“Fornisca i documenti”. Quante volte un poliziotto, un carabiniere, o un vigile urbano ci ha chiesto di fornire le nostre generalità.
Durante un controllo, quando veniamo beccati a commettere qualche piccolo illecito. Capita però che i pubblici ufficiali possano essere distratti. Che possano dimenticare qualche passaggio delle leggi che sono tenuti ad applicare. Qualche piccola incertezza che poi può portare a conseguenze non proprio convenienti per i cittadini.
E’ un po’ quello che è successo a Favignana, con protagonisti due diportisti e due vigili urbani. Una storia fatta di pasticci, di informazioni imprecise, che è finita in tribunale e che ha visto i due cittadini prima condannati e poi assolti.
Nell'ottobre 2016 Stefano Sugameli e Francesco Cicala si trovavano in barca, in località Cala Tramontana dell'Isola di Levanzo. A loro si avvicinano in mare due agenti di Polizia Municipale, Mandracchia e Patti. Lì parte la contestazione di praticare pesca sportiva nella zone dall'Area Marina Protetta. Il processo non nasce da questo, ma da quella richiesta: “fornisca i documenti”. Perchè i due diportisti - difesi dall’avvocato Fabio Sammartano - vengono prima condannati dal Gip ad una multa di 100 euro, poi chiedono il rito ordinario e vengono assolti dall'accusa di non aver voluto fornire le proprie generalità.
Un processo che ha anche aspetti bizzarri. Come i due vigili urbani che prima dichiarano in udienza che all'atto del fermo, e della richiesta di documenti, i due imputati non solo si sono rifiutati di fornire i documenti ma anche le generalità. Poi hanno ricordato che i due imputati gli avevano dichiarato di non avere i documenti perchè dimenticati in auto, ma hanno comunque comunicato i rispettivi nominativi. In più, i due diportisti, avevano chiamato quel giorno un collega per supportare la loro identificazione. Il pasticcio era risolvibile alla base, perchè i due diportisti erano stati multati per pesca sportiva non autorizzata, e in questo caso è scontato che abbiano fornito le proprie generalità.
Ora, secondo la legge, chiunque è tenuto a fornire le proprie generalità su richiesta di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni. Se non lo si fa si rischia l'arresto fino ad un mese e una ammenda fino a 206 euro. In questo caso però le generalità sono state fornite. E c'è voluto un processo, seppur breve, ma comunque con rito ordinario, per chiarire l'accaduto. Un processo in cui i due vigili urbani hanno prima detto che non sono state fornite le generalità e poi hanno ricordato che ci fu quella chiamata ad una quinta persona a loro conosciuta per confermare l'identità. Il giudice infatti scrive nella sentenza che assolve i due diportisti che le dichiarazioni rese dai due vigili urbani sono state “poco attendibili e contraddittorie, evidentemente poco chiare e che sicuramente non hanno fornito certezze sulla verità dei fatti”. Una “distrazione”, se così la si può chiamare.