14,40 - "In questi anni abbiamo assistito a situazioni sorprendenti, come il fatto da parte di alcuni di apparire come intoccabili, benefattori della societa' civile, e poi invece comportarsi esattamente come i mafiosi. E' un sistema che ormai viene adottato da parecchi, l'antimafia di facciata dietro la quale si nascondono reati anche di notevole entita'". Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo, Maria Teresa Principato, in merito all'operazione antimafia dei carabinieri che nel trapanese ha portato all'arresto fra gli altri di un imprenditore antiracket, Vincenzo Artale.
"Occorre una grande professionalita' - ha aggiunto il magistrato - per capire che sono solo aspetti esteriori, anche perche' Artale aveva subito dei danneggiamenti ai cantieri e li aveva denunciati. Era vittima della mafia, ma al contempo colluso e si giovava delle intimidazioni di Cosa nostra per ottenere delle commesse".
13,40 - “Grazie ai Carabinieri della Compagnia di Alcamo e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani è stato possibile mettere a segno un altro colpo contro la criminalità organizzata. Ancora una volta magistratura e forze dell'ordine danno un segnale di speranza: è possibile continuare la lotta contro ogni forma di malaffare”. Lo afferma il presidente di Confindustria Trapani, Gregory Bongiorno, commentando l’operazione che oggi ha portato all’arresto del capo famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo e di altri quattro affiliati. “Il fatto che tra gli arrestati – continua Bongiorno – ci sia anche un imprenditore iscritto all'associazione antiracket di Alcamo fa capire quanto sia importante non abbassare mai il livello di guardia. Vicende come questa rischiano, infatti, di vanificare il lavoro fatto in tanti anni e dare forza a quanti cercano di confondere le acque. Conforta il fatto che al risultato di oggi si sia pervenuti grazie alle denunce di altri imprenditori. Questa è l'unica strada da perseguire, questo l’atteggiamento che dobbiamo continuare ad incoraggiare”.
12,10 - Il Presidente dell’Associazione Antiracket ed Antiusura Alcamese Vincenzo Lucchese Vincenzo, appresi i fatti di cronaca che hanno visto coinvolto ed arrestato l’imprenditore Vincenzo Artale socio della stessa Associazione antiracket dichiara:
La giustizia deve fare il suo corso senza guardare in faccia nessuno, soprattutto nei confronti di soggetti che intendono utilizzare l’antimafia per fini personali, l’Associazione, impegnata in un percorso di rinnovamento e di riorganizzazione, intende continuare ad essere un punto di riferimento alla lotta al racket ed all’usura come lo è stata sin dai primi anni della sua costituzione ottenendo numerosi risultati positivi con condanne già definite in Cassazione contro usurai e estorsori a seguito di indagini su denuncie proposte dai soci, tra cui lo stesso Artale che, all’epoca dei fatti, ha contribuito in maniera determinante nell’ambito dell’operazione “Cemento Libero – Abele” ottenendo i benefici previsti dalla normativa a seguito della rigida istruttoria con il parere favorevole degli organi preposti. Inoltre la detta Associazione è stata riconosciuta parte civile in numerosi procedimenti penali contro il racket delle estorsioni, dell’usura e della criminalità organizzata di stampo mafioso.
Il Presidente ha immediatamente convocato il consiglio direttivo per procedere all’espulsione formale del socio, "che ha palesemente violato e tradito le finalità dell’Associazione, e delibererà anche la costituzione di parte civile nell’instaurando procedimento penale". E ancora, si legge nella nota: "I fatti accaduti lasciano sgomenti il consiglio direttivo ed il presidente, i quali intendono rilanciare le finalità istituzionali dell’Associazione partendo dalla rivisitazione dello statuto e predisponendo un calendario delle attività soprattutto nelle scuole, coinvolgendo i giovani".
11,20 - Ecco la nota stampa diramata dai Carabinieri sull'operazione antimafia di oggi che ha ricostruito la presenza di Cosa nostra a Castellammare del Golfo. Nell'operazione ci sono stati cinque arresti, ma ci sono anche sette persone indagate a piede libero, e sono stati impiegati 100 uomini delle Forze dell'ordine. Tutto trae origine da una serie di attentati incendiari compiuti a Castellammare del Golfo nel 2012. Da lì gli investigatori hanno ricostruito il giro di estorsioni, che prevedeva l'imposizione alle ditte del settore edile del calcestruzzo di Cosa nostra. Ecco il comunicato dei Carabinieri:
Nel quadro delle attività investigative finalizzate alla ricerca di Matteo MESSINA DENARO ed al depotenziamento del sistema economico-imprenditoriale riconducibile a Cosa Nostra trapanese che vede a capo il latitante, questa mattina, alle prime luci dell’alba, militari della Compagnia di Alcamo e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani, con oltre 100 carabinieri, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Palermo su richiesta della locale DDA, nei confronti del capo famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo, SARACINO Mariano, classe ’47 e di altri quattro affiliati, TURRICIANO Vito, classe ‘46, BADALUCCO Vito, classe ‘57, BADALUCCO Martino, classe ‘81, ARTALE Vincenzo, classe 52, per le ipotesi di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, intestazione fittizia aggravata, furto e violazione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
L’odierna ordinanza scaturisce dal meticoloso lavoro investigativo condotto dalla Compagnia Carabinieri di Alcamo e diretto dalla DDA di Palermo a partire dal gennaio 2013. Due anni di complesse attività d’indagine che hanno permesso di far emergere l’attuale organigramma mafioso della cupola castellammarese operante in uno degli storici territori controllati da Cosa Nostra trapanese. Nello specifico, il tutto scaturiva da una recrudescenza di attentati incendiari ai danni di imprenditori operanti nell’edilizia nel territorio del comune castellammarese sul finire del 2012. La susseguente attività permetteva di comprendere come i danneggiamenti ai mezzi e veicoli del settore dell’edilizia e del movimento terra si collocassero in un contesto mafioso legato alla famiglia di Castellammare del Golfo, facente parte del mandamento di Alcamo, che vede al vertice SARACINO Mariano già condannato per associazione mafiosa ed altro e da sempre legato alla famiglia alcamese dei Melodia.
