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03/12/2015 07:00:00

"Violenze in caserma". Battute finali per il processo sui carabinieri di Pantelleria

  Concluse le arringhe difensive nel processo, in corso davanti il Tribunale di Marsala, per le violenze che sarebbero state commesse, nel 2011, da alcuni carabinieri, a Pantelleria, su persone fermate per controlli di routine e per le “omissioni” di chi avrebbe dovuto denunciarle. Di omessa denuncia (delle presunte violenze) sono accusati il capitano Dario Solito, ex comandante della Compagnia dei carabinieri di Marsala, da cui dipende la stazione di Pantelleria, e il maresciallo Giuseppe Liccardi, che all’epoca dei fatti era comandante della stazione dell’isola. Mano pesante, invece, si contesta al maresciallo Claudio Milito, nonché a Luca Salerno, Lorenzo Bellanova, Rocco De Santis e Stefano Ferrante. A concludere le arringhe difensive sono stati gli avvocati Paolo Paladino e Stefano Pellegrino. Il primo difende Solito, Liccardi e Ferrante, mentre Pellegrino (con Gianpaolo Agate) tutti gli altri. I due legali hanno spiegato tutte le ragioni “risultanti dagli atti” per cui, a loro giudizio, “tutti i fatti ipotizzati, sia nei confronti del primo che del secondo gruppo, sia pure per ragioni diverse, non sussistono”. Stefano Pellegrino ha, inoltre, rimarcato “l’assoluta inaffidabilità” dei denuncianti. “E’ stato, poi, provato, anche documentalmente – ha proseguito il legale – l’astio e l’acredine che queste sedicenti persone offese nutrono nei confronti dei carabinieri imputati. Altri sette carabinieri accusati dalle stesse persone sono stati assolti definitivamente proprio con una motivazione che parla di inaffidabilità dei denuncianti”. Il pm Antonella Trainito, lo scorso 9 novembre, ha avanzato sette richieste di condanna. La pena più severa (sette anni di carcere) è stata invocata per il maresciallo Milito. Quattro anni e mezzo, poi, sono stati chiesti per il maresciallo Liccardi, tre anni e mezzo per Salerno, tre anni per Bellanova, due anni e mezzo per De Santis, un anno e 8 mesi per Ferrante, 8 mesi per Solito. Il pm Trainito ha parlato di persone “pestate a sangue”, ammanettate senza motivo e in un caso anche chiusa a chiave in cella senza alcuna ragione giuridica. Per questo è stato contestato anche il sequestro di persona. Le accuse a vario titolo contestate sono lesioni, falso in verbalizzazioni, omissione di atti d’ufficio e di denuncia e favoreggiamento. L’indagine, condotta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura, fu avviata a seguito della denuncia di un marsalese, Vito Sammartano, 43 anni, cuoco, che d’estate si trasferisce a Pantelleria per motivi di lavoro. ‘’Sono stato fermato ad un posto di blocco e condotto in caserma verso le 4 del mattino – ha raccontato Sammartano - e dopo l’alcoltest, a cui sono risultato positivo, seppur di poco, sono stato massacrato di botte’’. Nel corso dell’inchiesta, poi, sono emersi anche altri episodi dello stesso genere, tanto che la Procura diretta da Alberto Di Pisa ha individuato diverse altri “parti lese”. In tre si sono costituiti parte civile. Oltre a Vito Sammartano, anche il suo amico pantesco Massimo Barbera, entrambi assistiti dall’avvocato Gaetano Di Bartolo, e Giacomo Brignone, anch’egli di Pantelleria, assistito dagli avvocati Stefania Valenza e Leo Genna.