E' Saverio Romano, l'uomo politico siciliano che detterà la linea regionale per le politiche del 4 marzo.
I voti di Romano sono consensi espressi da soggetti che conosce personalmente, da elettori che cura e che non dimentica ad elezione avvenuta. Un radicamento sul territorio che ha portato alle ultime elezioni regionali oltre 130 mila voti, è riuscito a piazzare i suoi fedelissimi dentro l'area di governo del presidente Nello Musumeci, a strappare la vice presidenza dell'ARS.
E Romano radicato lo è, non solo nel palermitano, anche nella provincia di Trapani, dove non fatica a ricevere consensi.
Le sue ultime dichiarazioni sull'era di Rosario Crocetta non lasciano dubbi: azzerare le poltrone pesanti espressione di quella Giunta targata PD che ha portato la Sicilia nella condizione in cui è.
Per il leader di Cantiere Popolare, ora vice presidente nazionale di Noi con l'Italia, il quarto polo del centro destra, chi ha contribuito allo sfacelo non può continuare a restare dove è. Gli ambiti indicati sono soprattutto quelli della burocrazia e della sanità. A finire fuori potrebbe essere proprio Rino Giglione, dirigente dell'assessorato alla Salute. Non ne ha fatto mistero nemmeno il neo assessore Ruggero Razza che ha pensato di mettere mani alla Rete ospedaliera e per questo al momento di stoppare i concorsi.
Razza, peraltro, aveva già anticipato che nessuno dei dirigenti continueranno a restare dove sono e per gli stessi manager delle ASP, o commissari, si procederà seguendo criteri diversi rispetto a quelli dell'indicazione politica, prassi finora adottata.
Tutto da rifare anche per altri assessorati, l'operazione è quella di cancellare l'era Crocetta. Un colpo di spugna.
Rinnovo ai vertici di Palazzo d'Orleans quello che si chiede a Musumeci. Una discontinuità, chiara.
E domenica sera lo spettacolo andato in onda su La7, la trasmissione di Massimo Giletti, non è stato edificante per i siciliani, per l'immagine di una terra che si affaccia al panorama nazionale, beffeggiata e oltraggiata.
Presenti in studio l'ex governatore, Rosario Crocetta, l'assessore regionale ai Beni Culturali, Vittorio Sgarbi, il dimissionario Vincenzo Figuccia.
Il tema è lo stesso che tiene banco da settimane: gli stipendi d'oro. O meglio il tetto che è venuto meno il 31 dicembre del 2017.
Un botta e risposta che ha lasciato spazio a tanta improvvisazione, lo stesso Giletti non è stato capace a farsi dare delle risposte chiare, precise.
Il suggerimento arriva da casa, un messaggio whatsapp al cellulare di Sgarbi: “Dicono tutte minchiate”.
A scriverlo i dirigenti dell'assessorato che fa capo al Vittorio nazionale, Gelardi e Volpes.
Si, perchè in quel momento in tv si stava dando uno spettacolo di improvvisazione che si faceva fatica a contenere, allo stesso tempo una grande confusione senza mettere a fuoco la centralità del problema.
Ci scusi Giletti, ma onestamente gli italiani non vogliono sapere perchè in Sicilia le mensilità sono sedici, non vogliono sapere se lo stipendio di uno stenografo dell'ARS è più lauto di quello della Lombardia. Gli italiani, in primis i siciliani, vogliono sapere: perchè?
Perchè la classe politica tutta non si è affacciata dalla finestra per comprendere che l'Isola è sotto gli occhi dell'intero Paese? Perchè da quella finestra non si sono affacciati per comprendere il periodo socio economico, la triste realtà siciliana fatta di ragazzi sottopagati, di giovani lavoratori in nero, dei tanti precari, delle imprese che chiudono, delle attività commerciali strozzate, dai disoccupati? Perchè?
Un numero enorme di giovani che non studiano e che non lavorano, rappresentano una sacca di società pure difficile da quantificare. Perchè?
Non hanno le finestre? Non hanno gli occhi? O li tengono chiusi, salvo poi aprirli indignati, come fossero marziani, a ridosso delle elezioni?
E allora, se la politica non si fa queste domande e peggio ancora non è in grado di darsi le risposte, con fattività concreta sui territori, quella politica ha fallito.
Ci saranno altre trasmissioni, ancora, in cui la Sicilia verrà ridicolizzata e sarà espressione di esempio da non emulare.
E poi Figuccia, il paladino dei deboli, dei senzatetto, dei pip e di tutti i lavoratori precari. Lancia anatemi, gioca sui contenuti della politica con un linguaggio da spot popolare. Ha mica spiegato le vere ragioni delle sue dimissioni? No.
Bene ha fatto Crocetta a ricordare, all'ex assessore all'Energia, che una cosa è il parlamento siciliano, un'altra il governo.
Ecco, allora? Le ragioni delle dimissioni? Niente, non risponde alla domanda. E Giletti lascia correre.
Eh no, i siciliani lo vogliono sapere. Poi viene fuori la frase che avrebbe portato alle dimissioni, pronunciata dal presidente della Regione Nello Musumeci: “lavorare e tacere”.
E cosa c'è di strano? La politica, chi ha responsabilità di governo ha un obbligo istituzionale e morale: assurgere al ruolo per il quale si è stati chiamati, senza scivolare nella melma della polemica sterile.
Ventitre giorni di assessorato, il più breve della storia politica siciliana. Poi Figuccia continua: “Mi vergogno di Miccichè, sta riportando un passato dimenticato come Patrizia Monterosso”.
Figuccia dove è stato finora? Insieme a tutti quei deputati che, oggi, si straniscono e storcono il naso innanzi alla Monterosso.
La super dirigente, c'era e c'è. Dalla notte dei tempi, con la compiacenza di tutti i governi e di tutti gli ex assessori del PD del governo Crocetta.
La smettano di smarcarsi da quelle responsabilità che sono note al Palazzo, anche ai siciliani.
E allora, fino a quando la politica tutta non deciderà, con coraggio, di guardare la Sicilia per quello che è: terra dalle mille contraddizioni, ponendovi rimedio, sarà solo una rappresentanza fine a se stessa. Uno stipendificio per galoppini e porta agenda di ogni specie, consulenti da favorire. Un tempo anacronistico, una forzatura che i siciliani hanno già iniziato a punire con il disertare le urne.