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30/01/2016 06:30:00

Dai nuovi supermercati, al centro d'accoglienza. Come salvare gli ex lavoratori Despar?

Si prospetterebbero due soluzioni per i 76 lavoratori del Centro di distribuzione della Gruppo 6GDO, l’azienda confiscata che fu di Giuseppe Grigoli, il re dei supermercati Despar, condannato per mafia in via definitiva.
In un consiglio comunale molto partecipato, a Castelvetrano, il prefetto di Trapani Leopoldo Falco ha portato le notizie riferitegli dal prefetto Postiglione, direttore dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati. Un buon numero di quegli ex dipendenti che dopo il fallimento dell’azienda non hanno ancora trovato occupazione, era lì per avere delle risposte.
La dottoressa Maria Antonietta Manzo, referente dell’Agenzia per la Sicilia, non era però presente per impegni istituzionali. Il prefetto Falco ha fornito quindi delle informazioni di prima mano: “Ho parlato con Postiglione e mi ha detto di riferirvi una serie di cose. Vi sono delle soluzioni sul tappeto – ha detto Falco -Alcune pare che purtroppo siano superate. Delle belle soluzioni che però pare non siano più percorribili, mi dicono”.
E qui, chi credeva ancora al grande gruppo nazionale interessato all’acquisto del centro di distribuzione, si è dovuto ricredere.
“Tra febbraio e maggio – ha continuato il prefetto – è prevista l’apertura di quattro punti vendita: uno a Canicattì, uno a Mazara del Vallo, due a Trapani. Ritengono che in questi quattro punti vendita possano trovare occupazione 35 dei 76 lavoratori. Mi dicono che se con i sindacati si riesce a fare un passo avanti sul piano delle riqualificazioni, si può anche arrivare a qualche unità in più”.

Oltre a questa “soluzione” a breve scadenza (occorre ricordare che nel prossimo mese di giugno ad una ventina di lavoratori scadrà la mobilità), Falco ne ha presentata un’altra: quella di occuparsi di accoglienza per i migranti, utilizzando le strutture (opportunamente modificate) della Gruppo 6.
“Servono soluzioni proprio nuove, innovative – ha aggiunto - I sindacati, con cui ho avuto parecchi tavoli, sanno che il tema dell’accoglienza dei migranti è diventato una situazione che comporta delle risposte strutturali. Abbiamo creato 500 posti di lavoro e c’è un indotto enorme che non so quantificare, ma c’è. E ne beneficia la provincia. Siamo sotto indagine da tutte le parti, perché chiaramente le procure vogliono essere sicure che non vi sia un’ingerenza della criminalità ed io sono contento che loro controllino. Abbiamo evitato monopolisti, ma abbiamo creato un sistema di tanti piccoli gestori e fra poco ci sarà un bando per duemila posti che sarà una cosa enorme, a cui parteciperanno tanti gestori. Vi è qualcuno che è fuori da tutto questo ed è il pubblico: le Ipab, che non partecipano ai bandi e continuano a vivere, e devo dire che con questo discorso dei migranti le abbiamo risollevate perché erano indebitate fino al collo. Sostanzialmente stanno ripianando debiti storici”.

Ma utilizzare queste strutture non sarebbe una cosa facile. E riguardo alla normativa sui beni confiscati che non consentirebbe l’utilizzo improprio di questi beni, ha spiegato: “Dobbiamo coniugare questa normativa con delle possibili soluzioni, che dovrebbero avere una lettura un po’ imprenditoriale. Perché non si può sbagliare: dobbiamo creare qualcosa che rimanga in piedi, non che tracolli dopo tre mesi. Diversamente sarebbe un estremo oltraggio a dei lavoratori che hanno dimostrato grande dignità e grande civiltà, nel senso di pazienza e attesa”.
Certo, non si tratterebbe di una soluzione immediata, non essendoci ancora un piano d’azione, ma ha assicurato che si sta “circuitando una quantità enorme di denaro”. Secondo il prefetto Falco, sarebbe una catena virtuosa.

“Quindi le possibili soluzioni sono due -  ha sottolineato in sintesi il prefetto - : quella dei punti vendita e quest’altra su cui si sta lavorando, ma dove purtroppo siamo ancora in una fase progettuale.  L’immigrazione è una forza. E lavorando bene si sistema tutto. I lavoratori non avrebbero nessun danno e quello che si produrrebbe sarebbe infinitamente meglio rispetto a quello che era”.

Un’ipotesi che non sarebbe proprio recentissima, almeno a sentire le ulteriori spiegazioni del prefetto: “Circa un annetto fa, ho lavorato molto con il sindaco anche su questo punto. E lui ha avuto nella sua attività, più costanza di me. Sull’indagine di mercato, operarono dei professionisti. Voi più o meno sapevate. E’ stato molto meritorio far lavorare, consentendo di lavorare, ma appunto ci furono interventi molto specialistici. Ed anche qui credo che qualcosa di questo tipo serve, perché si parla appunto di riconversioni. E quindi vediamo che cosa si riesce a fare”.
Tutto questo, con l’impegno personale del prefetto Postiglione di andare avanti, che avrebbe detto al collega di Trapani: “Digli che noi non stiamo mollando e che stiamo lavorando per questo”.

