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11/12/2017 04:15:00

Silvio Berlusconi, il centro – destra , il centro - sinistra e il M5S

di Leonardo Agate -   Che un uomo di 80 anni, Silvio Berlusconi, sia ancora la centro della politica italiana fa riflettere, soprattutto se si guarda alla sua storia. Era un imprenditore di successo quando, agli inizi degli anni ’90, cominciò a pensare di entrare in politica. Non è che fosse estraneo alla politica di prima, perché era stato vicino ai socialisti ed a Craxi: imprenditore che, all’occorrenza, chiedeva aiuto ai politici, e a volte li aiutava come può fare uno che ha tanti soldi.

Quando decise di entrare direttamente in politica, la situazione era talmente ingarbugliata, e pregna di incognite, che nessuno ci si raccapezzava più. Il crollo del Muro di Berlino nel 1989 procurò l’implosione del regime sovietico. Nel nostro Paese i partiti andarono a carte quarantotto con l’inizio della stagione di Tangentopoli. L’unico partito che conservò la sua identità e la sua struttura fu il Pci, che cambiò nome e simbolo nel ’91 con la speranza di far dimenticare i suoi trascorsi, sia a livello italiano che a livello internazionale. I resti di tutti gli altri partiti, distrutti dalle indagini giudiziarie per concussioni, tangenti, corruzioni, finanziamenti illeciti ecc. non costituivano più alcun argine al sopravvento della sinistra.
Berlusconi pensò che la prevalenza della sinistra era soltanto apparente, rispetto a una massa di italiani, di entità almeno pari, che rappresentava il centro - destra. Se ci sapeva fare, poteva coagulare intorno a una nuova entità politica quegli italiani che non si identificavano nella sinistra. Nel 1993 creò Forza Italia, e contrappose le sue idee liberali a quelle socialiste.
Il Cavaliere avrebbe potuto non entrare direttamente nell’agone politico, e sfruttarne i benefici dall’esterno, come fecero altri imprenditori del suo calibro, per esempio Agnelli e De Benedetti. Avrebbe potuto fare come fece Enrico Mattei, che, quando aveva bisogno di un legge favorevole alle sue aziende, usava i partiti, tutti, come taxi: pagava la corsa e poi scendeva.

La scelta di Berlusconi fu diversa, e da quella scelta dipese il suo futuro e quello italiano fino ad oggi.
Il sodalizio con Montanelli, direttore del giornale di proprietà di Berlusconi, si ruppe proprio quando l’imprenditore decise di fare politica direttamente. L’amico Montanelli lo avvisò che sarebbe diventato il bersaglio di tutte le opposizioni, della sinistra in particolare, e il suo tallone di Achille sarebbe stato il conflitto di interessi tra un grande imprenditore con molti interessi in diversi campi e la nazione che chiede di perseguire a un capo del governo gli obbiettivi generali. Berlusconi non seguì i consigli del suo amico giornalista, e fu tra di loro rottura.
Dal momento in cui Berlusconi è entrato direttamente nella politica è cominciata nei suoi confronti la valanga dei procedimenti giudiziari che lo hanno investito, riguardanti le sue attività di imprenditore e la sua vita privata. Nessun imprenditore ha avuto mai tanti procedimenti giudiziari a suo carico quanti ne ha avuti il Cavaliere. Le sue aziende sono state sottoposte a ogni tipo di controllo; la sua vita privata è stata osservata negli aspetti più intimi, pure dal buco della serratura della sua camera da letto. Molti procedimenti giudiziari si sono chiusi con prescrizioni o assoluzioni. Altri sono ancora in corso. Per uno è stato definitivamente condannato e ha scontato la pena. Ora attende che la Corte di Giustizia europea si pronunci sulla legittimità della sentenza di condanna.
Nonostante tutto questo, l’ex capo del Governo non demorde ed è l’aggregante del centro – destra che dovrebbe contendere al centro -sinistra e ai grillini la futura maggioranza parlamentare. I più ipotizzano che alla fine ci sarà un accordo postelettorale tra il centro – destra e il centro - sinistra, che metterebbe fuori giuoco il M5S. Questo movimento è visto come il fumo negli occhi sia da destra che da sinistra, perché è la vera novità della politica. Senza una tradizione, senza un’ideologia legata a destra o a sinistra, rompe le uova nel paniere di tutti. La sua forza è nel malcontento, diffuso nel trenta per cento degli italiani, su come vanno le cose pubbliche e private. Questo malcontento non sembra recuperabile alle aspirazioni della vecchia sinistra e nemmeno a quella della vecchia destra, strumenti ormai inservibili per l’indicazione di una nuova direzione. Tuttavia si tratta un umore diffuso, costituito da un rifiuto del passato, che rende oltremodo incerta la futura governabilità del Paese.
Nulla è escluso in quello che può succedere dopo le elezioni della prossima primavera. La politica è l’arte del compromesso. Potrebbe pure succedere che i rappresentanti grillini nel Parlamento ripensino al loro splendido e inutile isolazionismo, e scendano a patti con gli altri due pilatri del tripolarismo italiano. Un futuro governo di cose concrete da affrontare, alieno da ideologismi di vecchia e superata memoria, potrebbe finalmente dare al Paese quel quid di novità di cui abbiamo bisogno. Il futuro non potrà essere peggiore del presente. Una certa dose di sano ottimismo si può avere.