“Lo sviluppo economico del territorio siciliano, possibile grazie anche agli investimenti delle imprese, rischia di essere bloccato dai vincoli dei piani paesaggistici particolareggiati approvati dalla Regione senza la necessaria ricognizione delle attività esistenti nelle aree oggetto di pianificazione”.
E’ questo quello che sostiene il neo presidente di Confindustria Sicilia Giuseppe Catanzaro, secondo cui gli investimenti che la Sicilia rischia di perdere sono di oltre due miliardi di euro. A supporto di questa tesi c’è il "Caso Petrosino" con il Comune che ha fatto ricorso al Tar chiedendo di bocciare il piano che non avrebbe consentito gli investimenti delle aziende agricole del territorio, impedendo la creazione di nuovi impianti di trasformazione dei prodotti agricoli, nuove serre e mettendo a rischio anche quelli già esistenti. Per il momento il piano della Sovrintendenza rimane sospeso nell’attesa dell’udienza fissata a novembre.
Più in generale, anche per altri casi, tutta questa situazione sta creando la concreta possibilità che tante imprese abbandonino la Sicilia, dal momento che oltre ai nuovi progetti anche quelli in corso da anni sono a rischio di chiusura.
«Assistiamo a una generalizzata dichiarazione di notevole interesse ambientale anche su aree dove esistono attività produttive da decenni. Nei fatti si dice alle imprese chiudete gli impianti, andate altrove. Siamo davanti ad atteggiamenti anti-impresa - ha aggiunto Catanzaro - che mettono in ginocchio non solo il singolo imprenditore, ma intere collettività. Forse ci si dimentica, infatti, che una società economicamente evoluta si fonda proprio sulle imprese che creano ricchezza attraverso il lavoro e il gettito fiscale. È inconcepibile che uffici della stessa Regione siciliana diano indicazioni opposte sugli stessi argomenti disconoscendo quanto già deciso in precedenza e che una impresa sia messa in crisi da simili condotte. Non è possibile cambiare le regole del gioco mentre si è in gioco».
In giro per la Sicilia tra le diverse opere che rischiano un blocco, Catanzaro elenca i 500 milioni destinati ai porti turistici e alle infrastrutture di Siracusa, 180 milioni per il termovalorizzatore del messinese, 100 milioni bloccati per la provincia di Ragusa nel settore petrolifero, 800 milioni che corrisponde all’investimento di Terna per l’alta tensione e infine 1 miliardo l’importo previsto dall’Ance da impiegare per opere come strade, autostrade e depuratori.
Sulla questione dei provvedimenti che riguardano i piani paesaggistici, si sono schierati due blocchi che sono in contrapposizione tra di loro. Uno è quello della Uil. Qui di seguito quello che afferma il segretario Claudio Barone: "I provvedimenti che appaiono arbitrali e imprevedibili, stanno bloccando fondi per centinaia di milioni circa, ma soprattutto si scoraggia chiunque decida di investire nel territorio, condannando la nostra Isola al deserto. Qualsiasi pretesto diventa buono per bloccare investimenti. Prima di assumere decisioni così drastiche bisognerebbe confrontarsi con le parti sociali e datoriali”.
La pensa all’opposto, invece, il presidente di Legambiente Sicilia Gianfranco Zanna: «La Regione - spiega il presidente - sta faticosamente portando avanti il programma di pianificazione paesaggistica, siamo gli ultimi ad arrivare in Italia. È un percorso che si sta facendo con regole e norme da rispettare. Sono previste la definizione del piano, la sua discussione, l’adozione, le osservazioni, l’esame delle osservazioni e infine il varo definitivo. Chi si lamenta e vorrebbe trivellare nelle riserve, sappia che i vincoli hanno solo fotografato aree meritevoli di tutela e già esistenti. Se pensano di andare avanti con un modello di sviluppo passato, il petrolio, non è colpa nostra. La Sovrintendenza non si è piegata a Legambiente».
Legambiente ha annunciato che affiancherà la Regione contro il ricorso fatto dalle imprese e dagli Enti locali. Barone invece dice che: «la Uil Sicilia è pronta alla mobilitazione per impedire ancora danni causati dalla malaburocrazia. Per questo chiediamo subito una convocazione al governo regionale».