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27/07/2016 06:45:00

Mafia, Nino Di Matteo: "Dal governo Renzi proclami contro la mafia, ma nulla di incisivo"

“Non sono in grado di giudicare le intenzioni del Governo Renzi in tema di lotta alla mafia ma di fatto, al di là dei proclami, non credo che anche questo Governo abbia fatto nulla di veramente incisivo sul tema della lotta alla corruzione e sul tema del contrasto ai rapporti tra mafia e potere. Non credo dedichi le energie che dovrebbe dedicare”. Così è intervenuto il Presidente dell’ANM di Palermo Nino di Matteo intervistato da Gianluigi Nuzzi nel corso della terza serata dell’ottava edizione di Ponza D’Autore, la rassegna culturale curata da Gianluigi Nuzzi e Paolo Mieli.

“Sul tema del contrasto alla mafia militare – prosegue il magistrato palermitano - questo e gli ultimi governi che si sono succeduti hanno fatto il proprio dovere, ma manca il salto di qualità. Il piano della responsabilità penale che compete ai giudici non esime la politica da un accertamento e da un’applicazione delle sanzioni sul piano della responsabilità politica. La politica non ha voluto e non vuole fare la guerra alla mafia. Non ha il coraggio di far valere la responsabilità politica di alcuni comportamenti prima ancora della responsabilità penale. In questo, il sistema dell’informazione ha grandissime colpe. Certe condotte descritte da sentenze definitive – conclude Nino di Matteo - non fanno scattare una responsabilità politica che condanni tali condotte”.

Quanto al referendum costituzionale, "noi magistrati abbiamo giurato sulla Costituzione. Per me come magistrato e come cittadino deve rimanere il caposaldo. Da magistrato più che il bisogno di cambiare la Costituzione sento il grandissimo bisogno che venga finalmente applicata, perché non è stata applicata”.

Di Matteo poi torna a parlare di corruzione:

"Mafia e corruzione stanno diventando due facce della stessa medaglia. Dovremmo avere strumenti legislativi efficaci, ma non è così. Abbiamo leggi rigorose per i delitti tipici delle organizzazioni mafiose, ma i fenomeni corruttivi godono di una impunità totale. Su cinquantamila detenuti solo poco più di venti sono detenuti per corruzione. Soprattutto attraverso il sistema della prescrizione del reato, il 95% dei processi per corruzione si conclude con una estinzione del reato. Ancora oggi, nonostante tante parole, questo Parlamento non riesce ad approvare una legge che consenta alla magistratura di portare a termine questi processi. Per colpa o per dolo? Credo che ci sia un’ampia fetta del potere, non solo della politico, - spiega il magistrato palermitano - che trova molto conveniente avere questa scappatoia della prescrizione per garantissi un’impunità. La delinquenza dei colletti bianchi, che in Italia alimenta ancora troppo il potere, sta diventando un modo di fare talmente generalizzato da portare rassegnazione della popolazione”.

Sul tema dello scontro tra politica e magistratura, "non c’è stata nessuna guerra tra politica e magistratura, c’è stata una guerra unilaterale, molto ben organizzata e sistematica di una parte importante e trasversale della politica", ha dichiarato Di Matteo. “Questa guerra non è stata fatta nei confronti della magistratura tutta, ma solo di quella parte che ancora continua a pensare che la legge debba essere uguale per tutti, e che il magistrato debba fare le proprie scelte secondo criteri di doverosità giuridica e non opportunità politica”.

Infine Di Matteo affronta lo spinoso argomento dei magistrati che entrano in politica: "La cosa non mi scandalizza, non sono contrario all’idea anche un magistrato cosi come un qualsiasi altro cittadino possa candidarsi alle elezioni politiche. Sono contrario però, all’idea che una volta scelta la via della politica possa ritornare in magistratura”. “Io in politica? A me piace fare il magistrato – spiega il magistrato palermitano - e piacerà farlo finchè potrò lavorare in autonomia e indipendenza, senza trovare ostacoli nell’accertamento della verità.

ANTITERRORISMO. Non ha rispettato le formalità richieste perché la sua domanda potesse essere presa in considerazione dal Csm. Così, anche stavolta, Nino Di Matteo,il pm del processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, destinatario di pesanti minacce da parte di Cosa Nostra, vede allontanarsi il traguardo che insegue da tempo, quello di lasciare la procura di Palermo per approdare alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo guidata da Franco Roberti.
Un anno fa aveva concorso senza successo per tre posti da sostituto nella procura di via Giulia. E l'8 luglio scorso il Tar del Lazio, davanti a cui aveva impugnato la sua esclusione, ritenendo che il suo curriculum fosse stato ingiustamente sottovalutato, gli ha dato torto.

Ora per il pm di Palermo arriva la nuova e forse più pesante delusione.
Stavolta erano infatti in ballo due posti più prestigiosi: due poltrone da procuratore aggiunto, posti di fresca istituzione, introdotti con l'attribuzione alla procura di Roberti anche del coordinamento sulle indagini sul terrorismo.
A tradire Di Matteo, un passo falso: "Non ha allegato alla domanda l'attestazione dell'avvenuta richiesta del parere attitudinale ed ha presentato l'autorelazione senza avvalersi del modulo prescritto nel Testo unico sulla dirigenza", scrive la Commissione direttivi del Csm spiegando perché la domanda del magistrato è da ritenersi "inammissibile".
Per i due posti di "vice" di Roberti la Commissione non ha avuto dubbi. E ha proposto all'unanimità un pm che lavora già in via Giulia, nel ruolo però di sostituto procuratore, Giovanni Russo, assieme al capo del pool antiterrorismo della procura di Milano, Maurizio Romanelli. Giovedì il voto finale del plenum.