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21/11/2016 13:20:00

Uovomini in camicia. Del referendum l’urne ‘weltmarkt’ confortare vedrai

di Antonino Contiliano - L’uovo è un simbolo e ha una lunga storia alle sue spalle. Una narrazione che lo vede come principio, origine del mondo o indice di permanente rigenerazione vitale. Il ciclo della vita e del vivente in continuo rimodellarsi tra forze e potere/i in conflitto. Ma cosa può dirci quando sotto forma di uomo o di uomini si presenta in camicia? Un “uovomo” in maniche di camicia (per di più con i polsini rivoltati!) che, quale simbolo di innovazione e capo di un governo dei “valori” che non distingue tra il “prezzo” delle ‘persone’ e delle ‘cose’, se ne va in giro portando il suo lavoro politico di “rivalorizzazione” dell’Italia con la forza del potere del capitale-denaro, delle banche e dei mercati finanziari? (Per inciso non è il solo. In Europa e in America sono molti gli “uovomo” in camicia e cravatta!) Sono gli uomini al potere che, organizzando fra loro i vari poteri trans-nazionale e trans-individuali e nel contesto dei diversi poteri correlati (come moduli antonomi ma in contatto macchinico), vanno sfanforonando rigenerazioni-modernizzanti al fine di assicurare un futuro di “valore” agli italiani e a loro figli.

Certo che se la valorizzazione dell’Italia (nome di un’immagine geo-grafica piuttosto che di “res-pubblica” con la sua Costituzione repubblicana!), sull’esempio americano, è quello che nel 2005 ha visto che «i 300 mila americani più ricchi hanno dichiarato un reddito è pari a quello dei 150 milioni più poveri. L’1% per mille (0,1 per cento) di chi si trova al vertice della piramide dei redditi ha dichiarato […] 440 volte in più di quanto ha dichiarato, in media, chi fa parte del 50 per cento» che sta alla base della stessa piramide, vero è che la sua parola, la sua immagine è priva di “valor”.

Stessa considerazione se il criterio di orientamento è quello francese o di altri paralleli che si muovono sul piano delle lotte per incrementare le diseguaglianze in base ai meriti o demeriti dei individui che non si attivano come “capitale umano” o imprenditori di se stessi (prosumer). Fenomeni analoghi a quello americano (citato), infatti, investono ogni società.

In Francia, per esempio, la governamentalità neoliberista del capitalismo francese, ha fatto sì che nel 2009, secondo le statistiche dell’Istituto nazionale, «il 10% più ricco in termini di reddito godesse in media di un livello di vita 6, 7 volte più alto del 10% più povero. Guardando invece al patrimonio, nel 2010, il 10% più ricco deteneva un patrimonio in media 920 volte maggiore di quello del 10% dei più poveri».
In Italia, nel 2013, altresì, nonostante le condizioni degli italiani in generale non migliorino e i mercati finanziari siano ancora deboli, gli italiani con patrimoni da investire superiori a 1 milione di dollari sono aumentati del 15,6%. E ce ne sono 3mila la cui ricchezza supera i 30 milioni. A favorirli è il buon andamento della Borsa e lo scudo fiscale che non penalizza i rientri in Italia dei capitali esportati all’esterno o nei paradisi fiscali. Così i super ricchi italiani nel 2013 hanno di nuovo superato quota 200mila persone. Anzi, secondo i dati riportati dal giornale “Il fatto quotidiano” sono

 

203.200, contro i 175.800 del 2012. E nel mondo sfiorano i 14 milioni. A fare i conti sono state, come ogni anno, la società di consulenza Capgemini e Rbc wealth management, che si occupa di gestione dei grandi patrimoni. Secondo il rapporto, il tasso di crescita dei milionari italiani è stato lo scorso anno del 15,6%, superiore a quello della media Ue (+12,5%). Con il risultato che i “paperoni” sono tornati ai livelli del 2007, prima del crac di Lehman Brothers e della recessione. Ma non solo: ad aumentare sono anche gli “ultra ricchi”, con patrimoni superiori ai 30 milioni di dollari (circa 22 milioni di euro). Si tratta di circa 3mila persone, l’1,5% dei milionari italiani. Una percentuale doppia rispetto alla media europea, dove la punta della piramide contiene solo lo 0,7% del totale. A gonfiare i loro portafogli hanno contribuito la performance della Borsa Italiana (+16,9% nell’anno) e lo scudo fiscale che ha favorito il rientro di capitali dall’estero. Notare che il patrimonio considerato è solo quello disponibile per l’investimento: non vi rientrano, quindi, il valore della casa di residenza, i beni durevoli come auto e barche e gli oggetti da collezione».

