Centocinquanta delitti dopo, Giovanni Brusca dice di essere cambiato. L’ex capomafia di San Giuseppe Jato, arrestato nel 1996, ritenuto responsabile (anche) della brutale uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, dichiara al mondo: "Sono una persona diversa". Insomma, dimenticatevi il crudele uomo di mafia di vent'anni fa. Il boss - attraverso i suoi legali - fa sapere che la condanna che sta espiando è in gran parte frutto delle sue dichiarazioni auto-accusatorie, che in carcere ha studiato e che attraverso i libri e le letture è anche maturato. Brusca ha chiesto di dire la sua al settimanale Oggi, in edicola da oggi(anche su www.oggi.it) dopo che il giornale, nelle settimane scorse, ha dato la notizia che il boss gode di cinque giorni al mese di libertà.
E grazie a un permesso premio Brusca ha trascorso le festività fuori dal carcere romano di Rebibbia. L'ex capomafia oggi fa però sapere che adesso disprezza il suo passato. Stando ai suoi avvocati, Giovanni Brusca prega nella solitudine della sua cella dove "per sua scelta ha deciso di vivere in una sorta di 41 bis volontario, rinunciando ad avere contatti con chi ha vissuto il suo passato".
Critiche e polemiche. Dopo l’assoluzione nel processo, oggi definitiva, il reato di estorsione venne derubricato in tentativo di violenza privata, mentre la questione relativa all’intestazione fittizia di beni era andata prescritta e all’ex boss furono restituiti 200 mila euro che gli erano stati sequestrati. Successivamente i permessi premio vennero ripristinati, permettendogli di trascorrere in media cinque giorni al mese fuori dal carcere. Per gli ultimi dell’anno Brusca è tornato a casa in stato di libertà, ma questa sotto l’occhio vigile e la sorveglianza del Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria. Ma adesso potrebbe usufruire della detenzione domiciliare.