Castelvetrano ti può capitare in questi giorni di ricevere degli avvisi di pagamento per Tia ed Ici riguardanti il 2010.
Tu dirai: ma io nel 2010 ho pagato tutto. E invece no, perché il Comune ha fatto un accertamento e si è accorto che i metri quadrati indicati nel 2010 sono diversi da quelli rilevati nel 2015. Però non ti dice qual è la differenza.
Tu dirai: me la vado a guardare, recuperando le bollette di 5 anni fa. Sicuramente troverò dei metri quadrati in meno. E invece no, perché magari te ne ritrovi almeno una decina in più rispetto a quelli recentemente accertati dal Comune.
Insomma, è come se ti dicessero: nel 2010 i metri quadrati di casa tua risultavano superiori a quelli di oggi, ma al posto di darti un rimborso per la somma in più, pretendiamo che paghi nuovamente la tariffa, con una sanzione del 100%.
Gli avvisi di accertamento sono circa 5000 (quasi 1500 per la Tia e più di 3500 per l’Ici) per un totale di 2 milioni e mezzo di euro.
Certo, la speranza è che il numero degli “accertamenti pazzi” sia contenuto, diversamente per il Comune i rapporti con le banche potrebbero complicarsi. Soprattutto se a garanzia degli ultimi prestiti l’ente avesse inserito anche queste copiose entrate, che però hanno pochissime probabilità di entrare.
E al di là della correttezza degli accertamenti, ci sarebbe da chiedersi fino a che punto siano state corrette le modalità per farli.
Ma prima di ogni cosa è importante sapere se sono stati inviati oltre il termine di prescrizione del 31 dicembre 2015.
Tu dirai: guardo la busta. E invece no. Nella busta manca la data di invio. E allora, digiti il codice numerico della raccomandata nel servizio “Dovequando” del sito delle Poste. E tutto si fa chiaro. A tanti compare la stessa data: 2 gennaio 2016.
Tu dirai: perfetto si è prescritto, allora non la pago. Invece no, perché se non fai comunque ricorso entro 60 giorni, devi pagarla lo stesso.
Morale?
Bene che vada l’amministrazione comunale, incalzata da sindacati e opposizione, potrebbe anche scegliere di ritirare le richieste di pagamento (nel caso in cui ci si rendesse conto che siano quasi tutte sbagliate), attribuendo però al documento il valore di interruzione di prescrizione.
Tu dirai: ottimo, non mi chiedono più i soldi. E invece no. Perché in questo modo, non facendo specifico ricorso (la tua guardia si abbasserebbe, visto che al momento non ti verrebbero richieste le somme) ti ritroveresti, magari dopo altri 60 giorni, la nuova richiesta di pagamento, stavolta con tutte le correzioni di sorta.
Eppure, al posto di far fare tutti questi conteggi in tempi brevissimi (il provvedimento dirigenziale è del 18 novembre scorso) ad una ditta trentina, la Engineering tributi spa, per 36 mila euro, sarebbero bastate delle semplici raccomandate notificate magari in massima parte dal personale stesso del Comune (entro i termini però) col solo scopo di interrompere la prescrizione.
Ma per avere accesso ai prestiti sarebbe stato pochino e non si sarebbero potuti mettere sul tavolo quei 2 milioni e mezzo di euro necessari. Un po’ come dire alla banca: stiamo per riscuoterli, niente paura, siamo affidabili.
Adesso si prevede la solita coda agi sportelli del Comune per i chiarimenti e la pioggia di ricorsi alla commissione tributaria che ridimensionerà le entrate previste.
Intanto, una cosa buona da fare potrebbe essere quella di andare sul sito di Poste Italiane ed inserire il codice numerico della raccomandata a questo indirizzo: http://www.poste.it/online/dovequando/home.do
Se la data di invio è del gennaio 2016, il termine è prescritto.
L’anno comincia con gli accertamenti pazzi. E rischia di finire con danni erariali non indifferenti. Danni che, come sempre accade, verrebbero pagati dagli stessi cittadini. Per il bene della città, ovviamente.
Egidio Morici