Nel 2014 però, mentre nel mondo i miliardari aumentano di quasi un milione, in Italia, sono invece solo 200 mila in più. Questo balzo è dovuto alla ripresa economica del mercato di rete azionario, cosa che ha fatto nascere la stessa rete denominata “HNWI”. Nel 2014, infatti, gli HNWI hanno raggiunto il numero di 920.000. A livello globale però gli “High Net Worth Individual (HNWI)”, oltre ad essere cresciuti di numero, hanno aumentato il loro patrimonio «toccando rispettivamente 14,6 milioni di persone e 56.400 miliardi di dollari. Il dato riflette un incremento del 7%, che peraltro è la metà rispetto alla crescita a due cifre dell’anno precedente, secondo il World Wealth Report di Capgemini e RBC Wealth Management. Lo studio ha rilevato come, per quanto la maggior parte della popolazione di ricchi e dei relativi patrimoni sia distribuita in modo abbastanza omogeneo tra Nordamerica (in crescita del 9%), Europa e Asia-Pacifico (+11%), quest’ultima sia cresciuta più delle altre tanto da contare oggi un maggior numero di ‘paperonì’ rispetto a qualunque altra regione. In Europa popolazione e patrimoni HNWI sono aumentati del 4% a causa delle scarse performance economiche e dalla contrazione dei mercati azionari. L’Italia ha tuttavia fatto meglio […] segnando un +7,7%, con 218.900 milionari nel 2014, rispetto ai 203.200 del 2013».
Mentre i paperoni asiatici, dal 2013, hanno raggiunto quota di 2.170 unità. Il primo posto è però del fondatore di Microsoft Bill Gates. Poi William Albert Ackman del Pershing Square Capital Management, Eli Broad della Broad Foundation e Warren Edward Buffet con la sua Berkshire Hathaway. È questa la classifica della banca Ubs sulla distribuzione della ricchezza globale che confermano gli Stati Uniti terra di miliardari con 515 super-ricchi per un patrimonio complessivo da 2.064 mld di dollari. Ma il benessere a dieci cifre si sta spostando verso l’Asia: dietro gli Usa troviamo infatti la Cina con 157 miliardari per 384 mld di dollari di ricchezza. Seguono Germania (148 miliardari), Gran Bretagna (135), Russia (108), India (103), Hong Kong (75) e Francia (64) e Arabia Saudita (64). Chiude la top-ten la Svizzera, i cui 61 ultra-benestanti (4 in più del 2012) posseggono 128 miliardi di franchi. In totale il numero dei miliardari a livello mondiale si è elevato a 2.170 persone nel giugno 2013, che corrisponde ad una crescita dello 0,5% sull’anno. L’ammontare della loro fortuna è aumentato ancor più velocemente, progredendo del 5,3% fra luglio 2012 e giugno 2013.

 

Per quanto riguarda l’area europea (in generale) il numero dei super ricchi è quota 766 nonostante (un calo rispetto ai 795 del 2012), mentre crescono nel Nord America (da 541 a 552) e in Asia (da 490 a 508). Nella media, però, i super ricchi a livello mondiale sono aumentati in potenza finanziaria: «i miliardari sono 2170 (+10 in confronto a dodici mesi prima) e gestiscono 6516 miliardi di dollari (+5,3%), una cifra superiore al prodotto interno lordo di qualunque nazione del pianeta, Usa e Cina esclusi. La maggiore densità in rapporto alla popolazione è stata registrata nel Lussemburgo (24,2 per milione di abitanti), Hong Kong (10,5) e Svizzera (7,6) ».

I loro investimenti sono anche un ottimo specchio riflettente lo stile di vita di questi super agiati (mentre, dall’altro lato, abbiamo visto crescere le povertà). Secondo lo studio della società universale di servizi finanziari e investimenti Ubs (banca privata e banca di investimenti per servizi di investment e institutional banking, asset e wealth management ad una clientela privata, istituzionale ed aziendale con sede in Svizzera e in tutto il mondo), ciascuno di questi assistiti privilegiati in media possiede «un patrimonio immobiliare pari a 78 milioni di dollari e altrettanto in yacht; 22 milioni di euro è il valore dei loro aerei privati mentre ciascuno dei paperoni possiede quadri e oggetti d’arte pari a 16 milioni di dollari. Dopo la crisi finanziaria del 2008, un totale di 810 individui hanno raggiunto lo status di miliardari. I patrimoni dei miliardari è più che raddoppiato e totalizza 6.500 miliardi di dollari (4.800 miliardi di euro), una somma che potrebbe “finanziare il deficit di bilancio degli Stati Uniti fino al 2024, sottolinea lo studio”».

