Si è dimesso ieri il sindaco di Castelvetrano, Felice Errante, con una lunga lettera ai cittadini in cui si scusa anche con la propria famiglia, per aver trascurato moglie e figlio, “sono stato egoista con loro e gli ho creato un numero imprecisato di problemi che non ho colpevolmente compreso e che a volte ho superficialmente sottovalutato”.
Il motivo delle dimissioni però non emerge con chiarezza: “Considerato che la commissione prefettizia, alla quale abbiamo garantito cordiale e massima disponibilità – scrive Errante - pare abbia acquisito nella quasi totalità la documentazione richiesta, non ritengo ci siano ragioni per rimanere alla guida della città”.
La lettera contiene pure una risposta alle eventuali critiche sull’abbandono della nave a pochi metri dall’approdo: “Per quello che mi compete, ho portato la città a nuove elezioni a scadenza naturale. Difatti, da ieri per legge non è più possibile porre in essere atti amministrativi che determinano discrezionalità e le uniche attività consentite sono quelle ordinarie, oltre a quelle indifferibili e urgenti”.
Come dire: anche se restassi, non potrei fare granché. Ragioni che non convincono, appena accennate tra la valanga di considerazioni da campagna elettorale sulla bontà di ciò che è stato fatto con risorse limitate. A tratti i concetti sono sovrapponibili proprio ai contenuti del suo intervento di lunedì scorso, durante la presentazione del candidato sindaco Luciano Perricone, espressione della sua coalizione, non soltanto quando parla di responsabilità da assumersi, da uomini, ma anche sulla “drastica riduzione dei trasferimenti erariali e regionali”ed altre sintesi su difficoltà e risultati della sua amministrazione.
“Con dignità ho tenuto la schiena dritta senza abbassare mai lo sguardo – spiega Errante - anche nelle occasioni più difficili”. E tra queste annovera evidentemente quelle per lui più importanti: l’Arena di Giletti, l’arrivo de Le Iene e le commissioni antimafia (nuovi nemici del territorio, forse più malevoli del traffico e della siccità di Palermo nel film “Johnny Stecchino”).
E poi spiega di aver sempre reagito ad attacchi sinistri con forza ed intransigenza. E per “sinistri” non intende certo “biechi” o “cupi”. Tanto che, un po’ dopo, aggiunge che non è la sede per alimentare polemiche o buttarla in politica. E che “forse la storia ci dirà meglio tra qualche tempo”.
Il termine “sinistri” lo troviamo anche nel suo intervento di lunedì scorso quando, sempre nel corso della presentazione di Perricone, errante aveva detto: “Registro architetti sinistri, prezzolati, esperti in materie sanitarie, che viaggiano per i palazzi romani e tra qualche giorno anche per i palazzi trapanesi”. Il chiaro riferimento a Pasquale Calamia del Pd aveva portato l’ex sindaco Gianni Pompeo (oggi candidato al governo della città, appunto, con la coalizione del Pd) a commentare: “Ogni viscida allusione fatta nei confronti di un uomo che ha subìto dalla mafia rappresaglie e vendette, è intollerabile da tutte le persone per bene, e svela una singolare idea dello Stato e delle Leggi!”.
Ad ogni modo, polemiche ed attriti elettorali a parte, queste dimissioni, nonostante la lettera ai cittadini (e relativo video), non hanno avuto una spiegazione credibile.
Quali sono dunque le vere ragioni?
A “svelarle” ci pensa il vicesindaco Vincenzo Chiofalo, secondo il quale sarebbero “da imputare alla libertà di svolgere la campagna elettorale per il candidato a Sindaco dott. Perricone, scevro dal condizionamento del ruolo istituzionale”.
Peccato che Errante fosse lanciatissimo nella presentazione di Perricone già lunedì scorso e, nonostante fosse ancora sindaco, non sembrava per nulla condizionato dal ruolo istituzionale. Chissà che cosa avrebbe detto se non fosse stato scevro da condizionamento. Magari che questo scioglimento sarebbe stato “architettato” dal Pd, per neutralizzarlo attraverso le conoscenze romane di Pasquale Calamia?
Dunque perché? Per evitare l’onta dello scioglimento, così come fece Pompeo nel 1992? Sarebbe ancora possibile, dopo l’azione di indagine già conclusa degli ispettori ministeriali?
Casualmente però, le sue dimissioni arrivano appena in tempo per permettere un’eventuale sua candidatura alle prossime elezioni regionali. Nel caso volesse candidarsi all’Ars, infatti, dovrebbe dimettersi almeno 180 giorni prima del compimento del quinquennio riferito alla precedente elezione regionale, come prevede l’articolo 8 della legge regionale 29 del 1951.
Secondo questa legge, non sono eleggibili a deputato regionale i sindaci e gli assessori di comuni con popolazione superiore ai ventimila abitanti. Ma la norma non è applicabile laddove le funzioni esercitate siano cessate almeno, come si diceva, 180 giorni prima del compimento dei cinque anni dalla data della precedente elezione regionale.
E facendo un po’ i conti…
Egidio Morici