Nel 2009, per sei volte, un utente con il nome di Sergio Mattarella (l'attuale Capo dello Stato) è entrato nella pagina di Wikipedia sull’ex ministro dc Bernardo Mattarella, scomparso nel ’71, per correggerene la biografia ed eliminare tutti i passaggi sui presunti rapporti con Cosa nostra.
A dare notizia di questo episodio è il Fatto Quotidiano. Non è dato sapere se l'utente "Sergio Mattarella" sia stato veramente il Capo dello Stato, figlio dello stesso Bernardo. Certo è che nelle sue modifiche ha ricordato come la sentenza della Corte di Viterbo, sulla strage di Portella delle Ginestre, “dichiarò infondate le accuse di Gaspare Pisciotta”, che aveva indicato Mattarella padre tra i mandanti. Altro documento citato è la condanna per diffamazione nei confronti del sociologo Danilo Dolci che accusava Bernardo Mattarella di collusioni con la mafia, riportando il passaggio in cui si evidenziava come lo stesso “ha sempre espresso in modo inequivoco la sua condanna del fenomeno mafioso”.
Ed in risposta alla denuncia dell’Antimafia del ’76 (dove vi era ancora Pio La Torre), che lo indicava come l’uomo che “traghettò la mafia del fascismo e del separatismo alla Dc”, è stato riportato un articolo dello storico Massimo Ganci che nel ’69 sul Giornale di Sicilia definiva Mattarella padre “il nemico numero uno del Movimento Indipendenza Siciliana”.
Il Fatto, nell’articolo, mette in evidenza come sia singolare che i documenti citati dall’utente “Sergio Mattarella” (dietro cui secondo i responsabili di Wikipedia potrebbe nascondersi qualsiasi persona) siano gli stessi che il capo dello Stato ha effettivamente usato nelle cause giudiziarie per difendere la memoria del padre. Elementi che farebbero pensare che si tratterebbe proprio del fratello di Piersanti. Nell’articolo il Fatto Quotidiano fa anche sapere di aver interpellato il Presidente della Repubblica che tramite il portavoce non ha lasciato alcuna replica.
Altro dato è che nella primavera 2009 proprio Sergio Mattarella scrisse alla Longanesi per lamentarsi sui contenuti dei libri di Alfio Caruso “Il lungo intrigo” e “Da Cosa nasce cosa”. Testi che porteranno poi alla causa che Sergio Mattarella ed i nipoti hanno aperto contro lo stesso Caruso e che ha portato alla condanna del giornalista con l’ordine di pagare 30mila euro a risarcimento.