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05/03/2016 02:07:00

Mafia e informazione, la Camera approva la risoluzione di Fava per tutelare i giornalisti

L'aula della Camera ha approvato la relazione della commissione antimafia sulle minacce e le pressioni ai giornalisti da parte della criminalità organizzata. "La relazione della commissione antimafia - ha spiegato ad askanews il relatore del documento, il vicepresidente della commissione Claudio Fava - è la prima che venga dedicata, nella storia della commissione antimafia, al rapporto tra mafia e informazione. Una relazione che non vuole celebrare, né semplicemente offrire solidarietà ai troppi giornalisti minacciati o che hanno subito violenze in questi anni, ma che vuole provare a proporre rimedi. Sul piano normativo al Parlamento ma anche sul piano sociale, facendosi carico ad esempio della estrema condizione di precarietà in cui molti dei giornalisti minacciati vivono, e questa precarietà economica diventa solitudine, diventa maggiore esposizione rispetto ai rischi".

"Abbiamo provato - ha sottolineato ancora Fava - ad affrontare anche un altro tema delicato e doloroso, che è il modo in cui una parte per fortuna minoritaria dell'informazione ha scelto la via della reticenza o del consociativismo e come tutto questo abbia giovato poco alla qualità che del racconto di questi anni è stato fatto. Abbiamo voluto fare uno spaccato onesto e necessario, affidato alle parole, alle testimonianze, al racconto dei trentacinque giornalisti che a vario titolo abbiamo ascoltato, e il loro racconto, la loro ricostruzione era un pezzo della cronaca di questo paese di cui non possiamo fare a meno".

DON CIOTTI E LA CHIESA. “La Chiesa che non coglie la rilevanza sociale della mafia, parlandone al limite soltanto come un fatto criminale, è in parte figlia di quella concezione della fede che si è opposta o ha accolto solo in parte il grande rinnovamento del concilio Vaticano II, la speranza di una Chiesa del mondo e nel mondo, attenta a quelli che Papa Giovanni definì i segni dei tempi, presente nella storia non tanto per affermare o difendere la dottrina, ma per farne strumento di Vangelo, cioè di liberazione dell’ uomo anche su questa terra”. Lo scrive don Luigi Ciotti sull’Osservatore Romano.

Il presidente di Libera sottolinea che “in certe sue espressioni la Chiesa non solo è stata tiepida sulla questione mafiosa, ma che tolleranza e sommarietà di giudizio sono sfociate a volte in comportamenti ambigui se non apertamente complici. Ha giocato qui un ruolo determinante il terribile equivoco sulla religiosità dei mafiosi, religiosità ostentata quanto strumentale che ha permesso loro di accreditarsi come cristiani devoti e di ottenere indulgenze non dovute” In merito, don Ciotti cita padre Bartolomeo Sorge che fu direttore del Centro Arrupe di Palermo: “Non si potrà mai capire come mai i promulgatori del Vangelo delle beatitudini non si siano accorti che la cultura mafiosa ne era la negazione. Il silenzio, se ha spiegazioni, non ha giustificazioni”.