A voler tracciare l’identikit del miliardario immobiliare Ubs, presente in ogni avvenimento mondiale di rilievo che sia dell’ordine del forum economico o del festival del cinema, i suoi tratti sarebbero quelli del «Maschio (nell’87% dei casi, ma in Svizzera le donne sono ben di più, raggiungendo il 34%), sposato (86%) e ha in media 2,1 figli (ma nel Medio Oriente ve n’è anche uno che ne ha 24). Il 60% è un ‘made self man’, il 20% ha ereditato, mentre per il rimanente 20% hanno avuto un ruolo entrambi i fattori».

Se questo è l’identikit del futuro italiano, in atto non c’è ragione di credere che l’attuale campagna referendaria del Governo Renzi in carica si muova diversamente. Il suo, infatti, è un potere costituito-costituente (per “innovare” la Costituzione repubblicana italiana) e quella elettorale del nuovo “maggioritario” (l’Italicum…un altro “porcello”, un siamese) che fa e disfa in direzione consonante. Infatti dal momento che tutto quello che “pone” l’“impone” l’Eu (dei mercati), il suo è un ordine di servizio ordinato dal potere del nervosismo dei mercati finanziari.

Ordini di servizio cioè tesi a far applicare (sotto controllo e autorizzazione… non è un caso che il bilancio deve essere vagliato e approvato dalla Troika prima di essere approvato dai parlamenti fantasma…) le in-flessibili norme del “comunismo” capital-neoliberistico (diversamente dalla flessibilità e precarietà del lavoro altrui); e ciò, ancora, in allegra compagnia fra collettivi-pubblico-privati affratellati (borse, banche, fondi monetari, assicurazioni, comunicazioni e informazioni, incontri et alia, etc.) e assoggettati/asserviti individualismi in carriera e divisa.

Il mondo che il potere dei governi di tal fatta (dietro le “rivoluzioni” competitive e concorrenziali…) prospettano per il futuro dell’Italia è quello della vecchia ‘TINA’ (There is no alternative) di Margaret Thatcher, ossia quello della “democrazia conforme ai mercati” di Angela Merkel. Il mondo, cioè, della decapitazione in itinere ‘della’ sovranità del popolo o della democrazia moderna per rimpiazzarla con la sovranità ‘sul’ popolo del neoliberismo dei mercati finanziari, l’onnipotente valore-impresa; cioè il reiterato verbo del secolo e gli atti non eterogenei dei roditori in corredo e carriera.

L’atto di parola, del gesto, del profilo, dell’abbigliamento dell’“uovomo in camicia” di potere non mente. Insieme con le sue varie istanze rappresentative, comparizioni tv e in rete (come l’insieme degli altri segni materiali) esprimono, infatti, tutta l’ideologia del capitale d’impresa e della finanza funzionalizzata all’autovalorizzazione del capitale denaro stesso come un se stesso in cammino. Non moneta di scambio simmetrico ed equivalente, dunque. Ogni via, diretta o indiretta, è legittimata e subordinata solamente alla presa asimmetrica del capitale-denaro che limita il denaro-scambio, e ciò sotto il comando che irreggimenta gli italiani “s-popolati” e decapitati delle possibilità alternative.

In Italia, come in altri territori sudditi o snazionalizzati, la posizione della pressa sulla democrazia repubblicana-liberale e sulla sovranità popolare (ossia cattura e soffocamento), così, insieme con l’imposizione (anche fiscale) dell’asimmetria o delle diseguaglianze sociali corrono sulle vie dei referendum e delle riforme funzionali “dentro le urne confortate di pianto” grottesco. Il capitale e i mercati, infatti, non hanno né territori, né nazione, né popoli. Sono trans-individuali e trans-nazionali. Per cui, senza altra confusione e giri di valzer depistanti, il vero obiettivo (o il nemico giuridico-istituzionale politico giurato) delle varie campagne economico-politiche del capitalismo (riformista e referendario in corso) è lo scioglimento assoluto del ‘fondamento’ del vecchio Stato classista (sebbene articolato dal/nel dualismo del monolinguistico-monocratico dell’unità maggioranza-minoranza), ovvero s-fondare l’articolo primo (assioma fondamentale e primo) della Costituzione repubblicana e antifascista: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Per cui, parafrasando e capovolgendo lo stereotipo della pubblicità “CONAD”, il valore delle cose-persone e dei loro diritti, nel contesto, sono quelli costruiti solamente dal mercato. L’oltre è l’altrove continuo del debito infinito o dell’insolvibilità come sistema in cui il modello si rinnova perpetuando le diseguaglianze e incrementandone le povertà.