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22/12/2015 07:00:00

Un pentito di Bagheria: "Matteo Messina Denaro due anni fa stava a Campobello"

 Un pentito di Bagheria rivela che il principale boss latitante di Cosa Nostra, il castelvetranese Matteo Messina Denaro, nel 2013 si nascondeva a pochi chilometri da casa: alla periferia di Campobello di Mazara. “La rapina all’agenzia della Tnt di Campobello di Mazara – ha, infatti, dichiarato il bagherese Benito Morsicato - fu rinviata perché in un villino della zona si nascondeva Matteo Messina Denaro e non si poteva disturbare la quiete”. Nell’aula bunker del carcere San Vittore di Milano, il collaboratore di giustizia ha rivelato il “dettaglio” davanti ai giudici del Tribunale di Marsala, nell’ambito del processo a tre presunti “fiancheggiatori” della famiglia mafiosa di Castelvetrano coinvolti nell’operazione antimafia “Eden 2” del 19 novembre 2014. La rapina all’agenzia Tnt di Campobello di Mazara fu commessa il 4 novembre 2013. Il “colpo” fruttò un bottino di circa 100 mila euro. Ad agire furono 7 o 8 uomini incappucciati che indossavano casacche con la scritta “polizia”. Nel processo,  con l’accusa di aver avuto un ruolo in quella rapina, sono imputati i castelvetranesi Vito Tummarello, di 54 anni, e Luciano Pasini, di 27. Quest’ultimo, dipendente della Tnt, è accusato di essere il “basista”. La rivelazione del pentito Morsicato conferma che il boss latitante Matteo Messina Denaro, almeno nel 2013, si nascondeva nel suo territorio.

ANNA PATRIZIA MESSINA DENARO. Anna Patrizia Messina Denaro deve restare in custodia cautelare in carcere. Il suo rientro a casa consentirebbe al fratello Matteo Messina Denaro un collegamento con gli altri soggetti mafiosi operanti sul territorio; inoltre sfruttando il peso del suo cognome le sarebbe facile reiterare condotte estorsive. Lo ha stabilito la Cassazione, confermando l'ordinanza emessa a settembre dal tribunale del riesame di Palermo, che aveva rigettato la richiesta della donna di andare ai domiciliari. La decisione è stata presa in camera di consiglio dalla seconda sezione penale il 9 dicembre ed è stata resa nota con le motivazioni depositate oggi. Patrizia, considerata figura di spicco del clan di Castelvetrano, era stata condannata il 31 marzo a 13 anni dal tribunale di Marsala: alla donna erano stati originariamente contestati i reati di associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione, ma il tribunale aveva riqualificato l'accusa in concorso esterno in associazione mafiosa e aveva assolto l'imputata da una delle accuse di estorsione. Proprio in ragione della derubricazione del reato più grave da associazione a concorso esterno, la sorella del boss aveva chiesto di lasciare il carcere, dove si trova dal dicembre 2013, per andare ai domiciliari. Ma secondo la Cassazione alla luce della gravi accuse e della possibilità di reiterazione del reato "la misura cautelare di massima afflizione" è ineludibile. Nella sentenza di condanna, come ricordato dalla Cassazione, alla donna era stato riconosciuto un ruolo di primo piano "nello strategico comparto delle comunicazione tra il vertice del mandamento di Castelvetrano e la cosiddetta provincia", e di anello di collegamento tra il fratello "e il cosiddetto circuito penitenziario", assicurando lo scambio tra il marito, Vincenzo Panicola, già in carcere, e il boss latitante. Nell'ordinanza che confermava il carcere, il riesame aveva sottolineato - trovando d'accordo il collegio della Cassazione, presieduto dal giudice Antonio Esposito - come "il rientro dell'imputata nel proprio (o in un altro) domicilio, consentirebbe a Matteo Messina Denaro di utilizzare nuovamente la sorella come canale di collegamento tra sé e altri soggetti mafiosi", attraverso "forme e metodi di comunicazione assai riservati e protetti" che ben si prestano a essere usati anche ai domiciliari.