Mario D’angelo (Uil di Trapani) non ha reagito positivamente alle notizie riportate dal prefetto Postiglione: “Si evince una cosa che sconvolge – ha affermato - tutto quello che era stato detto in passato non c’è più. Ovvero è sparita l’ipotesi Maione (il gruppo campano interessato al CEDI) e sono sparite le trattative con le eventuali aziende di respiro nazionale che avrebbero potuto rilevare il centro di distribuzione. Oggi la preoccupazione è ancora maggiore. Come si fa ad essere positivi? Insomma, la Maione era disponibile a venire a Castelvetrano, ad acquisire l’azienda e ad assumere 35/40 lavoratori. E noi li avremmo fatti assumere tutti, perché avevamo i progetti pronti per recuperarli. Perché Postiglione non ci ha chiamati?”

L’intervento del prefetto Falco, come da consuetudine, è stato previsto a chiusura della seduta, dopo tutti gli altri interventi da parte di consiglieri comunali, lavoratori e sindaco. Un contributo che forse sarebbe stato utile sentire all’inizio, in modo da sviluppare un confronto con i lavoratori, i sindacati e la politica. Un confronto in cui comunque sarebbe mancato l’interlocutore principale: l’Agenzia dei beni confiscati.
Assenza rilevata con rammarico anche dal segretario della Filcams Cgil di Trapani,  Anselmo Gandolfo, che in un comunicato stampa fa sapere che “il consiglio comunale aperto era stato convocato proprio per intraprendere un'azione sinergica tra le parti per individuare soluzioni per i settantasette lavoratori del centro distribuzione”.

Ad ogni modo, il consigliere Calamia del Pd, ancor prima di apprendere le notizie dal prefetto, aveva proposto un atto d’indirizzo in cui delegare il presidente del consiglio comunale ad incontrare l’Agenzia dei beni confiscati, insieme allo stesso prefetto, per ottenere delle risposte in tempi brevi.
Pochi giorni fa invece, la senatrice Orrù ha presentato un atto ispettivo al Ministro dell’Interno e al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, chiedendo “quali azioni intendano porre in essere per agevolare l’individuazione della migliore soluzione che possa tutelare anche i lavoratori del Centro Distribuzione, giungendo a concludere positivamente l’intera vicenda”.

Il Prefetto ha anche detto la sua sull’equivoco relativo alla percezione di azienda sana da parte degli ex lavoratori del gruppo: “Voi non dovete dire che quello che è stato sequestrato era sano. Sani erano i lavoratori che ci lavoravano onestamente, massimo rispetto. Ma se qualcuno non viveva nella legalità e quindi in qualche modo barava e non rispettava le regole, è chiaro che chi viene dopo, capace o incapace, ha grandissime difficoltà a rimanere negli stessi standard rispettando le regole. Questo al di là del discorso degli amministratori giudiziari, bravi o non bravi, che è da cambiare, non c’è dubbio. Ad un amministratore non bastano 24 ore per gestire una sola azienda. Passando però da un sistema di non rispetto della legalità ad uno in cui questa invece viene rispettata, servono persone capaci e deve andare tutto bene”.

Ma sulla gestione degli amministratori giudiziari, l’intervento di Salvatore Seidita, ex lavoratore del gruppo ed ex assessore di transizione della Giunta Errante non ha fatto molti sconti: “la cattiva gestione degli amministratori ha portato al fallimento dell’azienda. Una ‘mala gestio’ fatta anche di regali ai punti vendita fino a 24 milioni nel 2013. Non è che noi non c’eravamo accorti di nulla, ma la risposta che ci davano loro era sempre la stessa: ‘Voi fate il vostro lavoro e noi facciamo il nostro’. Fiduciosi nelle istituzioni, non volevamo contrapporci. Gli amministratori della Gruppo 6, gestivano contemporaneamente i punti vendita, dove arrivava merce regalata: emettevamo fatture e non ricevevamo mai un centesimo. Di conseguenza i fornitori non venivano più pagati. Sostanzialmente si sono mangiati 14 milioni e mezzo di euro di capitale interno versato. Alla fine i beni non sono stati restituiti alla collettività, ma ai topi. Non era un’azienda sovradimensionata. L’hanno sovradimensionata loro, con un sacco di assunzioni, compresi direttori commerciali con contratti da 8 mila euro al mese che da noi non esistevano”.

Intanto Falco ha assicurato che la prossima settimana si metterà in contatto con Postiglione. Ci sarà da aspettare. Ancora.

Egidio Morici