Cos’è esattamente “Contro l’Antimafia”, il nuovo libro di Giacomo Di Girolamo? Un pamphlet? Un anatema? Un’invettiva? Un redde rationem? Una spietata radiografia del sempre più complicato ‘Pianeta Antimafia’? Convincente appare l’ipotesi, formulata giorni fa da Loredana Lipperini, a ‘Farehneit’, nel corso dell’intervista all’acrobatico “Volatore”: “un disperato tentativo di ridare senso all’Antimafia”. E’ da questa prospettiva che avrei voluto parlare dei tanti meriti e delle criticità del libro, l’altra sera, alla Biblioteca di Marsala,durante l’incontro organizzato da “Otium” e “moderato”da Bolzoni. Ma, purtroppo, quella sera,dalle già malferme sponde del prevedibile, tempestoso dibattito, siamo subito precipitati in una vacillante terra di mezzo, funestata da un gelido vento di disamistade. Che, investendo i malcapitati astanti – schierati “a misura di braccio, a distanza d’offesa” – tutti li ha trascinati, loro malgrado, dentro un fosco scenario da psicodramma. Provo, ora, quindi, a dire del libro e di quel che ho visto e ascoltato, quella fatidica sera. Opinioni, in gran parte, generate da un confronto appassionato,veemente ma ‘alto’ e, per fortuna, non solo nei toni, celebrato – nell’eclisse totale dei corpi intermedi e financo dei luoghi fisici deputati al civile confronto di opinioni tra i cittadini – in una delle rare, inattaccabili agorà ancora operative: la piccola comunità dei miei amici di una vita,con i quali,da sempre,discuto, col coltello tra i denti, dei problemi della polis e, più in generale, di questo nostro sventurato Paese. Prima di iniziare, però,m’é parso giusto sgombrare il campo da un equivoco che poteva affondare il confronto sotto una coltre di misunderstanding: non avendolo ancora letto,per evidenti motivi di tempo,i miei preziosi interlocutori,loro malgrado,potevano,essere indotti a pensare che il tono del libro potesse essere quello usato da Sordi-Marchese Del Grillo ( “Io sò io e voi nun siete un c....!” ). Il tono, invece, è amaro, accorato, dolente: Di Girolamo, non si auto-celebra: “Sono io il vero antimafioso, il resto è solo facciata, cartapesta, operetta”. Anzi, prima di registrare quella del movimento antimafia, ci racconta della sua personale sconfitta. Debilitante, ma non al punto di farlo desistere dal continuare a scandagliare gli interna corporis dell’Antimafia. Cosicchè, se in “Cosa Grigia” l’autore aveva descritto lo stato dell’arte di ‘Cosa Nostra’– azzerando diversi stereotipi, proponendo più efficaci paradigmi – oggi, con questo suo ‘conte philosophique’, toglie il ‘velo di Maya’all’ “antimafia reale”: opportunismi, affari, carriere, “ricchi premi e cotillons”. Si badi bene, niente di nuovo sotto il sole: accade a tutti gli organismi che, cresciuti troppo e troppo in fretta, ad un certo punto impongono alle figure più rappresentative di adottare rigidi criteri di selezione delle classi dirigenti. E, a maggior ragione, quelle del variegato movimento antimafia, per motivi ampiamente intuibili, dovranno risultare affidabili, competenti, creative: solo così potranno governarne e guidarne l’impetuoso, caotico sviluppo. Magari,sventando sul nascere, un devastante ‘effetto boomerang’ in grado di polverizzare quanto di utile, di buono, di bello il movimento, nel suo complesso, ha saputo realizzare nel corso dell’ultimo ventennio. Ma, al di là di queste note preliminari, ecco alcune delle obiezioni dei miei commensali. Non poche accettabili, altre destinate a fungere da bersaglio privilegiato dei miei strali. Plausibili, mi sono sembrate, le seguenti osservazioni: 1) L’Autore attacca i tifosi felpamuniti di “Libera”: è così sicuro che il “tifo” (e tanto di ciò che sottende: bisogno di “appartenenza”, urgenza di partecipare, necessità di uscire dall’anomia, fuga dalla “ Waste Land” dell’indifferenza)sia, sempre e comunque,un ‘sentiment’ totalmente negativo? 