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07/01/2017 07:30:00

Gioco pubblico, terreno di battaglia politica

Basterebbe guardare un poco approfonditamente lo svolgersi negli anni del percorso del gioco pubblico per comprendere quanto sia stato politicizzato e quanto lo è ancora. É un argomento che viene tirato fuori e cavalcato ad oltranza quando serve, sopratutto quando ci sono delle variazioni politiche od elettorali in campo. In quel momento il gioco sembra l'unico argomento che possa far raccogliere voti e, quindi, ogni politico si presta a discuterne, ad esternare il suo parere negativo trincerandosi dietro una sorta di falsa moralità che fa spendere parole su parole, a volte veramente senza una cognizione precisa di quelle che in realtà sono le problematiche del settore ludico.
In sostanza, il gioco è nato per volere dello Stato, è una sua riserva e poi, da queste righe e da chi scrive è stato detto mille volte, abbandonato nelle braccia politiche di “chiunque ne voglia parlare”, ai regolamenti messi sul piatto dalle varie amministrazioni, e dato in pasto ai media “quando serve e quando è il momento giusto”. Poi lo stesso Stato si ferma, riflette e sempre decidendo politicamente, fa un piccolo passo indietro e decide di mettere mano e cercare di regolamentare “questo mondo del gioco lecito e dei migliori casinò oline". Ci prova a lungo, ci riprova, ma non ci riesce perché chi si è sostituito nel suo legiferare non vuole perdere il terreno acquisito e si rifiuta di ritornare indietro e di concedere al settore quello spazio sinora tolto con norme e regolamenti regionali e comunali.
Ed ora? Ora ci si trova davanti ad una situazione veramente terribile per quanto riguarda il risvolto economico di questo mondo: le aziende non riescono a sopravvivere dopo le restrizioni a cui sono sottoposte, sono costrette a chiudere od a licenziare le risorse che le appartengono e tantissimi operatori sono di nuovo a spasso a cercare quel lavoro che avevano trovato, senza alcun aiuto da parte del Governo e che ora, sempre per colpa del Governo, sono costretti a perdere. Ma ci saranno state riflessioni in questo senso da parte dei nostri politici? In Conferenza Unificata, oltre a pensare alla propria poltrona pubblica, qualcuno avrà veramente voluto pensare a questo risvolto così importante?
A cascata, se la politica prevarrà sul buon senso, ricadrà sull'intero settore un numero infinito di fallimenti di aziende, di licenziamenti, di concordati con le banche, di crack finanziari: e questo solo perché la politica non vuole trattare il settore come un qualsiasi settore di servizi, ma vuole cavalcare l'onda per dichiararsi il paladino della moralità e della sobrietà. E tutte le persone che si ritroveranno a spasso in cerca di quel lavoro che lo Stato non può loro garantire a chi si rivolgeranno?
E quei politici che organizzano le nostre vite si saranno pienamente a posto con la propria coscienza sociale? Oppure si saranno già dimenticati di quanti introiti il mondo del gioco lecito ha riversato nelle casse dell'Erario in tutti questi anni e di quante tassazioni il settore ludico ha dovuto forzatamente subire quando l'Esecutivo era in crisi e doveva coprire i buchi di bilancio e si rivolgeva perennemente e solamente al gioco per risolvere i propri problemi? Va bene battaglia politica contro il gioco, ma forse non è veramente troppo?