La sorte di ruote, timoni, costosissimi pezzi di motore accatastati nell’aeroporto militare di Trapani: acquistati dagli Usa, mai utilizzati, rimasti dentro le casse. Dovevano essere consegnati all’Egitto a titolo gratuito. Poi il ripensamento dopo il caso Regeni
I pezzi di ricambio degli «F16», al centro di una appendice del «caso Regeni» e della polemica sull’emendamento del Senato che ne blocca la fornitura all’Egitto, sono ammassati a catasta in un hangar dell’aeroporto militare di Trapani. Inutilizzati da 4 anni. Da quando è scaduto il contratto stipulato dal governo italiano nel 2003 con gli americani della Lockheed Martin per il noleggio di 34 caccia F16, 12 dei quali dislocati a Cervia e 22 a Trapani. Nove anni di leasing. Interrotti quando la Difesa italiana ha scelto di dotarsi di aerei più sofisticati, gli Eurofighter.
I ricambi inutilizzabili
Gli accordi di quel leasing prevedevano però che l’Italia acquistasse i pezzi di ricambio. Una montagna di casse in gran parte rimaste imballate così come consegnate nel 2003. Ruote, timoni, costosissimi pezzi di motore accatastati nello scalo di contrada Birgi con la pista che finisce quasi sul mare di fronte alle Egadi. Base dei low cost di Raynair e, soprattutto, roccaforte dei piloti del Trentasettesimo Stormo dell’Aeronautica, adesso attivi su jet molto più potenti, ma rimasti con quei ricambi sul groppone. Anche se ovviamente nulla trapela all’esterno dell’area militare. E nulla si sarebbe saputo se mercoledì il senatore Nicola Latorre, difendendo l’operato del governo dagli attacchi del centrodestra per la sospensione della fornitura all’Egitto, non avesse confidato di essere a conoscenza della presenza di quelle casse «al porto di Taranto». Una svista. Presto corretta con l’indicazione di Trapani-Birgi, fatta dallo stesso parlamentare.
L’alleato anti-Isis
Inutilizzabili per i nuovi intercettori Eurofighter, governo e Aeronautica militare hanno deciso così di mettere sul mercato quei «vecchi»ricambi. Rivolgendosi ai Paesi che frattanto continuano ad utilizzare gli F16. E’ il caso dell’Egitto, il Paese al quale per accordi bilaterali si è deciso di passare il materiale richiesto a titolo gratuito. Anche perché frattanto si è intensificato l’impegno di questo enigmatico alleato contro i terroristi dell’Isis. Uno scenario segnato dagli inquietanti sviluppi sulla morte di Giulio Regeni. E la mancata collaborazione del governo egiziano per fare chiarezza sulle torture subite dal ricercatore italiano ha incrinato i rapporti. Portando alla ripicca italiana dello stop alla fornitura dei ricambi. Pezzi che rischiano di restare in quell’hangar della base dove si ricorda ancora la gran cerimonia del 23 maggio del 2012, quasi una festa per chiudere i nove anni di noleggio senza sapere bene, però, cosa fare delle casse pagate e inutilizzate.
di Felice Cavallaro (Corriere)