Al momento sono 171 i comuni commissariati per mafia: lo ricorda uno studio di Openpolis, che ricorda come la possibilità di sciogliere un'amministrazione per condizionamenti imposti dalla criminalità organizzata sia stata introdotta nel 1991. Da allora, il 95% dei provvedimenti sono stati operati in 3 regioni: Calabria,Campania e Sicilia. E sono proprio questi territori ad occupare il podio delle realtà con il maggior numero di comuni commissariati per mafia: la Calabria con 70 municipi, seguita dalla Campania con 52 e la Sicilia con 43. A seguire il Piemonte,fermo a 2, e Lazio, Liguria, Lombardia e Puglia a 1.
L'entrata in funzione delle amministrazioni straordinarie a seguito di un commissariamento per mafia riguarda soprattutto il Mezzogiorno,anche se la percentuale di consigli comunali sciolti al nord è in aumento. Nel periodo tra il 2001 e il 2009 in Puglia e Campania è stato sciolto un comune su due, a conferma, quindi, che il 97% delle realtà toccate da questo provvedimento riguarda il Sud.
Le cause che possono portare allo scioglimento di un consiglio comunale sono varie. Le principali, infatti, sono riconducibili a due macrocategorie: le questioni politiche (come le dimissioni dei consiglieri o del sindaco oppure le mozioni di sfiducia); e la cattiva gestione del Comune o gli errori amministrativi (infiltrazioni mafiose, mancata approvazione del bilancio e decadenza del sindaco). La grande maggioranza dei casi registrati in Italia rientra in questi due tipi di cause.
Lo scioglimento dei consigli comunali ha avuto un'incidenza minima ma costante sulla popolazione italiana. In media ogni anno sono 2,5 milioni (circa il 4%) i cittadini interessati dalla questione perché residenti in Comuni commissariati. Il livello minimo è del 2003 con 1,3 milioni di cittadini coinvolti, mentre quello massimo è stato raggiunto nel 2001 con 6,8 milioni.
Ecco il rapporto completo.
Non ci sono solo le amministrazioni costrette a chiudere la loro esperienza prima del tempo per motivi drammatici come le infiltrazioni mafiose. Come ricostruiva il Sole 24 Ore di qualche settimana fa sulla base di dati del Viminale, dal 1990 ad oggi oltre 4mila municipi per vari motivi hanno interrotto la loro attività in via ordinaria, così come prevede l'articolo 141 del testo unico degli enti locali (Tuoel): dimissioni dei consiglieri (1309 volte dal 2001 ad oggi), approvazioni di mozioni di sfiducia (77 volte), dimissioni volontarie del sindaco (497 volte), mancata approvazione del bilancio (84 volte) e una serie di altri casi meno ricorrenti come il mancato rendiconto di gestione (3 volte).
Tornando a guardare i numeri sull'intero periodo di applicazione della legge, il risultato è davvero impressionante: la media è di 175 enti sciolti ogni anno, vale a dire un comune commissariati uno ogni due giorni.
Una volta stabilito lo scioglimento con un decreto del presidente della Repubblica, viene nominato contestualmente un commissario straordinario che resterà in carica fino alle successive elezioni, fissate solitamente alla prima data utile. Fanno eccezione i caso di scioglimento per impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco, circostanze in cui il potere passa al vicesindaco incaricato, senza la designazione di un commissario, di condurre l'ente locale al voto per il rinnovo del consiglio.