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15/07/2017 06:00:00

Sicilia, il flop della riforma delle province. Si torna indietro e si riparte da zero

Siamo a metà del 2017, tra qualche mese finisce il mandato di cinque anni del governo Crocetta ma della riforma delle province, annunciata come rivoluzionaria, che doveva migliorare i servizi ai cittadini e consentire un consistente taglio alla spesa pubblica rimangono solo tante chiacchiere e polemiche.

Alla riforma che si è rivelata un grande flop nei giorni scorsi è stato dato il colpo di grazia definitivo all’Ars, dove la Commissione Affari Istituzionali ha approvato il disegno di legge che prevede l’elezione diretta dei consiglieri e dei sindaci metropolitani e dei consiglieri e dei presidenti degli altri enti di area vasta: le ex province che dovevano essere abolite. Insomma, si rimette tutto in discussione e si torna al voto dei cittadini.

Di recente, tra l’altro, gli aspetti di questa mancata riforma sono stati al centro di una relazione della Sezione di controllo della Corte dei Conti che ha ribadito che dal punto di vista finanziario e da quello riguardante proprio i servizi ai cittadini, si è rivelata un disastro.

"L'intensificarsi dell'emergenza finanziaria, - scrive la Sezione di controllo della Corte - il marcato ridimensionamento dei budget di spesa ha ridotto al minimo l'attività istituzionale svolta dai liberi Consorzi nei confronti sia degli altri livelli di governo che, soprattutto, dei fruitori dei servizi pubblici. Hanno risentito particolarmente i servizi per i disabili e quelli di supporto alle scuole di secondo grado; nei casi più gravi, si segnalano situazioni di notevole arretrato nel pagamento degli stipendi".

E' solo uno dei passaggi della relazione sulla finanza locale degli enti di vasta area come le ex Province. I giudici segnalano la necessità di un passaggio dalla condizione commissariale ed emergenziale per garantire stabilmente la continuità istituzionale e la reale funzionalità delle amministrazioni garantendo risorse adeguate alle funzioni ed ai servizi istituzionali di pertinenza. Una condizione, quella delle Province affidata a commissari “straordinari” funzionari scelti dal presidente della Regione, in sostituzione di presidenti e consiglieri che venivano invece eletti dai cittadini, e che va avanti ormai da oltre quattro anni. 

Un flop e anche un enorme paradosso. Perché stando alla relazione della Corte, non solo le Province non sono state abolite, ma le funzioni attribuite agli enti che ricalcano il vecchio ente, sono persino… aumentate. “Merita adeguata considerazione – scrive infatti la Sezione di controllo - il diverso disegno strategico del legislatore regionale che, a differenza di quanto previsto a livello nazionale - ove prevale una riallocazione presso altri livelli di governo - tende al mantenimento e addirittura all’implementazione delle funzioni precedentemente assegnate agli enti intermedi".

Ma facciamo un po’ di cronistoria. Nel 2013 Crocetta cancellò le Province, bloccò le imminenti elezioni e inviò i commissari in attesa di creare i nuovi enti.  Da allora iniziò all’Ars una discussione infinta durata tre anni per approvare la riforma che doveva dare vita a sei Liberi Consorzi (le associazioni di Comuni del Trapanese, Ennese, Nisseno, Agrigentino, Ragusano e Siracusano) e tre Città Metropolitane (Palermo, Catania e Messina).

Al vertice dei primi sei doveva essere eletto un sindaco del territorio mentre gli altri sindaci dovevano comporre il consiglio. A capo delle Città Metropolitane di diritto il sindaco del capoluogo, affiancato anche in questo caso da un consiglio. La riforma tra censure e ripensamenti si è arenata e i diversi enti di area vasta, le città metropolitane e i liberi consorzi non sono mai arrivati al traguardo delle urne, senza dimenticare il fatto che 6500 dipendenti delle province sono entrati in un nuovo limbo professionale ed economico.

"Il ritorno ad una istituzione espressione dei cittadini -  affermano Marco Falcone e Franco Rinaldi di Forza Italia - rimetterà in moto quegli enti sovracomunali che torneranno ad essere punto di riferimento per il territorio siciliano, come accadeva prima di questa riforma, a dir poco catastrofica di Crocetta".