"Qualche recente esternazione potrebbe avere ingenerato l'opinione che chi si occupa di reati apparentemente minori (furti, rapine, truffe) o di indagini che non assurgono agli onori delle cronache svolga un lavoro poco qualificante se non di serie B... Questo non è il mio pensiero". Sono queste le parole scritte a tutti i magistrati della Procura dal capo dei pm palermitani, Francesco Lo Voi.
Nella mail non si fa il nome di Nino Di Matteo, sostituto procuratore che nei giorni scorsi aveva accusato Lo Voi di averlo sommerso di fascicoli di poco conto, furti e truffe appunto, costringendolo a trascurare importanti indagini antimafia. Ma il riferimento alle sue parole è innegabile e suona proprio come una bacchettata nei confronti del pm.
Di Matteo, pm che ha istruito il processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, è stato appena trasferito, su sua richiesta, alla Dna. Ai giornalisti ha motivato la sua richiesta di lasciare Palermo proprio con l'impossibilità di lavorare alle inchieste su Cosa nostra che, comunque, essendo scaduto dalla direzione distrettuale da 6 anni, per legge non potrebbe portare avanti.
La norma, infatti, impone a chi abbia superato i 10 anni di permanenza in dda, di tornare a occuparsi dell'ordinario.
Lo Voi non ha replicato alle esternazioni del collega, ma ha scritto a tutti i pm dell'ufficio. "E' indispensabile l'apporto di tutti - dice - ciascuno con la sua determinazione nel perseguire tutti gli illeciti non solo quelli che magari danno notorietà (che non considero un valore ed è peraltro effimera), ma anche quelli che possono rispondere alle esigenze di giustizia che il cittadino ci sottopone".
Ed è lo stesso procuratore di Palermo Francesco Lo Voi che ha chiesto al ministero della giustizia il posticipato possesso per il pm Nino Di Matteo che, la scorsa settimana, il Csm ha trasferito alla Direzione nazionale antimafia. L'istanza, se accolta, consentirà a Di Matteo di continuare a seguire il processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, le indagini su Cosa nostra che gli sono state assegnate e i procedimenti ordinari che, per legge, devono essergli assegnati in quanto da anni non fa più parte della Dda.
Era stato lo stesso Di Matteo, con dichiarazioni fatte alla stampa, a far presente la sua esigenza di non lasciare, nonostante il trasferimento, il processo sulla trattativa e di proseguire le indagini antimafia. Il magistrato, attraverso i giornali, aveva manifestato il desiderio di essere applicato dal procuratore nazionale antimafia.