Proprio non ci sta il Gran Maestro del GOI (Grande Oriente d’Italia), Stefano Bisi, a far criminalizzare la sua "obbedienza", e ha approfittato dell’apertura della casa massonica di Palermo, tra spade, compassi, candelabri e tanti altri simboli massonici, dove si è svolta una conferenza stampa, per rilanciare la polemica contro la Commissione Antimafia che nelle settimane scorse ha fatto sequestrare dagli uomini dello Scico gli elenchi degli iscritti in Sicilia e Calabria.
Secondo alcune inchieste in corso, come quelle della Dda di Reggio Calabria, e l'audizione del procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato, dei mesi scorsi, che ha raccontato della rete di protezione di cui gode il boss latitante Matteo Messina Denaro, sembra concreta la possibilità che Cosa nostra e ‘ndrangheta possano sfruttare la “solidarietà” dei massoni per coprire traffici e persino latitanze come quella dello stesso Matteo Messina Denaro.
Ma Bisi, dopo aver subito i sequestri, non non ci sta, attacca e tira in ballo persino il fascismo, Rodotà e Gramsci: «Rodotà ha detto chiaramente che la trasparenza assoluta è tipica dei regimi totalitari - ribadisce -. Chi è iscritto a un'associazione deve avere il diritto di mantenere privata la propria affiliazione. A forza di chiedere il contrario, si rischia di armare la mano di qualche squilibrato. Bisogna stare attenti a non criminalizzare per categoria. Sono note le sedi, i dirigenti: i nomi li ha voluti l'inquisizione che ci ha mandato al rogo, Mussolini che ci ha fatto chiudere. Temo che questo sia l'anticipazione di qualcosa di peggio che verrà dopo, è sempre successo così e lo disse anche Gramsci in un famoso discorso alla camera dei deputati: "Sappiamo dove si comincia ma non dove si finisce"».
Per quel che riguarda le sedi di Campobello di Mazara o Castelvetrano, accusate di avere troppi iscritti, dice: “Sono perfettamente riconoscibili con delle targhe esterne, sanno tutti dove si trovano e se gli inquirenti avessero dei sospetti saprebbero come fare per verificare”.
Così il Gran Maestro dice di voler collaborare: "Siamo pronti a qualsiasi tipo di collaborazione con la magistratura. Ma la criminalizzazione della massoneria no, quella non l’accettiamo. Sia chiaro, il nostro rifiuto a consegnare gli elenchi e l’opposizione giuridica che abbiamo avviato non vuole affatto essere una mancanza di trasparenza ma una lotta a difesa della libertà di associazione, qualsiasi associazione, la massoneria come l’azione cattolica, l’Arci o un partito politico. Soprattutto in un momento in cui in tutta Italia le iscrizioni alle nostre logge sono in sensibile aumento".
"I nostri dirigenti, le nostre sedi, il nostro regolamento sono pubblici e sui siti web - afferma Bisi -, ma non siamo disponibili a farci criminalizzare. Perché mai la commissione Antimafia vuole gli elenchi dei nostri iscritti, cosa che neanche le procure fanno? Prima ci diano una notizia di reato e da noi avranno tutta la collaborazione. Ci dicano chi sono i fratelli mafiosi e non li cacciamo".
In Sicilia, secondo i numeri diffusi da Maestro del GOI, è tornata una gran voglia di indossare i “grembiulini”. Sono 2300 gli iscritti in tutta l’Isola (terza per numero di adesioni dopo Toscana e Calabria), il 70 per cento in più rispetto a 25 anni fa, Palermo con 900, Messina con 400 e Catania con 300, i centri in cui il Grande Oriente conta più associati. Con un’età media che si è molto abbassata, tanti i trentenni, tutti i ceti e le professioni rappresentanti, anche molti disoccupati, e una grande richiesta di iscrizione veicolata dal web.
La Massoneria in Provincia di Trapani
In provincia di Trapani la massoneria ha un passato oscuro, quella della fratellanza coperta, quella delle logge deviate con all’interno mafiosi e politici. A trent’anni dalla scoperta della Loggia segreta Iside 2, il 2016 è stato l’anno in cui si sono accesi di nuovo i riflettori sulla massoneria in provincia di Trapani. Se trent’anni fa i massoni erano un paio di centinaia, oggi sono quasi 500, divisi in 19 logge. Sono tutte scoperte, nulla di segreto. La città con più logge è quella di Castelvetrano che conta circa 200 massoni. Proprio la Castelvetrano di Matteo Messina Denaro, il super latitante di Cosa nostra.
E in questo elenco ci sono politici di ogni ordine e grado, amministratori locali, funzionari, banchieri, uomini delle forze dell’ordine e giornalisti.
Un dossier preparato dalla Questura di Trapani e dall’ex Procuratore Viola ha cominciato ad indagare sugli intrecci tra mafia, politica, massoneria e imprenditoria. Una circostanza che ha scosso gli ambienti politici e imprenditoriali. Soprattutto per le premesse che la questura scrive nella sua informativa.
Le vicende nazionali di (P2) e locale (Iside2) non sembrano avere ancora ingenerato il diffuso convincimento che in seno a logge massoniche, soprattutto se occulte o deviate, possa annidarsi un vero e proprio potere parallelo in grado di inquinare l'attività amministrativa e la gestione della cosa pubblica costituendo una temibile turbativa per le istituzioni e la collettività.
Un dossier che da Iside 2 ad oggi fa la fotografia della massoneria in provincia di Trapani. Se i maggiori intrighi, storicamente, sono stati nel capoluogo, oggi la città con più logge massoniche, è proprio Castelvetrano. Nella città del Belice si trovano Loggia Italo Letizia 345, Loggia Demetra, Loggia Enoch, l'Obbedienza di Piazza del Gesù, la Loggia Oriente, la "Francisco Ferrer" e la "Hypsas" del Grand Orient de France. Un gran numero di logge per una cittadina di poco più di trentamila abitanti. E tra i “fratelli” ci sono anche politici e amministratori, persone che gestiscono o hanno gestito in passato la cosa pubblica.
A Trapani mafia, massoneria, potere politico, imprenditori hanno avuto sempre un legame molto intrecciato e forte. Da Iside 2, al circolo Scontrino, alle dichiarazioni di Nino Birrittella, l’ex patron del Trapani Calcio arrestato nel 2005 perchè componente della famiglia mafiosa trapanese. Oggi collabora con la giustizia, e in questi anni ha raccontato di una massoneria “necessaria” per avere agganci utili e la maggior parte delle decisioni erano subordinate a questa. La loggia massonica, secondo Birrittella, avrebbe influito sugli uffici pubblici, la Prefettura, il Comune, la Camera di commercio, l’ospedale, e avrebbe perfino controllato cosa accadeva in Procura.