L’ultimo è il caso di Brescello, il paese di Don Camillo e dell’onorevole Peppone, in provincia di Reggio Emilia, ora balzato alle cronache per le possibili infiltrazioni mafiose nell’amministrazione comunale. La scelta del governo sullo scioglimento o meno dell’ente non è ancora arrivata — si è concluso a dicembre il lavoro istruttorio della commissione prefettizia — che il municipio viaggia già verso il commissariamento: ha annunciato infatti le dimissioni il sindaco pd Marcello Coffrini, che face scoppiare il caso definendo Francesco Grande Aracri, condannato nel 2008 per ’ndrangheta, «una persona molto composta, tranquilla ed educata». Nel frattempo un’inchiesta della procura di Napoli ha evidenziato i tentativi della camorra di infiltrarsi in un altro Comune, a Quarto, in Campania, ora guidato dai Cinque Stelle: l’amministrazione, però, era già stata sciolta due volte per mafia. A questo link l'infografica del Corriere della Sera.
Se il Consiglio dei ministri dovesse decidere per il commissariamento, Brescello si aggiungerebbe ai 202 Comuni già sciolti per infiltrazioni mafiose dal 1991 a oggi (la fotografia è di Avviso Pubblico, la rete delle amministrazioni locali contro le mafie): una quindicina è ancora commissariata. Dal 1991, anno in cui è stata introdotta la norma che prevede il commissariamento degli enti locali per i condizionamenti della criminalità organizzata, il fenomeno non si è ridotto. Volendo concentrare l’attenzione sugli ultimi cinque anni, si contano 65 municipi colpiti da questo provvedimento, come mostra l’infografica. «La camorra è senza bandiere e trasversale», ha detto il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone commentando il caso Quarto. I numeri confermano: 31 enti erano amministrati dal centrodestra (incluse le liste civiche d’area) al momento dello scioglimento, 18 dal centrosinistra, due dal centro e 14 da liste civiche. Al Sud, dove i casi sono maggiori, c’è una parità sostanziale tra centrodestra e centrosinistra. Non al Nord, dove sono le giunte vicine al centrodestra quelle più colpite da provvedimenti di scioglimento (in attesa di capire cosa accadrà a Brescello, a guida Pd).
È stato in Val di Susa il primo Comune del Nord sciolto per mafia: Bardonecchia, in provincia di Torino, nel 1995 (provvedimento legato a Rocco Lo Presti, boss considerato tra i principali esportatori della ‘ndrangheta sopra il Po). Ma è negli ultimi cinque anni che nel Settentrione i provvedimenti per infiltrazioni della criminalità organizzata cominciano a vedersi con maggior frequenza: in Piemonte, a Leinì e Rivarolo Canavese (Torino); in Liguria, a Ventimiglia (il provvedimento contro Bordighera è stato annullato dopo il ricorso); a Sedriano (il primo in Lombardia, in provincia di Milano). Certo, il divario con il Sud resta comunque fortissimo: è lì più del 90% dei Comuni sciolti per mafia dal 1991 a oggi. Con il concentramento in tre Regioni: la Campania dove dal 1991, secondo i dati di Avviso Pubblico, le procedure di scioglimento sono state 98 (10 annullate), Calabria (84, di cui 8 annullate) e Sicilia (66, di cui 4 annullate).
La fotografia degli ultimi 5 anni mostra invece in testa la Calabria: da sola, fa più della metà di tutti i Comuni commissariati. Reggio Calabria è stato l’unico capoluogo di provincia commissariato. Ed è anche la provincia, con Napoli, in testa alla classifica per enti commissariati (52 per ciascuna). San Luca è ancora senza sindaco: la sola lista che si era candidata lo scorso maggio, «Liberi di ricominciare», non ha raggiunto il quorum (ha votato solo in 1.485, il 43,09%) per rendere valide le elezioni. L’ente rimane retto da un commissario, come Platì, comune sciolto già tre volte dove alle scorse Amministrative non sono state presentate liste. Taurianova, il primo comune a essere stato sciolto per mafia nel 1991, è stato poi commissariato altre due volte (con diverse proroghe). Così come, in Campania, Casal di Principe, Casapesenna, Grazzanise: sciolti tre volte, con diverse proroghe ciascuno. E in Sicilia, Misilmeri. L’isola ha visto anche il commissario prefettizio a Racalmuto, paese di Leonardo Sciascia, e Salemi, nel 2012, ai tempi dell’amministrazione guidata da Vittorio Sgarbi. Il picco di provvedimenti, si ha nel 2012 (24), con Annamaria Cancellieri alla guida del ministero dell’Interno nel governo Monti.