di Katia Regina. Beddrisignure, trizzironne, cosifatte… da buona siciliana dovrei cominciare col dire Oggèsabbatu, questo mi ha insegnato mia nonna, la parola magica che bisogna pronunciare per evitare ritorsioni da parte degli spiriti che abitano i luoghi. Le ho sentite queste storie da bambina, e ancora ricordo i brividi che percorrevano la mia schiena. Con occhi sbarrati a sentire di bambini con le facce da vecchi e pianti notturni provenire da stanze vuote.
La Sicilia esoterica, affascinante come solo i misteri sanno essere. Di questo parla “La favola del figlio cambiato" di Luigi Pirandello.
Questo è stato lo spettacolo andato in scena ieri sera a Marsala, adattamento e regia di Matteo Tarasco, apprezzato regista veneto, che ha lavorato a New York e Londra e porta con sé la visione della regia incentrata sull’attore senza trascurare il pubblico. Tarasco ama i classici e dice:
Immaginiamo un albero. Per far crescere rami rigogliosi e di conseguenza far sbocciare fiori e raccogliere frutti, bisogno coltivare la radici. Altrimenti i rami rimangono sterili. Sono le radici il fulcro. Non nego il valore della ricerca ma sono più per un teatro di ritrovamento. Il teatro deve poter far questo, altrimenti si rischia di seguire il nuovo senza le basi necessarie e la conseguenza potrebbe essere l’ignoranza della società. Il teatro non deve dare soluzioni ma esporre i problemi da diversi punti di vista. Inoltre non si focalizza unicamente nella visione dello spettacolo ma inizia prima. Inizia dal momento in cui si decide di uscire di casa, prendere la macchina, cercare parcheggio, decidere di condividere lo stesso ambiente di tante persone, gomito a gomito. E’ una scelta che va oltre il banale ‘mi piace’ dato dai social ad esempio, è la volontà di comprendere, una volontà che non si limita a una volta sola ma è per sempre.
Per questo spettacolo Tarasco ha selezionato alcune giovani attrici anche di Marsala: Alessia Angileri e Noemi Ralloche che, in scena, hanno saputo dimostrare la loro bravura. Il tema tanto caro a Pirandello, quello della maternità, è stato ben rappresentato attraverso il dolore di una madre per la perdita di un figlio, sostituito nottetempo dalle Donne, perché bello e pasciuto, per averne in cambio uno smunto e malaticcio. E di queste sostituzioni mia nonna diceva: quando i bambini piangono di notte, non si devono abbracciare, prima bisogna controllare se nel frattempo non è stato cambiato, perché con il tuo abbraccio lo accetti… per sempre.
La sintesi di Tarasco, meno di un’ora di spettacolo, ha restituito un po’ di quella malìa, ha condotto il numeroso pubblico, molti turisti, in una dimensione surreale e allo stesso tempo comprensibile, perché il dolore di una madre è straziante sempre, ad ogni latitudine.
In scena Alessia Angileri, Alice Canzonieri, Martina Cassenti, Debora Iannotta, Clara Ingargiola, Noemi Rallo, Maddalena Serratore