In particolare, le investigazioni si concentravano su un gruppo di soggetti che, attraverso condotte riconducibili alle modalità operative di Cosa Nostra, imponevano la fornitura di calcestruzzo a diversi imprenditori impegnati in lavori privati o in opere pubbliche.
È stata dimostrata la volontà della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo di favorire ARTALE Vincenzo, responsabile di una società operante nel settore del calcestruzzo, per garantire allo stesso una posizione di forza all’interno del mercato del calcestruzzo stesso. I sodali infatti costringevano con pressioni ed intimidazioni i committenti di lavori privati o le ditte appaltatrici a rifornirsi di cemento dal predetto imprenditore. Grazie a tale acquisita posizione, ARTALE riusciva ad aggiudicarsi tutte le maggiori forniture nei lavori in zona.
Oltre alle 5 misure in carcere sono stati altresì notificati 6 informazioni di garanzia nei confronti di altrettanti soggetti responsabili a vario titolo di intestazione fittizia di beni e favoreggiamento personale, per tutti con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa denominata cosa nostra.
Diversi sono stati infine gli episodi estorsivi, anche con il classico metodo della messa a posto, accertati nel corso dell’indagine, alcuni dei quali rilevati anche con la collaborazione delle vittime.
Nel corso dell’operazione è stata sequestrata inoltre l’azienda “SP Carburanti s.r.l.”, con sede legale a Castellammare del Golfo, considerata fittiziamente intestata a prestanome, ma riconducibile alla famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo.
09,20 - I nomi delle persone coinvolte nell'operazione di oggi. E' stato arrestato il capo della famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo, Mariano Saracino, 69 anni, e Vito Turriciano, 70 anni, Vito Badalucco, 59 anni e Vincenzo Artale, 64 anni. Sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione aggravata, danneggiamento aggravato, fittizia intestazione aggravata, frode nelle pubbliche forniture e furto.
07,00 - Operazione antimafia alle prime luci dell'alba ad Alcamo e Castellammare del Golfo. Ci sono stati anche arresti per estorsione. Nel quadro delle attività investigative finalizzate alla ricerca di Matteo Messina Denaro ed al depotenziamento del sistema economico-imprenditoriale riconducibile a Cosa Nostra trapanese che vede a capo il latitante, stamane, alle prime luci dell’alba, militari della Compagnia di Alcamo e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani hanno dato esecuzione a 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti del capo famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo e di altri quattro affiliati, tra cui alcuni imprenditori, per le ipotesi di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, danneggiamento aggravato, fittizia intestazione aggravata, frode nelle pubbliche forniture e furto.
I dettagli saranno resi noti durante la Conferenza Stampa che si terrà in data odierna alle ore 11:00 presso il Tribunale di Palermo “aula M”.
Tra gli arrestati c'è anche l'imprenditore "simbolo" dell'antiracket Vincenzo Artale, dell'associazione antiracket di Alcamo (era anche nel collegio dei probiviri dell'associazione) Nel 2006 Artale aveva denunciato alcuni esattori del pizzo. Ma in realtà era in affari con i boss, ed è finito in manette assieme a loro, con l’accusa di tentata estorsione, aggravata dal favoreggiamento a Cosa nostra. Artale avrebbe avuto uno sponsor d’eccezione, il nuovo capo della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo, Mariano Saracino, anche lui un tempo imprenditore del settore del calcestruzzo (e anche lui che aveva cominciato come "vittima" del pizzo...), era già stato arrestato una prima volta nel 2000 perché ritenuto vicino a Cosa nostra. Con Artale e Saracino sono state arrestate altre tre persone. Saracino poco tempo fa ha subito un sequestro di beni per un valore di 45 milioni di euro.
Tra i lavori figura anche una manutenzione stradale appaltata dall’Anas. «Il cemento lo portiamo noi» era la parola d’ordine, e quando l’imprenditore di turno o il capo cantiere facevano finta di non capire, ecco che scattavano gli appostamenti e gli incontri fin sotto la casa dei malcapitati. E le minacce: «Deve dire al suo capo che deve imparare a bussare quando arriva in un posto». «Se tu vieni a Castellammare è giusto che fai quello che devi fare... altrimenti non ci vieni a Castellammare».
L'ordinanza firmata fa riferimento al contenuto di intercettazioni telefoniche e ambientali: alcuni imprenditori vessati hanno anche deciso di collaborare, raccontando degli incontri con Saracino o con suoi emissari. L'ordinanza ha previsto anche il sequestro, sempre a Castellammare del Golfo, di un'azienda di vendita carburanti, la Sp Carburanti srl, intestata ad una coppia prestanome di Saracino che vendeva abusivamente carburante agricolo.
ARTALE. Vincenzo Artale nel 2006 era un «padroncino» di Alcamo, proprietario di una betoniera con la quale ogni giorno andava a prendere cemento presso una impresa di Borgetto, paese della provincia di Palermo, molto vicino ad Alcamo. IL mezzo fu distrutto da un incendio nel 2006 e poche settimane dopo un’altra intimidazione riguardò la profumeria gestita ad Alcamo da sua moglie. Dalle denuncia di Artale, che poi ha fatto domanda per accedere al fondo delle vittime del racket, partirono le indagini che consentirono gli arresti di mafiosi ed estorsori.