Non è chiuso il caso giudiziario del giovane salemitano (M.M.) accusato di violenza sessuale, minacce, lesioni e violenza privata in danno di una cuginetta e per il quale, nel dicembre 2016, il Gup del Tribunale per i minorenni di Palermo, Salvatore Caponnetto, aveva disposto il “non luogo a procedere” in quanto gli elementi acquisiti erano risultati “insufficienti”.
A riaprire il caso, adesso, è stata la Cassazione, che ha accolto il ricorso presentato in febbraio dall’avvocato gibellinese Giuseppe Ferro, legale di parte civile, per l’annullamento della decisione del Gup. E annullando la decisione del gup, la Suprema Corte ha disposto la trasmissione degli atti del procedimento al Tribunale per i minorenni di Palermo. Una sorta di rinvio a giudizio. M.M. sarà, quindi, processato. “Sono soddisfatto per il risultato ottenuto in Cassazione – commenta l’avvocato Peppe Ferro – Adesso il Tribunale valuterà le responsabilità dell’imputato”. Quest’ultimo è difeso dall’avvocato Calogera Falco. All’epoca dei fatti (fine maggio 2014), M.M. non era ancora maggiorenne. Avrebbe compiuto 18 anni circa tre mesi dopo. Il procedimento era stato avviato a seguito della denuncia della presunta vittima, di due anni più giovane rispetto all’accusato. La ragazza aveva raccontato che il cugino 17enne, mentre altri due cugini si trovavano nella stanza accanto, le avrebbe usato violenza dopo averla spinta sul letto. L’avrebbe prima immobilizzata, provocandole lividi alle braccia, e poi, per impedirle di gridare e chiedere aiuto, le avrebbe messo una mano sulla bocca. Baciandola, quindi, sul collo, contro la sua volontà, le avrebbe fatto il classico “succhiotto”. Infine, sempre secondo l’accusa, avrebbe tentato di sfilare i pantaloni alla ragazza, che però riuscì a divincolarsi e a sfuggire alla violenza carnale. Nella stessa stanza vi sarebbe stato anche il fratello della ragazza, che dormiva, mentre gli altri due cugini erano nella stanza avente lo stesso muro interno e comunicante al piano di sotto, dove c’erano una zia con un bambino. “Eppure – ha fatto rilevare l’avvocato difensore Calogera Falco - nessuno ha sentito nulla”. I fatti contestati sarebbero avvenuti nella notte tra il 26 e il 27 maggio 2014. A coordinare l’indagine è stata il pubblico ministero presso la Procura dei minorenni di Palermo Paoletta Caltabellotta. Un anno, fa la decisione del gup Caponnetto arrivò dopo l’incidente probatorio nel corso del quale la ragazza ha cercato ancora di accusare il cugino. Ma, evidentemente, non è riuscita a convincere il giudice. “La mia soddisfazione – dichiarò l’avvocato Calogera Falco subito dopo la decisione del gup - è data dalla nostra capacità di avere contrastato l’accusa subito con elementi probatori di senso contrario, tra cui le dichiarazioni di un minore di 11 anni, della di lui madre e del fratello più grande, che hanno tutti affermato che il giovane non aveva commesso alcun reato ed era rimasto l’intera serata in veranda a parlare al telefono. Non abbiamo, inoltre, mai accettato di sottoporci a programmi o pene alternative perché consapevoli dell’innocenza assoluta dell’imputato”. Adesso, però, si va al processo, mentre non sembra esserci alcuna possibilità di “riavvicinamento” tra le famiglie dei due protagonisti della vicenda.