Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
15/04/2016 09:00:00

Scrive Ivan Cappello: "Ecco perché il vino Marsala sta morendo"

Gentile Direttore,
Mi chiamo Ivan Cappello, sono un enologo e lavoro come tecnico viticolo in un’azienda vitivinicola biodinamica toscana.
Le scrivo con l’intento di risvegliare un dibattito sul vino Marsala, che tanto amo, e rompere un silenzio personale che dura da troppo tempo.
La voglia di scrivere mi è venuta proprio ieri, mentre leggevo in un sito internet che non conoscevo (capisco solo dopo che è un sito che fa satira), di un articolo che parlava di un Marsala al kiwi presentato al Vinitaly. Non può capire come mi sono arrabbiato, a tal punto da non capire che era una bufala. Ho pensato tra me e me: “ecco….è proprio vero che al peggio non c’è mai fine, ci mancava soltanto il Marsala al Kiwi”.
La verità è che avevo creduto a quella notizia non per ingenuità, ma perché quando si parla di Marsala mi posso aspettare di tutto.
Gentile direttore, per la prima volta voglio mettere da parte l’umiltà che mi contraddistingue e raccontarle chi sono. Mi reputo un esperto e grande appassionato di vino Marsala. Gli studi, la passione e il lavoro mi hanno portato a conoscere a 360° questo bellissimo vino. Da ormai più di 10 anni con le mie poche risorse economiche colleziono di tutto e di più sul Marsala. Faccio questa premessa per farle capire l’importanza che ha avuto per me quello che le racconto di seguito.
Nel Maggio dell’anno scorso, grazie ad una cantina “marsalista” per cui ho lavorato prima di trasferirmi in Toscana, ho realizzato un sogno. Ho tenuto una lezione con degustazione guidata sul vino Marsala ad una delle manifestazioni più importanti al mondo di vini fortificati. Dico d’aver realizzato un sogno, perché mi trovavo in Inghilterra a parlare, davanti a master of wine, giornalisti, appassionati e curiosi, del vino Marsala. Ero in una nazione che ha un fortissimo legame ed ha segnato la storia del Marsala, storia che purtroppo non conosce più nessuno. In realtà è il Marsala stesso ad essere un vino che non conosce più nessuno, chi ne ha sentito parlare ti dice con qualche dubbio “ quel vino dolce, vero?”, non avendo la minima idea di quello che è.
Nelle mie esperienze lavorative all’estero o durante i miei viaggi, vado sempre alla ricerca di vini siciliani e del Marsala; i vini siciliani li trovo spesso anche se la maggior parte sono imbottigliati al nord (non apro questo argomento, perché ci sarebbe molto di cui discutere), invece il Marsala purtroppo lo trovo raramente.
Le cantine marsaliste sopravvivono, economicamente parlando, grazie al Marsala Fine che vendono sfuso in grossi volumi all’industria alimentare (dolci, panettoni, carni in scatola, ecc).
Il Marsala è un vino agonizzante per tanti motivi: disciplinare obsoleto, troppe tipologie con conseguente confusione sul mercato, in media bassa qualità dei prodotti, mancanza di una linea di comunicazione da parte del consorzio di tutela e poi manca la gente che lo sappia raccontare in giro per il mondo e per assurdo anche a Marsala.
Voglio premettere che non ce l’ho con nessuno, sono soltanto molto arrabbiato nel vedere un vino come il Marsala, che ha grandi potenzialità, moribondo. Una delle colpe di sicuro deve essere attribuita al consorzio volontario di tutela che è un organismo morto, senza idee e senza idea di cosa deve fare. Pensiamo soltanto che l’ultimo articolo pubblicato sul sito ufficiale risale al 2011, ben 5 anni fa.
Non voglio sentire scuse o giustificazioni da nessuno, perché sono sicuro che qualcuno potrà dire che non ci sono i fondi per fare le cose.
Direttore, ci sono tante attività che il consorzio potrebbe portare avanti a costo zero sul territorio e in giro per il mondo. Nel territorio potrebbe cominciare organizzando dei corsi sul vino Marsala rivolto a proprietari ed impiegati di ristoranti, pub, winebar, enoteche e a chi ne ha voglia di partecipare, a cui insegnare come raccontare la storia, le tipologie del Marsala e soprattutto come e quando berlo. In giro per il mondo, per assurdo ci puoi andare comodamente da una scrivania, basta usare bene il WEB (world wide web = ragnatela mondiale).
Mentre il mondo va avanti e corre, noi siamo fermi a guardarlo. Stare fermi significa andare indietro, perdere quote di mercato e soprattutto perdere la forza del brand Marsala.
Dovremmo essere meno provinciali, ammettere che non è vero che il Marsala è conosciuto in tutto il mondo e invece capire che abbiamo una grande storia da pubblicizzare e raccontare, il vino Marsala se raccontato bene affascina ed è in grado di far innamorare gli appassionati di vino.
Negli ultimi 7 anni ho sempre provato a cercare una via per arrivare al consorzio o a qualcuno che avesse voglia di iniziare a parlare seriamente di Marsala, ma sistematicamente tutti mi dicevano (come si fa in Sicilia) “lascia stare”, “non hanno interesse a fare niente”, “ci sono dei poteri”, “daresti soltanto fastidio”, “non ti coinvolgeranno mai”. Adesso credo che sia arrivato il momento che qualcosa cambi, ci sono tanti miei colleghi e amici che hanno a cuore le sorti del vino Marsala ed a loro chiedo pubblicamente di unire la nostra passione e fare qualcosa di nuovo e propositivo.
Mi viene in mente Nino Barraco (assessore appena dimesso) che si era esposto, tutte le giovani generazioni delle aziende che producono Marsala (che da soli si muovono anche bene, ma in realtà c’è bisogno di fare rete, creare un tavolo di discussione permanente), ai tanti amici enologi con cui negli ultimi anni mi sono confrontato. Mi ripeto, adesso è arrivato il momento che qualcosa cambi.
Da marsalese chiedo a chi ha il potere (politico e non) di fare qualcosa, con umiltà e duro lavoro riprendiamoci quel titolo di capitale del vino e facciamo in modo che i nostri agricoltori non abbandonino i nostri bellissimi vigneti.

Ivan Cappello