2) L’intera narrazione scorre su un pericolosissimo crinale: Di Girolamo, in molti frangenti, sembra voler gettar via, oltre all’acqua sporca, anche il bambino.. 3) Quello sui “professionisti dell’antimafia”, è un vecchio argomento, lo sollevò Sciascia anni fa.. Ad esse, ove mai ne avesse voglia, lascio all’autore l’incombenza di rispondere. Io, invece, mi prendo la briga di replicare alle obiezioni e ai giudizi che non ho condiviso. “E’ un’opera che demolisce, sotterra, disintegra ogni residuo barlume di speranza..”. Non sono per niente d’accordo: l’autore non chiude, affatto, la porta ad ogni aspirazione di rinascita del movimento antimafia. “Contro l’Antimafia”, é un’opera che, semmai, intende arginare il crollo verticale di credibilità del movimento, analizzandone lucidamente contraddizioni e limiti e proponendone una rinascita fondata su una parola: ‘Re-spon-sa-bi-li-tà’. Del resto, é in buona compagnia, Di Girolamo, quando chiede all’arcipelago di Associazioni, Nomi e Numeri ‘Contro le Mafie’, di trovare nuovi e più efficaci criteri per selezionare una classe dirigente davvero all’altezza delle sfide che il movimento antimafia, oggi, ha davanti. Medesima richiesta, ha formulato uno dei più prestigiosi dirigenti di “Libera”: Franco La Torre. E, per lesa maestà, l’ingombrante eretico è stato delicatamente messo alla porta. Con un SMS... “Bolzoni, più che moderare, ha, prima,più volte interrotto e, poi, definitivamente zittito l'avvocato Peppe Gandolfo..” Premesso che, pur nelle ambasce attuali, all’avvocato antimafia, si poteva almeno concedere “l’onore delle armi”, per essere stato, a Marsala e nel trapanese, l’antesignano di “Libera” e dell’ Antiracket, a coloro che ritengono l’editorialista de “la Repubblica” sia stato troppo petulante nel ruolo di moderatore, si potrebbe replicare che è troppo facile dire – adesso! – come sarebbe andata la serata, se non ci fosse stato Attilio Bolzoni a coordinarla. Se, infatti, a tratti, é parso esagerato il suo pressing su Peppe Gandolfo, è pur vero che il tono s’è fatto perentorio allorquando il professionista – con tecnica di dubbio conio – ha cercato di tirar dentro l’autore, nella gestione opportunistica del sodalizio: dal pateracchio delle richieste di costituzione di parte civile, con cui ha, inopinatamente, inondato i tribunali di mezza Italia, all’entità e all’impiego dei relativi proventi e delle correlate parcelle. “Dal cielo plumbeo che incombe sui destini dell’antimafia, Di Girolamo non lascia penetrare nemmeno un debole raggio di sole. Eventuali notizie di sparute ‘best pratics’ disseminate in giro per il Belpaese? Non pervenute”. Montante, Saguto, Helg e, per restare sul pezzo, Adriana Musella: basterebbero questi nomi a togliere l’aureola al movimento antimafia. Ciononostante, qualche timido raggio di sole, non bisogna mai stancarsi di farlo filtrare: la “Calcestruzzi Ericina”, sul versante dei beni confiscati. Qualche agguerrito presidio di “Libera”, disseminato sull’italico suolo. Qualche dignitoso Progetto di ‘Educazione alla Legalità’, realizzato nelle scuole. Qualche proficuo percorso ideato per ‘minori a rischio’, altrimenti destinati al circuito penale. Non mancano, di certo, le ‘Buone Pratiche’ da segnalare: e, tra quest’ultime, per paradosso, una nicchia dovrebbe essere riservata proprio alla vicenda del “cronista a chilometro zero”. Un cronista di razza che, dagli insondabili abissi della provincia di Trapani –“la più mafiosa d’Italia”- ci racconta (dal portale, dalla radio, dalle pagine dei suoi libri) la catastrofe antropologica, prima che etica, politica, culturale dell’ex-Belpaese. Senza concedere sconti a nessuno. Da autentico mastino, a guardia della sempre più precaria fattoria del cittadino. Non da ‘giornalista antimafia’: da giornalista e basta.
G. Nino Rosolia