Ci incontriamo, accade purtroppo di rado, in piazza della Repubblica, a Mazara. Come sempre si parla, e ci si informa delle novità. Cosiccome è buon costume fare tra vecchi amici (ci conosciamo da quando si portavano i calzoncini corti). Jaco m’informa della sua nuova mostra di opere d’arte al Baglio Gazzerosse … e, quasi automaticamente la conversazione, confesso, ahimè, il vizio di giornalista, lo sottopongo ad una vera e propria intervista, che stavolta avviene passeggiando, fin sul lungomare.
Jaco sei docente di discipline artistiche, ed hai una buona vocazione per l’ informazione, ma, soprattutto, coltivi da sempre un grande amore, quello per la pittura. Quando e come nasce?
“Sì, il mio excursus artistico può definirsi ormai lungo. Faccio arte praticamente da quando sono nato – risponde- Iniziai dalla bottega di mio padre, artigiano decoratore, poi incentivai e perfezionai la mia attitudine nelle aule del Liceo Artistico e dell’Accademia di Belle Arti… realizzando, via via mostre personali un po’ in tutta Italia e partecipando, quale invitato, a diverse collettive”
Come si può presentare la tua produzione artistica, magari sintetizzandola?
“E’ possibile sintetizzare la mia attività artistica in tre grandi momenti:1° – il “realismo poetico” (fino al 1989), dove esprimevo in modo lirico il reale dell’immaginario come dimensione essenziale della vita e dove ricercavo l’immediatezza espressiva del viaggio, della gioia, della forza; un linguaggio che rivendicava l’impegno civile dell’arte;
2°– l’”astrattismo ideogrammatico” (fino al 2009), segni magici che abbracciavano lo spazio infinito e lo irradiavano, dove tessevo la mia tela infinita, un labirinto della memoria e della creatività; una pittura improvvisa e piena di cromatismi, proiettata nel mondo del fantastico, frantumato in figure geometriche irregolari;
3° – l’”espressionismo segnico-allegorico” (fino ad oggi) dove non abbandono la mediazione simbolico-critica e il contatto con la realtà degli eventi, i suoi livelli e le sue lacerazioni; cerco di lavorare dentro le trasformazioni segno-simboliche con direzione sintomatica che incammina la forma/immagine quale “allegoria differenziale”.
La tua attenzione per la comunicazione e la letteratura ti ha portato anche all’ impegno grafico.
“ Sì, mi sono dedicato con giusta attenzione all’attività grafica, che, in tutto il mio percorso non ho mai abbandonato (grafiche che hanno arricchito copertine e pagine di sillogi poetiche , romanzi ed opere saggistiche, oltre che quelle di alcune riviste letterarie). Attività che, via via è andata a privilegiare, piuttosto che l’individualità dell’artista, il “noi”: nascono così lavori per testi di poesia collettiva a montaggio intersemiotico (arte, poesia, musica, video, ecc.); né quella della ceramica, intesa non come decorazione ma come “Kintsugi altro”, oggetti realizzati con frammenti e cocci assemblati in forno, una sintesi tra la pratica giapponese dello “kintsugi” e quella del “conzalemmi” siciliano; nasce, cioè, dall'idea che dall'imperfezione e da una ferita possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione estetica e interiore.
E’ in corso la tua mostra alle Gazzerosse. Cosa proponi e perché si intitola “Uscire dalla notte…quasi un’utopia…”?
“Nella sala mostre al primo piano dell’antico baglio propongo opere realizzate negli ultimi due anni.
Per il titolo ho preso spunto da un saggio critico di Antonino Contiliano e pubblicato nel numero 3 (1 luglio 2016) de “La macchina sognante - Contenitore di scritture dal mondo”. Con i lavori di questa mostra rivendico l’importanza di ciò che disse Klee a proposito dell’arte: “L'arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è”. Oggi, infatti, “l’arte non rende più visibile, ma acceca” (Virilio)- si pensi a certa arte digitale, alle troppe e troppo spesso banali installazioni, a molta cosiddetta arte-evento - e questo oscuramento non è casuale, è finalizzato all’ottenimento del consenso acritico tanto caro alle leggi del mercato”.
La mostra, che non è aperta al pubblico tutti i giorni, è ancora fruibile il 10 e il 26 agosto e il 2 settembre. Gli chiedo ancora, quali sono i programmi futuri dell’artista Jaco Cuttone?
“Sono quelli di dipingere e continuare a farlo con la massima libertà espressiva. Non ho mai dipinto per le mostre (così come non ho mai lavorato su commissione), espongo perché dipingo”.
Una risposta davvero significativa. Con essa Jaco dimostra che non ci può essere espressione di libertà artistica più lodevole. Un commento da fortunato fruitore delle sue creatività e opere artistiche , e non da critico d’arte, qual non sono: Le sue opere non fanno passare lo sguardo d’un colpo … fanno soffermare … per riflettere, carpire il messaggio; ed anche per la bellezza artistica che è evidente.
Attilio L. Vinci