Prima dell’arresto di Monsignor Patrizio Benvenuti, avevamo già parlato dello scandalo Kepha e della sparizione di 30 milioni di euro. Oggi, l’alto prelato 64enne di origini argentine è accusato di truffa ai danni di più di 200 persone, prevalentemente belgi. Persone che non hanno affatto versato somme di denaro in beneficienza, ma investito in obbligazioni ad altissimo rendimento.
Soldi spariti già prima dell’ottobre 2014, quando esplose lo scandalo Kepha Invest in Belgio.
Ma di Kepha ce ne sono due. La Invest, per produrre utili, e la Onlus, fondazione senza scopo di lucro. L’una, ossatura economica dell’altra, ma presiedute sempre dallo stesso Benvenuti.
Qualche giorno fa, in Italia, la Guardia di finanza ha sequestrato in via preventiva anche la villa che fu di Elisa Bonaparte a Piombino ed il CAM (Centro Archeologico Museale) di Castelvetrano, nella borgata di Triscina di Selinunte, patrimoni della fondazione.
L’affarista 54enne Christian Ventisette, stretto collaboratore del monsignore, è invece latitante da un po’ e ricercato da un mandato di cattura internazionale.
Secondo la procura di Bolzano, il monsignore e l’affarista sarebbero stati «promotori e organizzatori di un’associazione a delinquere, attiva sul territorio nazionale ed estero, finalizzata alla commissione di svariati e ripetuti reati di truffa, riciclaggio e tributari, coinvolgendo persone e società collocate in Francia, Belgio, Svizzera, Lussemburgo, Stati Uniti e Italia».
In Italia però la sparizione dei 30 milioni, avvenuta più di un anno fa, non è mai diventata una notizia, fino all’inchiesta di Tp24 e, due giorni dopo, all’arresto di Monsignor Benvenuti. La vendita della Villa di Piombino e le difficoltà del CAM sono state invece ampiamente trattate dai media locali. Nel febbraio 2015 i giornali diffondevano le dichiarazioni di Benvenuti su un progetto per evitare la vendita della villa, affinché restasse come memoria storica della città di Piombino. Mentre nello scorso agosto veniva lanciata una raccolta fondi on line, finalizzata alla ripresa degli scavi archeologici del CAM. Un target di un milione di euro che però si chiuse racimolando soltanto 22 euro.
Intanto l’avvocato Giovanni Miceli, direttore del CAM ed uno dei difensori di Patrizio Benvenuti, ci ha inviato una nota che pubblichiamo integralmente:
“L’ampia risonanza mediatica verificatasi all'esito del "comunicato stampa" diramato dalla GDF di Brunico e relativo all’esecuzione dell’ordinanza del GIP di Bolzano con cui Don Patrizio Benvenuti è stato ristretto agli arresti domiciliari ci induce ad alcune precisazioni, attesa l’avvenuta fissazione dell’udienza per il riesame del 19 febbraio p.v. innanzi il Tribunale della libertà di Bolzano.
1) Non corrisponde assolutamente al vero la circostanza secondo la quale don Patrizio sarebbe stato fermato nell’atto di recarsi all'estero. In realtà don Patrizio ha sporto querela dettagliata ed articolata sui fatti per cui si procede fin dai primi mesi del 2014, quindi prima ancora della querela che ha originato il provvedimento e l'indagine oggi oggetto dell'attenzione dei media. Sin da subito don Patrizio si è messo a disposizione degli inquirenti e proprio dagli inquirenti romani si stava recando accompagnato dall'avv. Quercetani quando veniva raggiunto da una telefonata della GDF di Brunico che lo invitava a rientrare a Genova per essere poi sottoposto alla misura cautelare;
2) don Patrizio non si è mai occupato di amministrare o movimentare denaro. Ha invece dato vita alla Fondazione Kepha conferendo in essa, nel tempo, la sua eredità familiare (circa euro 500.000) mettendo quindi a disposizione tutti i propri beni a servizio della fondazione e quindi dei destinatari delle opere di questa; purtroppo l'incontro con il finanziere Christian Ventisette, presentatosi inizialmente quale benefattore disinteressato, ha condotto don Patrizio ad affidarsi (omettendo i dovuti controlli) completamente a questi, che organizzava, promuoveva e disponeva in totale autonomia e con la collaborazione di un nobiluomo belga di una raccolta di denaro “spacciata” dal Ventisette e dai suoi sodali come legittima forma di raccolta del risparmio garantita da pareri allegati al programma finanziario sottoscritti da primarie società di revisori di conti;
3) è stato dato ampio risalto al fatto che il sacerdote vivesse nel lusso, proprietario di ville quattrocentesche e centri museali. È' sufficiente una semplice visura nella conservatoria dei Registri Immobiliari per constatare come don Patrizio non possegga alcun bene immobile. La fondazione invece è proprietaria di Villa Vittoria a Piombino e del Campo Archeologico Museale a Triscina di Selinunte. Entrambi gli immobili sono stati acquistati dalla Fondazione per gli scopi della stessa con accensione di mutui ipotecari e con risorse donate a don Patrizio dai familiari di questi (oltre un milione di euro versati a mezzo bonifici e dunque tracciabili); a questo scopo furono gravate da ipoteca anche proprietà dei suoi stretti familiari.
4) la vicenda che ci occupa ha interessato, per iniziativa dello stesso don Benvenuti, il Procuratore del Re in Belgio già da due anni. In tutto questo tempo don Patrizio ha collaborato con la giustizia belga che ha spiccato un mandato di cattura internazionale contro Christian Ventisette mentre alcun provvedimento restrittivo della libertà personale è stato richiesto da quella Procura a carico del sacerdote italiano. Di ciò alcuna notizia è stata data da parte dei media italiani nonostante l'inchiesta belga abbia avuto pubblicità sui media di quei paesi già da molti mesi.
5) La figura di don Patrizio e il suo encomiabile operato sono messi in giusta luce dal suo “Stato di Servizio Militare” che abbraccia trent’anni di attività pastorale presso le Forze Armate d’Italia. Stato di Servizio elaborato dall’Autorità Militare e da quella Ecclesiastica.
Attendiamo perciò fiduciosi gli esiti della giustizia, certi che nelle opportune sedi sarà chiarita incontrovertibilmente la posizione di don Patrizio Benvenuti.
Egidio Morici