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31/07/2018 06:00:00

Il decreto "dignità". Coro di voci critiche anche dalla Sicilia

E' scontro anche in Sicilia sul Decreto "dignità", del movimento Cinque Stelle, su cui si è poggiata la quasi totalità della campagna elettorale per le elezioni politiche del 4 marzo. Cosa prevede il decreto? Si parte dalle aziende che hanno un debito con il fisco ma che vantano un credito dalla Pubblica Amministrazione, andranno in compensazione.

Chi vorrà giocare alle slot machine potrà farlo solo inserendo la propria tessera sanitaria, le aziende turistiche e quelle agricole che hanno fino ad un massimo di otto dipendenti potranno continuare ad utilizzare i voucher; nelle scuole per i contratti a tempo determinato non ci sarà più il tetto dei 36 mesi inserito nel 2015.

Sono previsti degli sgravi contributivi per le aziende che assumono under 35, nuove regole nel rapporto tra quota degli assunti con contratti a termine e quelli a tempo indeterminato: ''non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al primo gennaio dell'anno di stipula del predetto contratto, con un arrotondamento del decimale all'unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5''.

Il decreto non piace agli imprenditori, a far quadrato attorno a loro le Regioni e i rispettivi assessori alle Attività produttive.
Schierato in prima linea c'è Mimmo Turano, che il primo di agosto intende discutere la questione direttamente in Conferenza Stato-Regioni.
La norma non va bene, blocca gli imprenditori, le nuove regole che riguardano la delocalizzazione e i contratti a tempo determinato sono da bocciare.

Si prevede un muro contro muro non solo tra Regioni e Palazzo Chigi ma anche con Confindustria che non digerisce il venir meno degli aiuti di Stato.

Il Decreto prevede, infatti, la riduzione degli aiuti di Stato per chi trasloca la propria azienda fuori dall'Italia, e addirittura il rientro nelle casse dello Stato stesso se la delocalizzazione avviene nei successivi cinque anni all'ottenimento del contributo.

Il rischio è quello di un blocco per gli imprenditori del Paese che potrebbero anche vedersi ridurre l'aiuto nel caso in cui delocalizzerebbero un loro macchinario in altra azienda fuori l'Italia ma sempre intestata all'imprenditore, in soldoni: niente iper ammortamento.
Diminuzione degli aiuti anche per tutte quelle aziende che nei cinque anni dal contributo ridurrebbero i livelli occupazionali del 10%, se la riduzione del corpo lavorativo è pari o superiore al 50% l'aiuto svanisce del tutto.

Con lo stesso metodo si procede per il credito di imposta, da qui la grande confusione visto che gli organi preposti al controllo sarebbero gli assessorati regionali, il ministero o l'ente che ha concesso il beneficio.

Per Mimmo Turano se da una parte il Decreto cerca di dare risposte al mondo del precariato dall'altra parte si danneggiano le imprese, troppe le contraddizioni che certamente potrebbero portare a un numero incontrollato di contenziosi.
Per Luigi Di Maio non ci sono dubbi il Decreto 2.0 è migliore di quello che è stato pensato, restituisce dignità ai cittadini, stessa opinione per Matteo Salvini.

Contraria è Forza Italia, a rischio ci sono oltre 80 mila posti di lavoro che andranno perduti.
Confindustria e Federmeccanica lanciano l'allarme, a loro volta indicano la strada per la crescita occupazionale fatta di sgravi e di incentivi affinchè le aziende tornino ad assumere: “Taglio totale dei carichi fiscali per i primi tre anni di contratto a tempo indeterminato”.

Quello che si teme e che fa discutere maggiormente è la delocalizzazione delle aziende, quelle posizionate fuori dall'Unione Europea, entro i cinque anni dall'ottenimento dell'aiuto, avranno applicata una sanzione amministrativa pecuniaria da due a quattro volte il beneficio ottenuto.
Per le aziende che usufruiranno del credito di imposta al Sud è prevista la revoca della misura nel caso in cui l'azienda traslochi in un ambito territoriale non previsto.

Molto critica Susanna Camusso:La mia sensazione è che il decreto non sia all'altezza di usare il nome dignità. Quindi chiamatelo decreto Di Maio che forse permette di ricondurlo alla sua immediata natura". E questa mattina il Decreto arriva in Aula per la sua discussione.