“Criticità processuali e nelle indagini”. E’ su queste che ha puntato l’avvocato Genny Pisciotta nella sua arringa a difesa di Nicolò Girgenti, 47 anni, bracciante agricolo e vivaista marsalese, processato davanti alla Corte d’assise di Trapani per l’omicidio del maresciallo dei carabinieri Silvio Mirarchi.
“Tutti gli indizi a carico del Girgenti – ha affermato l’avvocato Pisciotta - non sono poi sfociate in prove certe, prima fra tutta la definizione di socio infedele abbiamo smontato questa qualifica data dal pm in quanto non c'è stato un riscontro biologico o di altra natura che possa definire Girgenti socio infedele, poiché non sono stati eseguiti accertamenti tecnici sull'auto sul luogo in cui questa doveva essere posizionata all'interno delle serre. Non vi è traccia biologica. Solo una sigaretta che possiamo ben contestualizzare nel momento in cui il Girgenti ha ceduto le serre al D'Arrigo. E comunque non possiamo datare con certezza quel mozzicone. Pertanto, si esclude la sua presenza all'interno delle serre il 31 maggio 2016”. Quindi, Genny Pisciotta ha analizzato tutte le testimonianze. Chiedendo di non considerare quelle “reticenti e contraddittorie”. Infine, ha esaminato la prova scientifica quale la “scatola nera” dell’auto del presunto omicida. Affermando che da questa “non possono essere tratti elementi certi, né sul posizionamento, né sul tragitto”. Anzi, ci sarebbero delle “incongruenze tra la stessa e la geolocalizzazione del tablet che posiziona il Girgenti alle 19:26 presso la via Salemi, a Trapani”. Sull’esame stub, poi, ha parlato di “criticità” del “modus operandi”, ribadendo la tesi di una “possibile contaminazione da transfer”, aggiungendo che “le particelle contenute nei Gsr, avendo una composizione nichelata, sicuramente sono incompatibili con il proiettile che ha colpito Mirarchi”.
Per Girgenti, il pm Anna Sessa ha chiesto l’ergastolo. La sentenza potrebbe essere emessa la settimana prossima.