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27/01/2018 07:50:00

Marsala, condannato poliziotto accusato di aver sequestrato moglie in casa

 MIl giudice monocratico Matteo Giacalone ha inflitto 10 mesi di reclusione (pena sospesa) al 43enne assistente di polizia Luigi Nesta, originario di Corato, da anni in servizio a Commissariato marsalese, processato con l’accusa di aver sequestrato in casa la moglie, Tiziana Ingianni, per paura che questa fuggisse con l’amante Ignazio Vitaggio.

Con Nesta, accusato anche di violenza privata, sono stati condannati, a un anno di carcere, anche i suoi suoceri, Giovan Battista Ingianni, di 72 anni, e Anna Renda, di 67, schieratisi dunque con il genero e contro la figlia e anche loro accusati, in concorso con Nesta, di sequestro di persona e violenza privata. Ma anche di lesioni in danno del Vitaggio.

Come pure Giuseppe Di Girolamo, 57 anni, cugino della moglie del poliziotto, condannato a 5 mesi. Di Girolamo, infatti, insieme agli zii Ingianni e Renda avrebbe picchiato l’amante della donna in una via del centro di Marsala. Vitaggio riportò lesioni al volto e alla cervicale che i medici del Pronto soccorso giudicarono guaribili in 30 giorni. Tutte le pene inflitte dal giudice Giacalone sono state dichiarate sospese. Per il poliziotto, il pm Niccolò Volpe aveva chiesto due anni di carcere, mentre per i coniugi Ingianni-Renda un anno e 10 mesi di reclusione ciascuno e un anno per Di Girolamo. La violenza privata è stata contestata perché la moglie “fedigrafa”, costituitasi parte civile con l’assistenza dell’avvocato Fabio Spanò, dopo la scoperta da parte del marito della tresca amorosa (a distanza di 13 anni dal matrimonio), sarebbe stata costretta ad andare da un notaio per cedere al marito (tramite procura speciale al Di Girolamo) la sua quota di proprietà dell’appartamento in cui vivevano in città, mentre il sequestro di persona dal fatto che la donna, il 26 settembre 2014, fu chiusa a chiave in casa, per circa 24 ore, dal marito e dai suoi genitori per il timore che fuggisse con l’amante. Alla donna fu sottratto anche il telefono cellulare. Ma lei ne aveva un altro con il quale, con sms, chiese aiuto a due amiche, che avvertirono la sezione di pg della Guardia di finanza della Procura, all’epoca diretta dal luogotenente Antonio Lubrano, che liberò la moglie del poliziotto. Svolgendo, poi, anche l’indagine, che fu coordinata direttamente dal procuratore Alberto Di Pisa. A difendere gli imputati sono stati gli avvocati Edoardo Alagna e Salvatore Baldanza. “Attendiamo le motivazioni – ha dichiarato Edoardo Alagna subito dopo la lettura della sentenza – per poi proporre, quasi sicuramente, appello”. Nel corso del processo, sono state ascoltate anche le due amiche a cui Tiziana Ingianni chiese aiuto per essere liberata. E cioè Sabrina Casano e Rosalinda Mannone. La Casano, in particolare, aveva riferito agli inquirenti che il 27 settembre 2014, alle 17.30, ricevette un sms con cui la moglie del poliziotto le chiedeva aiuto: “Sabri, chiama avv. e digli che da lunedì non mi fanno uscire di casa, aspettano atto, aiutami”.