luogo della battaglia confermando un’intuizione cheSebastiano Tusa, Soprintendente del mare della Regione Siciliana, ebbe oltre trent’anni fa. Nel 1984 Tusa udì Cecè Paladino, subacqueo di Favignana, raccontare di un “mare di ancore”, circa 150 ceppi d’ancora per la precisione, da lui trovati nel mare a est di Capo Grosso, la punta più settentrionale dell’isola di Levanzo. Allora si diceva che la battaglia delle Egadi aveva avuto luogo presso Cala rossa di Favignana, rossa del sangue dei cartaginesi: un’identificazione troppo semplicistica per essere vera. Forse, ha pensato Tusa, le ancore di Cecè identificano il vero luogo dove la flotta romana si nascose per cogliere di sorpresa i cartaginesi: forse la rotta cartaginese mirava a raggiungere Erice da Marettimo passando a nord di Levanzo. Ma tutto ciò rimase solo un’ipotesi fino al 2002 quando venne alla luce il primo rostro, trovato da un pescatore. E poi via via tutti gli altri, identificati e scavati dalle attrezzature di alta profondità della RPM Nautical Foundation diretta dall’archeologo Jeffrey Royal: in quel tratto il mare è profondo un centinaio di metri. Nel frattempo i due archeologi hanno riletto Polibio e gli altri storici immaginando le scelte dei due comandanti, il cartaginese Annone e il romano Lutazio Catulo. Hanno studiato finanche i venti che furono determinanti per l’esito della battaglia: Annone salpò di buon mattino da Marettimo confidando nel vento favorevole, ma questo nel corso della giornata mutò e risultò favorevole ai romani, come aveva previsto Lutazio Catulo. Al giusto segnale, le navi romane uscirono dal loro “nascondiglio” e per Annone non ci fu più scampo: colpito da ogni parte e incapace di avanzare per il vento contrario, in breve fu costretto alla ritirata.
Cotanto lavoro, però, è adeguatamente valorizzato in quel di Favignana? Nei giorni dell’inaugurazione delle sale, e del convegno che le ha accompagnate, l’isola era pressoché deserta e popolata solo dall’orda di convegnisti. Ma il sindaco Giuseppe Pagoto è stato determinato nell’assicurare che imporrà l’apertura dello Stabilimento nei weekend per tutta la stagione invernale (al momento è chiuso dal 1 novembre). Perché quello Stabilimento è un’autentica meraviglia: è uno tra i più grandi del Mediterraneo, e il luogo dove a fine Ottocento s’inventò il sistema di conservare il tonno sott’olio. Fu acquisito dalla Regione nel 1991 e in parte restaurato (oltre 14milioni di euro di spesa per quasi 20.000 metri quadrati di superficie, su un totale di 32.000), e dal 2009 è uno spettacolare esempio di archeologia industriale, e il luogo dove si narrano storie di imprenditoria e mattanza. Il Comune ne cura l’apertura per conto della Regione. È immenso, con capannoni grandiosi, e presto comincerà il restauro anche della parte mancante. Diventerà, nelle intenzioni di tutti, una grande “fabbrica della cultura” capace di portare vita in un luogo frequentato abitualmente solo d’estate. Insomma è una sfida Finora i numeri sono incoraggianti: circa 60.000 visitatori nel 2014, e 55.000 al 31 ottobre di quest’anno per un incasso di 240mila euro (per capirci, più o meno il doppio del Museo del Satiro di Mazara del Vallo). Non è male ma è ovviamente una briciola nel mare delle spese di manutenzione di spazi così vasti. Però l’impegno per animarli c’è, come dimostra anche la scelta di allestire proprio lì le sale sulla battaglia delle Egadi. Lo dice il sindaco, lo dice Sebastiano Tusa, lo dice la Soprintendente di Trapani Paola Misuraca. Intanto sono riusciti a intercettare il turismo crocieristico e già diverse navi hanno fatto scalo a Favignana. L’ex Stabilimento non ha un sito web ma ha unapagina Facebook sempre aggiornata, e ci sono i giudizi su Tripadvisor a fargli una pubblicità veramente entusiasta. Comunque è una sfida molto impegnativa, ma per questo anche affascinante. Vedremo cosa accadrà. Cinzia Dal Maso - Archeostorie.it