Per 14 mesi, dal febbraio 2016 ad aprile 2017, le microspie registrano il boss Giuseppe Graviano, detenuto al 41 bis, mentre parla con il camorrista Umberto Adinolfi. E ora quei dialoghi sono immediatamente stati depositati al processo trattativa Stato-mafia. Per i pm le intercettazioni sono rilevanti ai fini del processo. La Procura ha anche chiesto di citare a deporre lo stesso Graviano.
"Berlusca mi ha chiesto questa cortesia... per questo c'è stata l'urgenza. Lui voleva scendere... però in quel periodo c'erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa". È uno degli stralci di conversazione del boss di Brancaccio insieme al co-detenuto, durante l'ora d'aria nel carcere di Ascoli Piceno.
Sono 32 le conversazioni con Adinolfi, ritenute rilevanti dalla procura, che le ha depositate agli atti del processo sulla trattativa Stato-mafia. Il boss Graviano è indagato per la cosiddetta trattativa Stato-mafia: le intercettazioni gli sono state contestate nel corso di un interrogatorio risalente allo scorso 28 marzo., quando gli viene contestato il reato di minaccia a Corpo politico dello Stato in concorso con altri boss, per cui già è in corso il processo a Palermo. Davanti ai pubblici ministeri il boss decide di avvalersi della facoltà di non rispondere, spiegando di essere “distrutto fisicamente e psicologicamente con tutte le malattie che ho perché da 24 anni subisco vessazioni denunciate alla procura, entrano in stanza mi mettono tutto sottosopra ... mentre cammino perdo l'equilibrio e mi è stata diagnosticata una patologia per la quale perderò la memoria".
Graviano continuava a parlare dei suoi presunti rapporti con Berlusconi, alludendo all'intenzione dell'imprenditore di entrare in politica già nel '92: "Lui voleva scendere però in quel periodo c'erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa". Frase che i pm interpretano come la necessità di un gesto forte in grado di sovvertire l'ordine del Paese.
"Berlusconi - proseguiva Graviano - quando ha iniziato negli anni '70 ha iniziato con i piedi giusti, mettiamoci la fortuna che si è ritrovato ad essere quello che è. Quando lui si è ritrovato un partito così nel '94 si è ubriacato e ha detto 'Non posso dividere quello che ho con chi mi ha aiutato'. Pigliò le distanze e ha fatto il traditore". Le invettive contro l'ex premier, colpevole di averlo abbandonato, non si contano: "Tu lo sai che mi sono fatto 24 anni, ho la famiglia distrutta ... alle buttane glieli dà i soldi ogni mese. Io ti ho aspettato fino adesso... e tu mi stai facendo morire in galera senza che io abbia fatto niente". "Ti ho portato benessere, - è uno degli sfoghi - 24 anni fa mi arrestano e tu cominci a pugnalarmi". "Al Signor Crasto (cornuto, ndr) gli faccio fare la mala vecchiaia", continuava Graviano. "Sa che io non parlo - aggiungeva - perché sa il mio carattere e sa le mie capacità ...pezzo di crasto che non sei altro, ma vagli a dire com'è che sei al governo, che hai fatto cose vergognose, ingiuste".
Graviano parla anche delle stragi, alludendo al fatto che dietro le bombe del '93 non ci fosse Cosa nostra: "Poi nel '93 ci sono state altre stragi ma no che era la mafia, loro dicono che era la mafia. Allora il governo ha deciso di allentare il 41 bis, poi è la situazione che hanno levato pure i 450". Il riferimento è alla decisione, presa nel novembre del '93, di revocare il carcere duro per 450 boss mafiosi. Secondo i pm le parole di Graviano dimostrerebbero che tra le condizioni messe da Cosa nostra alle istituzioni per fare cessare le stragi c'era un allentamento del carcere duro.
Graviano, poi, ricorda il periodo al 41 bis trascorso a Pianosa: "Pure che stavi morendo dovevi uscire e c'era un cordone, tu dovevi passare nel mezzo e correre. Loro buttavano acqua e sapone". "Andavano alleggerendo del tutto il 41 bis ...se non succedeva più niente, non ti toccavano, nel '93 le cose migliorarono tutto di un colpo". Quindi rammenta la reazione dell'allora premier Ciampi, dopo le bombe di Milano nel luglio del '93: "Quella notte si sono spaventati, temevano il colpo di Stato e lui (l'allora premier Ciampi, ndr) se n'è andato subito a palazzo Chigi assieme ai suoi vertici. Loro non volevano nemmeno resistere, avevano deciso già di non resistere al colpo di Stato".
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