Il giornalista Pino Maniaci è stato rinviato a giudizio per estorsione. Il processo comincerà a Luglio. I suoi difensori, Antonio Ingroia e Bartolomeo Parrino, avevano chiesto il non luogo a procedere. Con il giornalista sono stati rinviati a giudizio anche altri 11 imputati, tutti boss della zona di Partinico, Borgetto, Montelepre. Il processo comincerà, ironia della sorte, il 19 Luglio.
Secondo l’accusa, rappresentata dai pm Roberto Tartaglia, Amelia Luise, Francesco Del Bene, coordinati da Annamaria Picozzi, il direttore di Telejato, emittente di Partinico avrebbe preteso favori e denaro da amministratori locali minacciandoli, in caso di rifiuto, di avviare campagne mediatiche negative nei loro confronti. Il direttore dell’emittente televisiva di Partinico, noto per le sue campagne antimafia, avrebbe ricevuto denaro e agevolazioni dai sindaci di Partinico e Borgetto, Salvo Lo Biundo e Gioacchino De Luca, e da un assessore comunale di Borgetto, dietro la minaccia di scatenare campagne contro le loro amministrazioni comunali. Accuse sempre respinte.
Nel processo ordinario ci saranno anche Nicolò Salto e il figlio Antonio, boss di Borgetto, Giuseppe, Antonino, Tommaso, Francesco e David Giambrone, Francesco e Salvatore Petruso, Antonino Frisina, mentre Salvatore Brugnano ha scelto il rito abbreviato e sarà processato da solo.
L’indagine dei carabinieri e della Dda aveva puntato i riflettori sulla mafia di Borgetto e nel maggio dell’anno scorso erano stati disposti undici arresti, con accuse che comprendevano l’associazione mafiosa, l’estorsione e l’intestazione fittizia di beni.
“L’esito di questa udienza preliminare conferma purtroppo il fallimento del Codice di procedura penale, in particolare il fallimento dell’udienza preliminare come filtro per evitare i processi per reati privi di prova”. Così gli avvocati Antonio Ingroia e Bartolomeo Parrino, difensori di Pino Maniaci, a proposito del rinvio a giudizio del direttore di Telejato. “Maniaci – aggiungono - è stato prima condannato mediaticamente e ora viene processato giudiziariamente sulla base di accuse non sorrette da prove idonee. Lo ha riconosciuto anche un giudice delle indagini preliminari di Palermo, quando ha revocato per Maniaci la misura cautelare del divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani ritenendo che non ce ne fossero i presupposti per una delle estorsioni contestate. Purtroppo nemmeno ciò è servito, e se non è servito in un caso clamoroso come questo è lecito chiedersi a cosa serva l’udienza preliminare: tanto vale abolirla. In ogni caso, affronteremo il processo certi di riuscire a dimostrare l’innocenza di Maniaci, l’assoluta infondatezza delle accuse che gli vengono contestate. Siamo sicuri che alla fine giustizia sarà fatta – concludono Ingroia e Parrino – ma sarà purtroppo una giustizia tardiva. E ogni ritardo della giustizia è sinonimo di ingiustizia”.