Dal 1896 al 2014 sono stati 85 i minorenni uccisi dalla mafia, 31 in Sicilia (di cui 18 a Palermo, 2 a Catania e Caltanissetta, 3 nelle province di Trapani, Agrigento, Messina). Tra questi il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino. Al secondo posto della triste classifica c'è Napoli, con 16 minorenni, seguita da Reggio Calabria, con 13 bambini. Oltre a queste province si registrano casi anche al Centro (a Roma e Firenze) e al Nord (Milano, Varese, Brescia). Il 41,2% è stato ucciso 'casualmentè, il 25,9% per 'vendetta direttà, il 10,6% per 'proiettile vagantè, stessa percentuale riguarda la 'vendetta trasversalè.
I dati, raccolti da Libera, sono stati diffusi da Massimo Merlino di «Save the children», nell’ambito dell’incontro "Ragazzi fuori, ragazzi dentro: saranno mafiosi?» con Michelangelo Capitano, responsabile dell’istituto penale minorenni di Palermo, organizzato in occasione dell’undicesima edizione della festa del consumo critico del comitato Addiopizzo, in corso a Palermo. Tra i fattori che creano un contesto di emarginazione anche i dati sulla povertà assoluta che in Italia affligge «un milione e 45 mila minorenni, di cui 410 mila al Sud - continua Merlino - mentre sono poco meno di 2 milioni, cioè quasi 1 su 5, i minorenni che in Italia vivono in condizioni di povertà relativa, di cui il 12,2% si trova al Nord, il 13,4 al Centro e il 29,6 al Sud (nel dettaglio, il 49,2% in Calabria e il 38,8% in Sicilia e il 38,5% in Basilicata)».
Michelangelo Capitano ha ricordato le diverse iniziative avviate per il recupero dei giovani detenuti a Palermo: dal restauro dell’imbarcazione storica LiscaBianca, a quello di un’opera della Galleria d’arte moderna fino alla recente nascita del biscottificio «Cotti in fragranza», prima impresa del Sud Italia nata all’interno dell’istituto penale minorile. "Iniziative come queste hanno consentito di sovvertire tra i ragazzi la percezione dello Stato come un estraneo - ha detto Capitano - ma anche di restituire loro futuro e fiducia creando una prospettiva di lavoro».