Una Marina di libri, il più importante festival letterario del Sud Italia, ha ripreso vita l’8 giugno.
Ha ricominciato a battere il suo cuore fra il ficus magnolioide e i bambù dell’Orto Botanico di Palermo. E i battiti sono quelli di un cuore mediterraneo.
Mediterraneo perché si percepisce, profondo e sincero, il carattere di una comunità. Conversando con gli editori, si ha la rara sensazione di riuscire a sconfinare il limite che idealmente divide il lettore dalle radici della pagina scritta. La letteratura diventa principalmente un luogo di incontro.
Fra le piante dai nomi poco usati si ha l’impressione, talvolta, di essere entrati in una dimensione propria del realismo magico. Prova ne è stata la riduzione teatrale con i pupi siciliani dell’ultimo romanzo di Fabio Stassi Angelica e le comete (Sellerio, 2017): nelle ultime file una madre teneva la mano del suo bambino, seduto sul passeggino. Lo sguardo della donna era tanto rapito dall’incanto della scena da trascurare i richiami insistenti del figlioletto.
Ma la Marina non è tutta rose e fiori. Saranno da attribuire al carattere mediterraneo anche i problemi di disorganizzazione della manifestazione? Certo la movenza flemmatica è uno stigma tipico dei siciliani, sarà questa la ragione del ritardo di oltre tre quarti d’ora dell’inaugurazione: alle 17.30, orario previsto da programma, ancora si provavano i microfoni. E i ritardi si ripercuotono, come una slavina, su tutti gli appuntamenti della giornata.
Ciò potrebbe comportare un’enorme complicazione nella gestione degli spazi, se non fosse che la maggior parte degli eventi di questi giorni ha trovato un pubblico molto esiguo. Antonella Lattanzi, autrice di Una storia nera (Mondadori, 2017), fra le punte di diamante del programma, si è ritrovata dinanzi ad una platea semideserta. E anche per Giuseppina Torregrossa, col suo nuovo Cortile Nostalgia (Rizzoli, 2017), lo spazio del pubblico si è riempito a chiazze. Sorge spontaneo interrogarsi sul perché la Marina, che si professa festival dell’editoria indipendente, abbia bisogno di coinvolgere i grandi gruppi editoriali se questi, poi, non riescono effettivamente a riscuotere il successo sperato (o non maggiore di quello sortito dagli ospiti delle vere case editrici indipendenti).
Eppure forse per la scarsa presenza di persone alle presentazioni c’è una spiegazione: all’interno dell’Orto Botanico la gente si perde. Mancano, lungo i percorsi, segnali e indicazioni necessari per orientare i lettori e gli autori dispersi. Arrivare al palco dall’entrata principale, anche se provvidenzialmente muniti della mappa trovata all’info point, sembra un’impresa degna della caccia al tesoro nei romanzi di Stevenson.
In questi giorni la Marina continuerà, nella speranza che la malìa dei ritrovi letterari non sia più seguita dal disincanto dell’organizzazione.
MARCO MARINO