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19/07/2017 16:12:00

La figlia di Borsellino, Fiammetta: "Siamo stati lasciati soli"

 Aveva 19 anni al momento della strage. Oggi Fiammetta Borsellino ne ha 44 e ancora non conosce la verità. L'ha chiesta il 23 maggio, ricordando nella diretta Rai il padre e Giovanne Falcone, sul palco di Fabio Fazio, la chiede oggi con un'intervista triste e dura al Corriere della Sera. Oggi verrà sentita in Commissione Antimafia e, ha detto, "porterà le prove che la verità è stata occultata". Racconta la solitudine - "nessuno si fa più vivo con noi" - la rabbia - "mio padre fu lasciato solo (...) siamo un Paese che nasconde verità inconfessabili" e la decisione a non fermarsi qui - "consegnerò inconfutabili atti processuali dai quali si evincono le manovre per occultare la verità". In giornata Fiammetta parlerà nel chiostro della questura di Palermo, durante la rassegna Il dovere della memoria: da Capaci a via D'Amelio.

"Abbiamo avuto un balordo della Guadagna come pentito fasullo e una Procura massonica guidata all'epoca da Gianni Tinebra che è morto, ma dove c'erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo..." dice ancora Fiammetta Borsellino.  "Venticinque anni di schifezze e menzogne - dice Fiammetta Borsellino - All'Antimafia consegnerò inconfutabili atti processuali dai quali si evincono le manovre per occultare la verità sulla trama di via D'Amelio". "Io non so se era alle prime armi. E comunque mio padre non si meritava giudici alle prime armi, che sia chiaro''.

Si riferisce al pm Nino Di Matteo che era tra i magistrati di Caltanissetta che si occuparono dell'inchiesta sulla strage. Alcuni giorni fa la corte di appello di Catania, nel processo di revisione, ha assolto 9 persone che erano state condannate ingiustamente per la strage. "Ai magistrati in servizio dopo la strage di Capaci - dice Fiammetta Borsellino - rimprovero di non aver sentito mio padre nonostante avesse detto di voler parlare con loro. Dopo via D'Amelio riconsegnata dal questore La Barbera la borsa di mio padre pur senza l'agenda rossa, non hanno nemmeno disposto l'esame del Dna. Non furono adottate le più elementari procedure sulla scena del crimine. Il dovere di chi investigava era di non alterare i luoghi del delitto. Ma su via D'Amelio passò la mandria di bufali". "Nessuno si fa vivo con noi. Non ci frequenta più nessuno, magistrati o poliziotti. Si sono dileguati tutti. Le persone oggi a noi vicine le abbiamo incontrate dopo il '92. Nessuno di quelli che si professavano amici ha ritenuto di darci spiegazioni anche dal punto di vista morale".