Dall’operazione antimafia Eris di martedì scorso, eseguita dai carabinieri del Ros e dal Comando provinciale di Trapani e guidata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, che ha assestato un ennesimo duro colpo alla rete di fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, con tre arresti e venticinque perquisizioni tra Castelvetrano, Campobello di Mazara, Salemi, Santa Ninfa, Mazara, Marsala e Palermo, emerge, come abbiamo raccontato, la figura di Matteo Tamburello, figlio di Salvatore, boss che a lungo ha retto il mandamento di Mazara del Vallo e scomparso lo scorso anno, e come lo stesso Tamburello ha riorganizzato il mandamento di Mazara.
Riorganizzazione del mandamento di Mazara - «Le indagini sul mandamento mafioso di Mazara – scrivono gli investigatori del Ros - hanno permesso di individuare la fase riorganizzativa degli assetti di vertice, fornendo importanti elementi sulla sua collocazione baricentrica nelle relazioni criminali nella Sicilia occidentale». A ricoprire un ruolo di vertice dell’organizzazione c’era proprio Matteo Tamburello che, dopo la scarcerazione avvenuta nel 2015, anche se la guida della consorteria era stata affidata a Dario Messina, ha mantenuto, forte della storica affiliazione a Cosa Nostra, un ruolo di rilievo che lo portava ad intrattenere incontri riservati con esponenti di primo livello della stessa organizzazione. Tra le sue attività economiche, tra le quali la gestione di una cava di calcarenite, dove figurava come un semplice operaio, Tamburello voleva investire nel business delle energie alternative e in particolare nell’Eolico.
Business dell'eolico - Ulteriori accertamenti svolti su Tamburello hanno accertato che programmava di gestire, direttamente e grazie alla collaborazione di un imprenditore mazarese (anch’egli sottoposto a perquisizione dai militari del R.O.S. nell’ambito dell’operazione), cospicui lavori nell’ambito dell’eolico per l’ampliamento di un impianto sito in territorio di Mazara del Vallo, attraverso la palificazione di nuovi aereo generatori. Tale attività rappresentava per Tamburello l’occasione per poter ripartire e costituiva un vero e proprio programma di infiltrazione mafiosa in uno degli affari più importanti degli ultimi anni sul territorio siciliano ed in particolare trapanese.
Sostegno per le famiglie dei detenuti - Gli inquirenti hanno riscontrato ulteriori elementi a carico di Matteo Tumbarello nel corso delle precedente indagini svolte sull’imprenditore Fabrizio Vinci, ritenuto affiliato alla famiglia di cosa nostra di Mazara del Vallo, e arrestato per mafia a maggio del 2017 dal R.O.S. nell’ambito della indagine “Visir”. Vinci, secondo quanto emerso aveva sostenuto economicamente Matteo Tamburello quando era detenuto, acquistando da questi un bene strumentale a prezzo fortemente maggiorato.
Il legame tra i due, Vinci e Tamburello, non si è mai interrotto e sono stati documentati diversi incontri avvenuti all’interno della cava di calcarenite di fatto di proprietà dello stesso Tamburello. Quando accadde il contrario, e il 10 maggio 2017 Vinci venne arrestato, nel pieno rispetto delle regole mafiose sulla assistenza ai detenuti, Tamburello si interessò immediatamente affinché venisse fornito adeguato sostentamento alla famiglia dell’affiliato.
Gli incontri alla cava, la telecamera e le preoccupazioni di Tamburello - Tamburello incontrava diversi esponenti mafiosi tra i quali Fabrizio Vinci, Antonino Cuttone e Raffaele Urso e lo faceva proprio nella cava che aveva acquisito tramite la sua autorevolezza mafiosa. In quella cava gli inquirenti piazzano cimici e telecamere e durante le indagini, scoprono che una telecamera che hanno piazzato nel terreno in contrada San Nicola Soprano, è stata scoperta e distrutta. Tamburello venne avvisato da Agostino Evola che, a sua volta, lo aveva appreso dal figlio Roberto che l’aveva trovata e poi rotta. Una volta appresa la notizia, Tamburello cerca di risalire al periodo in cui poteva essere sta-ta piazzata e se era lì per lui o per chi altro. Dopo queste domande, si fece accompagnare nella località dove venne ritrovata la telecamera. Tamburello, sempre dalle intercettazioni si capisce che è nervoso e preoccupato del fatto che qualcuno degli operai della cava, se ascoltati dalla polizia sulla telecamera avrebbe potuto dire qualcosa di compromettete. «Mi spavento ancora succede qualche tragedia…); ma Agostino Evola lo rassicura così: «Qua non ce ne sono cose di tragedie... qui ognuno si fa il suo lavoro e basta….».