Arresti tra Milano, Monza e Trapani per la banda dei tir .I carabinieri l’hanno chiamata operazione “Diamante” prendendo spunto da una delle più belle canzoni di Zucchero Fornaciari. Uno dei carichi rubati da una banda composta da sette italiani erano infatti gli strumenti delle band del celebre cantante, poi recuperati. Un’ordinanza di custodia cautelare è stata eseguita nelle province di Monza e Brianza, Bergamo, Brescia, Pavia e Trapani.
Le indagini sono partite dal furto, avvenuto nel novembre 2016, degli strumenti della band di Zucchero Fornaciari, poi recuperati e restituiti al cantante. E ora i carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano, coordinati dalla Procura di Monza, hanno sgominato l’intera «banda dei tir», dedita a truffe ad aziende di trasporti operanti in Italia e all’estero. All’epoca i sette componenti della gang - arrestati per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, furto e sostituzione di persona - non si erano neanche accorti di aver sottratto una commessa «d’autore» ed avrebbero avuto addirittura difficoltà a vendere gli strumenti perché «di seconda mano».
In due depositi, a Orzivecchi e Travagliato (Brescia) i carabinieri nel febbraio 2017 hanno trovato 5 carichi rubati, tra cui gli strumenti di Zucchero. «Che Dio li benedica», è stato il commento su Twitter di Zucchero Fornaciari, che aggiunge: «Stewart Young, Laura Vergani, tutta la band, Zucchero e l’avv. Vittorio Costa ringraziano i carabinieri per la professionalità e la cortesia dimostrata».
Stando a quanto ha dichiarato il procuratore della Repubblica di Monza Luisa Zanetti «ognuno aveva un ruolo nell’organizzazione, su sette persone arrestate, sei hanno una recidiva specifica. Questo dà la misura della preparazione della banda» e, ancora, «il gruppo si premurava di reperire i camion, di cambiare le targhe e rivendere la merce rubata ad un prezzo non eccessivamente inferiore per non dare troppo nell’occhio». A dirigere il gruppo criminale erano due persone, Pasquale Sanapo, all’epoca dei fatti rifugiatosi a Palma di Majorca (Spagna), che proprio dalla Spagna si occupava di agganciare le società attraverso cui riusciva a entrare nel sistema delle consegne, un complice si occupava della logistica, altri dello stoccaggio e del trasporto materiale delle merci. Il secondo «capo» era invece Antonino Saffioti, base nel bresciano, medesime modalità di azione.
Per sostituirsi alle ditte di trasporto e riuscire ad appropriarsi delle 16 commesse conteggiate dai carabinieri per 600mila euro di valore, il gruppo utilizzava documenti falsi, sim card intestate a identità fittizie e cellulari che, una volta utilizzati, venivano gettati via. Per accreditarsi presso importanti vettori di trasporto e accaparrarsi le spedizioni in qualità di sub-appaltatori, i malviventi utilizzavano nomi di fittizie società simili, per assonanza, a quelli di aziende famose nel settore, indirizzi di posta elettronica creati ad hoc e utenze VoIP attivate online, non intercettabili. Dopo aver concordato il trasporto delle merci, i «corrieri» del gruppo, documenti falsi in tasca, le prelevano con mezzi dotati di targhe clonate o contraffatte, e le facevano sparire. Le merci venivano poi velocemente piazzate a ricettatori di varie zone. Arrestati, cinque sono stati accompagnati in carcere tra Monza, Bergamo e Brescia, e gli altri due ai domiciliari.