10,30 - L’inchiesta ha anche permesso di individuare i responsabili di una sparatoria avvenuta la sera del 4 marzo 2015, nella piazza centrale del quartiere. Coinvolti Giuseppe e Domenico Tantillo, all’epoca ai vertici della cosca, e i componenti della famiglia di Francesco Russo che, dal 2006 al 2008, aveva retto l’organizzazione e intendeva, di fatto, riprenderne le redini. Le due fazioni si affrontarono in piazza a colpi di pistola. La gravità e il clamore suscitato dalla vicenda - è emerso dall’inchiesta - avrebbe spinto Paolo Calcagno, boss alla guida del mandamento di Porta Nuova che controlla Borgo Vecchio, a intervenire immediatamente nei confronti di Russo a cui fu detto di rispettare le gerarchie, pena l’allontanamento dal quartiere. L’inchiesta ha portato anche a individuare gli autori di una rapina avvenuta, la sera del 26 giugno 2011, in un’abitazione del rione Borgo Vecchio, in cui la vittima fu ferita da colpi d’arma da fuoco: il reato non era stato «autorizzato» e, quindi, i responsabili erano stati poi aggrediti fisicamente dagli esponenti del mandamento mafioso di Porta Nuova e dagli stessi vertici della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.
07,00 - Mafia, blitz a Palermo: 17 arresti. I carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo stanno eseguendo l'arresto di 17 persone accusate di associazione mafiosa, estorsione, tentato omicidio, rapina, illecita detenzione di armi e munizioni e fittizia intestazione di beni.
L'inchiesta, coordinata dalla dda, è la prosecuzione di operazioni condotte nei confronti degli affiliati del mandamento mafioso di Porta Nuova negli ultimi sei anni e ha permesso di "decapitare" il clan di Borgo Vecchio. Grazie alle intercettazioni e alla rivelazioni di due "pentiti" sono stati individuati assetti e dinamiche della cosca.
Dall'indagine è emerso il ruolo di vertice nel clan di Elio Ganci. Nel 2015, certi di essere arrestati dopo la collaborazione con la giustizia di Francesco Chiarello, i fratelli Domenico e Giuseppe Tantillo, allora reggenti della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, avrebbero ottenuto il consenso dai vertici del mandamento di Porta Nuova per la designazione del loro successore individuato, secondo gli inquirenti, proprio in Ganci.
Ganci è stato, scarcerato nel novembre di due anni fa dopo aver scontato una condanna per mafia ed estorsioni. Il boss, secondo gli inquirenti, si sarebbe servito di Fabio Bonanno, Salvatore D'Amico, Luigi Miceli e Domenico Canfarotta, delegati a curare il sostentamento economico dei familiari dei detenuti, le attività estorsive ed il controllo della piazza di spaccio nel territorio di competenza mafiosa attività con cui la mafia si finanzia e con cui controlla il territorio. Nel corso dell'inchiesta sono state sequestrate anche diverse attività commerciali riconducibili a cosa nostra, intestate a prestanomi attraverso le quali il clan riciclava il denaro sporco.
L'inchiesta ha portato al ritrovamento del cosiddetto "libro mastro" del pizzo, una sorta di documento contabile con l'indicazione delle vittime e del bilancio delle estorsioni. Sono stati ricostruiti inoltre 14 taglieggiamenti a imprenditori e commercianti della zona del Borgo Vecchio, nel cuore della città, costretti al versare a cosa nostra somme di denaro per evitare ritorsioni che, in qualche circostanza, sono avvenute e sono state documentate dai carabinieri.
Scrive Live Sicilia:
C'erano i nomi di venticinque di commercianti nel libro mastro del racket. In diciotto, convocati dai carabinieri, hanno ammesso di pagare la tassa di Cosa nostra. Si sono liberati del giogo mafioso. Non era facile in una borgata dove si hanno addosso gli occhi di tutti. Ce l'hanno fatta. Altri, invece, hanno negato persino l'evidenza e saranno inevitabilmente indagati per favoreggiamento.
Sborsavano poche centinaia di euro al mese. Se si rifiutavano subivano ritorsioni. Oppure due pagamenti per le le feste comandate, Pasqua e Natale. "Mi davano i soldi a me, tutti i conti li facevo io, il libro mastro lo avevo io - aveva confessato Tantillo - anche delle entrate, dei traffici, la droga, estorsioni... tutto”. È stata una delle prime cose riferite ai pubblici ministeri nel maggio 2016, quando ha deciso di lasciarsi alle spalle la militanza in Cosa nostra: “Ce l'ho nascosto nella consolle, in un primo momento era messo dentro un fono, quindi non lo hanno trovato i carabinieri... c'ho una consolle in marmo... si sposta e c'è il foglio... quello che mi ha dato Giuseppe Di Giacomo”.
I carabinieri si sono messi al lavoro sulla sfilza di nomi e cifre annotate nella contabilità del clan. C'erano I riferimenti a commercianti nuovi rispetto a quelli resi noti da un altro collaboratore, Francesco Chiarello con cui, spiegava Tantillo, “non ho avuto niente a che fare”.
Di alcune estorsioni il neo collaboratore aveva fornito i particolari. Onofrio Lipari, detto Tonino, ad esempio “un paio di vole è venuto per delle estorsioni... c'erano delle ditte che facevano dei lavori a Borgo Vecchio... lui mi diceva che si interessava lui per farci avere i soldi delle estorsioni”. Un'altra volta Stefano Comandè “è venuto insieme a Tonino Lipari per quanto riguardasse un'estorsione a un costruttore che stava facendo un lavoro in via Ugo Bassi in cui lui, Stefano Comandè, ci disse che se ne sarebbe occupato lui per questa estorsione facendoci avere dei soldi, 1500 euro... stavano facendo un lavoro di ristrutturazione ad un prospetto”.