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26/04/2017 04:00:00

Mafia, la figlia di Boris Giuliano: "Mio padre sapeva di morire ma fu lasciato solo"

"Mio padre era stato lasciato solo dalle istituzioni, da quei magistrati che avrebbero dovuto portare avanti le sue indagini. E che, invece, forse per paura o chissà, per connivenza, hanno fatto in modo che uno dei suoi esecutori materiali scappasse qualche giorno prima di ucciderlo". E' la denuncia di Selima Giuliano, la figlia di Giorgio Borsi Giuliano, il dirigente della Squadra mobile di Palermo ucciso dalla mafia il 21 luglio 1979. Intervenendo alla presentazione del libro scritto con Alessia Franco, 'Raccontami l'ultima favola' (Mohicani edizioni, 60 pagg., 10 euro), durante la 'Via dei Librai' a Palermo, Selima Giuliano, oggi quarantenne, ricorda il padre ucciso da Cosa nostra perché ritenuto un ostacolo dai boss su cui stava indagando. Sul palco anche il questore di Palermo Renato Cortese e il giornalista Franco Nicastro.

"Il libro - spiega Selima Giuliano, che non ama partecipare alla manifestazioni ufficiali ma che preferisce recarsi nelle scuole per parlare ai bambini - ha aiutato a fare luce su mio padre, che non era solo il poliziotto a caccia di mafiosi". "Si è trovato a essere un eroe suo malgrado - dice Selima Giuliano -perché certamente era una persona normale, una persona coraggiosa. Con una intuizione in più in quegli anni, perché ricordiamo che è stato tra i primi ad avere un contatto con l'Fbi, e parliamo degli anni Settanta. Intuizioni forse dovute al lavoro precedente che faceva, cioè il manager. Iniziò a intraprendere un metodo investigativo del tutto nuovo, nei rapporti con i giornalisti e la sua squadra".

Parlando poi del suo rapporto con il padre - Selima aveva appena sette anni quando il padre fu ucciso dai boss - la figlia del Capo della Mobile racconta, emozionata: "Posso dire che era un padre eccezionale, che aveva una grandissima qualità che spesso non abbiamo in tanti: di lasciare fuori dalla porta tutti i pensieri. Lui certamente sapeva che sarebbe morto, che da lì poco lo avrebbero ammazzato". E ricorda la telefonata arrivata qualche tempo prima di essere ucciso in cui si annunciava che avrebbe avuto una "vita breve" perché sarebbe stato ucciso. "Aveva toccato dei punti nelle sue investigazioni che lo avrebbero portato alla morte e lui lo sapeva", dice Selima.

"Eppure, a noi figli, tranne a mio fratello, che era un po' più grande, non aveva mai mostrato alcuna forma di tristezza", dice ancora Selima Giuliano. Il figlio di Boris Giuliano, Alessandro Giuliano, oggi, a neppure 50 anni è a capo del Servizio centrale operativo. "Mio padre era sempre allegro - continua Selima, che ha chiamato il figlio proprio come il padre - Giocava sempre con noi. Chiudeva la porta di casa e ci parlava, ci raccontava delle favole, magari cambiandone il finale. Noi portiamo dentro questo bellissimo ricordo". Giuliano a casa era Giorgio e in questura e per i giornalisti era Borsi. "Giorgio era il papà e il marito, che negli ultimi periodo sorrideva meno, motivo che ha portato a far capire a mia madre che sarebbe stato ucciso - racconta Selima Giuliano - E poi c'era Boris, il grande investigatore, a cui finalmente è stato riconosciuto un ruolo in quegli anni".

Selima Giuliano non è una donna che ama apparire. Ma ci tiene a sottolineare: "Per me è importante parlare di mio padre, perché la memoria è una operazione molto importante. Ma che sia la memoria di tutti, di tutti i morti che Palermo ha avuto e che Palermo il dovere di ricordare sempre".

Giorgio Boris Giuliano non era solo il poliziotto tenace e moderno, grande nemico di Cosa nostra, era soprattutto un marito innamorato e un papà affettuoso, disponibile, "che riempiva lo spazio e l'atmosfera di gioia" e che raccontava ai tre figli le favole, come si legge nel libro di Alessia Franco. Conosciuto dal grande pubblico solo da poco tempo, grazie soprattutto alla fiction andata in onda lo scorso anno su Rai1 con Adriano Giannini come protagonista, il libro 'Raccontami l'ultima favola', si chiude con una lettera aperta della figlia Selima indirizzata al padre. "Eri un uomo allegro - scrive Selima - ma la tua non era quella allegria facile di chi si trova in mezzo agli eventi, o peggio di chi li sottovaluta. La tua allegria, il suo sorriso, avevano radici più profonde: erano scelti, coltivati giorno per giorno, per te e per gli altri". "Come te anche io l'ho scelta, questa mia allegria - continua Selima Giuliano - C'era un tempo in cui invece l'avevo ricevuta da te, papà. Anzi, mi sentivo io stessa la pianta dell'allegria, c'eri tu ad innaffiarmi. era così bello e normale che non ci pensavo. Respiravo dolcezza e mi sembrava normale". La prefazione è a cura di Lucia Risicato.

INGROIA PRESENTA LA LEGGE “LA TORRE BIS” - Venerdì 28 aprile, alle ore 16, Antonio Ingroia e Azione Civile Sicilia presentano a Palermo la proposta di legge “La Torre bis” contro la corruzione. All’incontro, che si terrà presso il Palazzo delle Aquile-Sala delle Lapidi in piazza Pretoria e sarà moderato dal giornalista de Il Fatto quotidiano Giuseppe Lo Bianco, interverranno il pm antimafia Antonino Di Matteo, Franco La Torre e il professore Vincenzo Provenzano, docente di economia applicata presso l'Università di Palermo. “Mafia e corruzione – spiega Ingroia, presidente di Azione Civile - sono due facce della stessa medaglia. La proposta di legge prevede perciò di estendere ai colletti bianchi indiziati dei reati più gravi - corruzione, concussione, corruzione giudiziaria - la normativa voluta da Pio La Torre per i mafiosi e approvata dal Parlamento nel 1982, purtroppo solo dopo il suo assassinio, di cui domenica ricorre il 35esimo anniversario. Come la mafia, dunque, anche la corruzione deve essere colpita sul piano finanziario: solo così si potrà arginare un fenomeno ormai diventato sistemico e salvare l'Italia degli onesti dalla bancarotta causata dai corrotti”.