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07/03/2016 06:50:00

Mafia, continua processo a Marsala. "Rifiuti illegali", in aula le intercettazioni

 Continua spedito il processo alla mafia marsalese scaturito dall’operazione The Witness. Oggi si torna in aula per scorrere il lungo elenco di testi chiamati a deporre, tocca a quelli convocati dalla difesa degli imputati. E alla sbarra ci sono Antonino Bonafede, vecchio “uomo d’onore”, Martino Pipitone, ex impiegato di banca anche lui in passato arrestato per mafia, e il pastore incensurato Vincenzo Giappone. Nell’ultima udienza è stata trattata l’ipotesi di intestazione fittizia.Quattro i testi ascoltati. E cioè quelli citati dall’avvocato Stefano Pellegrino, difensore di Pipitone. E’ lui, infatti, l’imputato accusato di intestazione fittizia. Sul pretorio sono saliti un consulente e un fiscalista, Luca Indelicato e Baldassare Ferro, che hanno detto che quando fu costituita la ditta di commercio all’ingrosso di materiale ferroso che per l’accusa era in realtà dell’imputato ebbero a che fare “solo” con i coniugi Sebastiano Angileri e Vita Maria Accardi, già condannati con rito abbreviato dal gup di Palermo. Due clienti, Cordio e Altomonte, hanno poi riferito che Pipitone “era magazziniere addetto alle vendite”.


Aimeri, Sicilfert e i “rifiuti illegali”. In aula le intercettazioni con Papania

Va avanti, ed entrano in scena intercettazioni che potrebbero essere determinanti, il processo, in Tribunale, a Marsala, scaturito dall’indagine Dda sul sistema, secondo l’accusa “illegale”, di raccolta e smaltimento dei rifiuti gestito dall’Ato Tp1. Oggi infatti verrà dato l’incarico al perito che dovrà trascrivere, come chiesto dal pm Carlo Marzella, una parte delle conversazioni intercettate tra Alestra e l’ex senatore del Pd Nino Papanìa.
Durante l’ultima udienza il sindaco di Erice Giacomo Tranchida è stato ascoltato come teste d’accusa, Un’indagine scattata anche su denuncia del sindaco della vetta, che in aula ha detto: “Ho fatto svolgere le verifiche direttamente ai cittadini. E’ stata una sorta di indagine per vedere se l’Aimeri svolgeva il servizio di raccolta dei rifiuti correttamente o no. E dopo avere raccolto una serie di informazioni, ho segnalato quanto emerso all’Ato affinché venissero disposte le penalità”. Nel processo sono imputati l’ex direttore dell’Ato Tp1, Salvatore Alestra, il direttore dell’area Sud dell’Aimeri Ambiente, Orazio Colimberti, entrambi accusati di corruzione, il capo impianto del cantiere di Trapani, Salvatore Reina, nonché Michele Foderà, amministratore di fatto della “Sicilfert” di Marsala, Pietro Foderà, socio e responsabile dei conferimenti alla Sicilfert, e Caterina Foderà, responsabile amministrativo della stessa azienda, che nello stabilimento di contrada Maimone trasforma i rifiuti in fertilizzanti. Alestra, secondo l’accusa, non avrebbe denunciato i “disservizi” di Aimeri per ottenere favori da Colimberti (a mediare tra Ato e Aimeri ci sarebbe stato l’allora senatore del Pd Nino Papania), mentre agli altri è contestato il conferimento e il traffico “illecito” di oltre 47 mila tonnellate di rifiuti. Tranchida, comunque, ha risposto solo ad alcune domande a “chiarimento” fatte dall’avvocato difensore di Alestra (Vito Agosta) e del legale di parte civile del Comune di Erice. Per il resto, si è deciso di acquisire al dibattimento i verbali delle precedenti dichiarazioni rese agli inquirenti. Stessa cosa è stata fatta anche per le dichiarazioni dell’ex sindaco di Calatafimi, Nicolò Ferrara. Nel processo, sono parti civili il ministero dell’Ambiente, i Comuni di Marsala, Erice e Paceco, rappresentati rispettivamente dagli avvocati Angelo Nicotra, Luigi Cassata, Enzo Ranno e Vincenzo Maltese. E inoltre le associazioni “Codici” Onlus, Sicilia e Ambiente, il Movimento difesa del cittadino, Wwf e Legambiente, con gli avvocati Gandolfo, Bambina e Pipitone. A difendere gli imputati sono Massimo Mattozzi, Diego e Massimiliano Tranchida, Vito Agosta, Valentina Castellucci, Giuseppe Cavasino e Paolo Paladino. Dall’indagine della Dda è sostanzialmente emerso che l’Aimeri Ambiente “sin dall’inizio” non avrebbe differenziato i rifiuti, vanificando così l’opera di migliaia di cittadini, ai quali, per altro, negli ultimi anni sono state recapitate bollette sempre più salate. A Marsala praticamente triplicate nel giro di un triennio. Il nuovo sistema, infatti, ha visto aumentare a dismisura, come evidenziato dalla commissione consiliare d’inchiesta presieduta dal socialista Michele Gandolfo, il costo di raccolta e smaltimento dei rifiuti. E la ‘’differenziata’’, che ha richiesto l’impiego di un maggior numero di netturbini, secondo gli investigatori, in realtà non sarebbe stata attuata. Vanificando così anche l’impegno di quei cittadini che, quotidianamente, hanno separato i vari tipi di rifiuti.


Malocchio ed estorsioni. Oggi la sentenza

Dovrebbe arrivare oggi la sentenza al processo che vede imputati un petrosileno e un mazarese per estorsione. Un’estorsione (o una truffa come il pm Trainito ha chiesto di riqualificare il reato) commessa minacciando un male che trova la sua ragion d’essere solo nell’ignoranza e nella superstizione. Marco Buffa, 42 anni, di Petrosino, e Antonino Manciaracina, di 50, di Mazara, avrebbero, infatti, ottenuto ben 6 mila euro dalla titolare di un bar paninoteca di via Marsala, a Mazara, dicendole che aveva addosso il “malocchio” e loro potevano eliminare il problema se lei avesse pagato. Per Buffa e Manciaracina, il pubblico ministero ha chiesto un anno e mezzo di carcere e 800 euro di multa. Vittima della presunta estorsione/truffa è stata una signora di Mazara, che per paura, spiega il legale di parte civile, avvocato Antonella Figuccia, ha pagato, “impegnando anche una collana d’oro del marito e attingendo a denaro che la figlia aveva avuto in regalo”. “Ti faremo chiudere il locale” sarebbe stata la minaccia. Un giorno, Manciaracina avrebbe fatto finta di sentirsi male dentro il suo locale per poi convincerla che “c’erano gli spiriti”. A un certo punto, però, per fortuna, la vittima ha capito quelle che le stava accadendo. “Tutta Mazara ha riso di me” ha detto quando è stata ascoltata nel processo. A difendere i due imputati sono gli avvocati Luisa Calamia e Marilena Messina. “Nessun cliente del locale – ha affermato quest’ultima – ha assistito a minacce”.