09,00 - Fermato un 30enne per l'omicidio delle due sorelle accoltellate e picchiate in casa a Ramacca. I carabinieri del nucleo operativo di Catania, insieme ai colleghi di Palagonia e Ramacca ieri sera a tarda notte, a conclusione dell'attività investigativa, hanno individuato e arrestato l'assassino dell'efferato duplice omicidio.
07,00 - Massacrate a coltellate nella loro abitazione. In una elegante piccola palazzina a tre elevazioni che si affaccia sulla villetta comunale di Ramacca. Nel silenzio assordante del paesino che vive di agricoltura nel Catanese. Nessuno si è accorto della morte atroce di Lucia e Filippa Mogavero, di 70 e 79 anni, sorelle assassinate con numerose coltellate in più parti del corpo.
I carabinieri le hanno trovate in pozze di sangue nelle loro case: al primo e al terzo piano, una in un ripostiglio e l'altra in camera da letto. La casa a soqquadro. Tutto messo sottosopra. Un tentativo di rapina o un depistaggio? Per i carabinieri che indagano "tutte le piste sono aperte".
Ascoltano in caserma la teste privilegiata: una terza sorella delle vittime, Cettina, insegnante in una scuola primaria, scampata alla strage perché era a scuola. E' stata lei a dare l'allarme rientrando a casa. La chiave del portone, con la serratura non forzata, non apriva bene, ha chiesto aiuto a dei vicini e dopo lo scatto e l'apertura dell'uscio è apparso l'inferno davanti agli occhi.
E' sotto choc tanto che fino a sera i carabinieri non riescono ad ottenere grandi informazioni da lei. "Non lo so perché è successo...", continua a ripetere coprendosi il volto rigato di lacrime con le mani.
Non riesce a darsi una spiegazione neppure un quarto fratello, Giovanni, ex carabiniere in pensione che vive a Enna: "Sono stati dei mostri, certamente, per fare una cosa del genere: sono entrati e hanno fatto tutto quello che dovevano fare. E io non so il perché. La mia esperienza di investigatore - aggiunge - la tengo per me...". Un quinto fratello vive in Australia.
Le tre sorelle vivevano da tempo insieme nella stessa palazzina, con un appartamento per piano. Nessuna di loro era sposata. In paese le descrivono come tre donne "assolutamente per bene che si dividevano tra le chiese San Giuseppe e la Matrice, e poi solo casa e lavoro".
I vicini non hanno sentito rumori. La porta che non presenta effrazioni potrebbe portare a pensare che le vittime conoscessero l'assassino o gli assassini, ma in un paese di diecimila persone c'è anche chi lascia ancora la porta socchiusa. I carabinieri del comando provinciale di Catania, coordinati dalla Procura di Caltagirone, stanno visionando le riprese delle telecamere attigue alla zona, anche quella di una via su cui dà un ingresso secondario del palazzo in cui vivevano solo le tre donne.
Impossibile dire se manchino soldi o oggetti preziosi, difficile fare un inventario per un delitto atroce che assume sempre più i contorni del giallo. In paese gira, ma per poco, la voce di una bicicletta trovata vicino casa, ma i carabinieri smentiscono categoricamente.
Non sarebbe un'altra Palagonia, dove avvenne il duplice omicidio di Vincenzo Solano e della moglie Mercedes Ibanez assassinati da un ospite del Cara di Mineo. "Noi siamo un paese diverso - spiega il sindaco Pippo Limoli - qui ci sono trenta minorenni non accompagnati in comunità, bene assistiti e bene inseriti. Certo adesso anche noi, che non abbiamo nel Dna questa violenza, abbiamo paura".
QUANTA VIOLENZA. «E' l’ennesimo massacro che si registra nel Calatino. La scena del delitto è raccapricciante. Due donne picchiate e colpite ripetutamente con un'arma da taglio in più parti del corpo. Bisogna fermare questo massacro. Noi e le forze dell’ordine siamo impegnati al massimo con tutti i problemi di organico che abbiamo e con quelli legati al territorio e alla criminalità presente». E' un appello ma anche un grido d'allarme quello che lancia il procuratore capo di Caltagirone Giuseppe Verzera dopo il sopralluogo sull'ultima scena del delitto, quello di due anziane sorelle barbaramente assassinate in casa a Ramacca probabilemente per rapina.
Quello di Lucia e Filippa Mogavero, di 70 e 79 anni, è solo l'ultimo di una lunga serie di fatti di sangue avvenuti nell'ultimo paio d'anni nel Calatino, dove piccole comunità vengono sconvolte da questi episodi di cronaca nerissima che inquietano e mettono paura alla gente. Meno di una settimana fa, esattamente il giorno della festa dell'Immacolata, il macabro ritrovamento di un cadavere con la testa mozzata e senza braccia a Caltagirone, dove alcune persone a passeggio con i cani nella pineta di contrada Semini, hanno notato quello che da lontano sembrava un manichino, ma quando si sono avvicinati per capirne di più si sono trovati davanti la scena horror.
