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02/06/2017 20:00:00

Mafia, il testimone di giustizia Angelo Niceta: "Isolato e annientato dallo Stato"

Da questo momento comunico che io ho iniziato un digiuno totale che proseguirà ad oltranza. Il mio digiuno è la conseguenza dall'isolamento e dell'annientamento sociale ed economico voluto e creato scientemente da questo Stato colluso con la mafia, stato che ha reso la mia vita e quella dei miei familiari impossibile, stato opportunista e in malafede che finge di dimenticare quei cittadini che fanno il proprio dovere fino in fondo.
È proprio vero quello che diceva il Dott. Falcone ‘in Italia per essere credibili bisogna essere morti’”. Con queste parole Angelo Niceta, figlio di Onofrio Niceta che, da circa un anno, ha rivelato ai magistrati i rapporti fra i famigliari e Bernardo Provenzano, i fratelli Carlo, Giuseppe e Filippo Guttadauro e persino con Matteo Messina Denaro.

Nonostante i pm Nino Di Matteo e Pierangelo Padova hanno chiesto per lui, sposato con quattro figli, lo status di testimone di giustizia, per aver reso dichiarazioni come persona informata sui fatti (richiesta inizialmente è stata accolta dalla Commissione Centrale del Ministero dell’Interno) oggi, pur non essendo mai stato indagato per mafia, viene considerato dallo Stato come un “collaboratore di giustizia”. Non solo. Nonostante questo “status” si trova abbandonato e senza nessuna protezione.
“La situazione è insostenibile - ha commentato velocemente a noi di ANTIMAFIADuemila - l'isolamento è totale, penso che la mia vicenda non abbia precedenti”.
Sentito al processo trattativa Stato-mafia nel maggio dello scorso anno aveva dichiarato: “Non ho soldi mi muovo a piedi. Alcune persone mi danno una mano. Sono sotto la soglia della povertà. Se ho rifiutato la protezione in questa fase è perché ad un certo punti mi è stato detto che la Commissione centrale mi aveva riconosciuto lo status di collaboratore di giustizia e non quello di testimone ma io non credo che sia configurabile così la mia condizione. Attendo quantomeno una spiegazione perché io non voglio scappare”.
Da allora nulla è cambiato e la situazione è addirittura peggiorata con una protezione che è di fatto assente (senza neanche un servizio di vigilanza). Inoltre è iniziato un rimpallo di responsabilità istituzionali al quanto surreale.

“Il Ministero degli Interni mi ha scritto che aveva preso atto della mia rinuncia e che avrei potuto presentare ricorso al TAR per chiedere tutta la documentazione perché, l’hanno scritto loro, non c’era nessun vincolo di segretezza - ha ricordato lo stesso Niceta pochi giorni fa intervistato su Left - Ovviamente ho presentato la richiesta d’accesso alla mia documentazione per valutare la situazione e presentare il ricorso, loro avevano due mesi per rispondere e non l’hanno mai fatto. Ho presentato ricorso al TAR Sicilia: Io non ho precedenti penali, non ho indagini, non ho nulla. Conosco tanti fatti semplicemente perché vivevo in quella famiglia, tant’è che nei processi in cui sono stato chiamato mi sono sempre presentato senza avvocato come “persona informata sui fatti”. Pochi giorni fa mi hanno notificato una riunione successiva del Ministero che smentisce il primo decreto dicendo che il mio status è protetto da segreto di Stato. In pratica, si smentiscono da soli. E a questo punto perderò il ricorso al TAR”. Di fronte al silenzio e lo stato di abbandono in cui verte l’intera famiglia, Niceta, ha scelto questa ulteriore forma di protesta. Saprà lo Stato dare una risposta? 

 

da Antimafiaduemila