Proprio ieri la svolta nel giallo del cadavere senza testa e senza braccia. La Procura è riuscita a dargli un nome e un cognome: Costel Ciobanu, un romeno di 51 anni che lavorava in nero nelle campagne della Piana di Catania, non lontano dalla base statunitense di Sigonella. A mettere gli investigatori sulla strada giusta, è stata la sorella del poveretto, che abita a pochi chilometri da Vaslui, in Romania, e che non sentiva il congiunto, solito chiamarla ogni sera, da qualche giorno. La donna ha presentato denuncia di scomparsa e da qui si è potuto identificare la vittima.
Il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltagirone, Giuseppe Verzera, non ha dubbi sulla natura violenta delle cause della morte: «Si tratta di un omicidio efferato, commesso da criminali non comuni. E le amputazioni inferte al corpo rappresentano un segnale. Non trascuriamo alcun dettaglio per capire a chi fosse diretto, e perché, questo messaggio così cruento». Il procuratore ammette che, individuata con altissima probabilità la vittima, le indagini hanno ora preso una direzione più precisa: «Stiamo scandagliando – conclude Verzera - tutto ciò che ruotava attorno a lui, dagli ambienti, alle persone che conosceva e frequentava, per comprendere chi può essersi macchiato di un atto così grave e che cosa può averlo determinato».
Tre mesi fa circa, e più precisamente l'11 settembre, invece l'omicidio di Raffaele Mandrà, mite pensionato di 81 anni (sposato e con figli), ucciso in strada con quattro coltellate da Gesualdo Rossitto, un 60enne con problemi economici, che si è poi costituito dai carabinieri dicendo loro: “Non lo so perché l'ho fatto...". Mentre passeggiava in piazza Garibaldi a Palagonia, colpito da un raptus, Rossitto ha aggredito il pensionato (che era con i sacchetti della spesa) uccidendolo, apparentemente senza un motivo: i due si conoscevano di vista, ma non avevano contrasti tra di loro.
Il 23 agosto sempre a Palagonia fu assassinato da un killer (poi arrestato grazie ad un video), Francesco Calcagno, 58 anni, palagonese. Almeno cinque colpi di pistola lo hanno “freddato” al termine di un agguato mafioso, che aveva tutto il sapore della vendetta. La vittima era nota in paese (e nelle aule di giustizia del Tribunale di Caltagirone) per aver ucciso lo scorso 5 ottobre, al “Cafè Europa” di via Vittorio Emanuele, nel centro abitato di Palagonia, il consigliere comunale Marco Leonardo, il “Vichingo” per antonomasia, titolare di una stazione di rifornimento di carburanti sulla Ss 385 Catania-Caltagirone. Per l'omicidio di Calcagno si trova in carcere il 49enne Luigi Cassaro, di Licata, accusato di essere l’autore dell’agguato mortale: la procura è risalita al sicario grazie a minuziose indagini e ad una soffiata.
E Calcagno come detto era accusato dell'omicidio, avvenuto il 4 ottobre dello scorso anno, in un bar di Palagonia dove l'uomo durante un conflitto a fuoco in puro stile Far West uccise davanti a diverse persone il consigliere comunale Marco Leonardo di 41 anni. Calacagno si costituì un paio d'ore dopo il delitto, confessando di aver ucciso Leonardo per un debito non onorato.
E' del 27 luglio 2016 l'omicidio di Francesco Barbanti, 44 anni, militellese, celibe, incensurato, ex titolare di un’attività di soccorso stradale e demolizioni di auto. Barbanti si vide parare davanti Febronio Gueli, 47 anni, che gli esplose contro ben 7 colpi di pistola: anche qui probabilmente c'era un debito non onorato alla base del movente.
Il 15 giugno scorso è invece morto in ospedale Vincenzo Rizzo, il pensionato 70enne di Grammichele che, alle 5 circa del 4 dicembre 2016, era rimasto vittima di una selvaggia aggressione. Il decesso ha aggravato la posizione dei due giovani finiti in manette grazie anche ai filmati di alcune telecamere. I due, Gianpaolo Di Stefano, 23 anni, e Agrippino Leandro Strano, 24, entrambi di Grammichele, inizialmente accusati di lesioni aggravate, ma di omicidio preterintenzionale, oltre che di tentata rapina aggravata e sequestro di persona.
Risale invece all'estate del 2015 l'efferato duplice omicidio dei coniugi Solano, uccisi senza pietà nella casa dei loro sogni a Palagonia. Lui sgozzato barbaramente, lei prima violentata, poi picchiata e scaraventata giù dal balcone. Per la morte di Vincenzo Solano e “Marcella” Mercedes Ibanez, 68 anni palagonese lui, 70 anni catalana lei. Per quell'omicidio è sotto processo il 19enne Mamadou Kamara, giovane ivoriano che era ospite del Cara di Mineo, dove fu arrestato qualche giorno dopo il delitto e dove furono trovati anche indumenti macchiati di sangue e oggetti personali delle vittime.